Parole, parole, parole

litta-teatro-milano-80x80Fino al 7 dicembre va in scena al Teatro Litta. Amleto per la regia di Corrado d’Elia: una lettura psicanalitica e postmoderna non tanto del testo shakespeariano in sé, quanto della sua eredità.

Dopo Otello, Romeo e Giulietta e Macbeth, la compagnia del Teatro Libero affronta nuovamente le parole del Bardo con una messa in scena di taglio quasi cinematografico. Almeno a una prima impressione. Poi lo spettacolo entra nel vivo, scorrono i minuti, si riflette meglio e si capisce che sul grande schermo non funzionerebbe.

Perché la scenografia claustrofobica e minimalista ha una sola reale funzione, cioè quella di focalizzare l’attenzione sui tableau vivant all’interno, i quali si susseguono con ritmo e coerenza, restando comunque legati al rapporto immediato con il pubblico in sala. Come il ghigno ammiccante, ripetutamente sfoderato, di Amleto/d’Elia, che in altro luogo non avrebbero ragione d’essere. Tutto in Shakespeare vuole il suo pubblico, come nell’epoca d’oro del Globe Theatre.
«Orazio! Racconta di me e della mia causa, non dimenticare». Dall’ultima battuta del principe di Danimarca prima di spirare, dal concetto stesso di memoria, è partito il progetto scenico di Corrado d’Elia, mirato a scomporre l’intera vicenda in frammenti abbandonati nello spazio della mente. Ma chi è Orazio? Evidentemente è ciascuno di noi. Ma bisogna pure che sia una figura shakespeariana, che non perda la sua complessità, che abbia respirato (e che continui a respirare) «nel dolore di questo mondo acre». E che, infine, si emozioni e si indigni di fronte alla tragedia. Se tali condizioni sussistono, allora possiamo accettare che il celebre testo pubblicato nel 1603 venga ancora oggi studiato e reinterpretato, limitando il nostro giudizio alle modalità piuttosto che all’intenzione. Ma sulla modernità dell’autore inglese si è già speculato molto e meglio altrove.
«Cosa mai avete fatto alla fortuna perché vi mandasse in questa prigione?», domanda il protagonista al caro Rosencrantz e al gentile Guildenstern (ma forse era il contrario), restituiti dai loro interpreti con piglio da clownerie un tantino facile. La prigione in questione sarebbe il castello, la corte, il Paese stesso. È il teatro, il palcoscenico, la mente di Orazio. Il ripetersi del passato all’infinito, senza ordine, senza controllo. Avere memoria senza spirito critico è come non averla affatto, sembra volerci suggerire il regista. È soltanto un accatastarsi di immagini rumorose. Di affascinanti luci stroboscopiche. Di volti e voci. Di dialoghi isterici e scomposti, resi ancora più ridicoli dall’incapacità comunicativa degli altri personaggi, così proposti: lo Spettro del padre il cui monito riecheggia in apertura, Claudio e Gertrude in costanti atti satireschi, Polonio balbettante burocrate, Laerte un po’ checca, Ofelia androgina e isterica.
«Come può un uomo ottenere il perdono e poi non essere in grado di pentirsi?», si domanda infine Claudio. Ecco un passo del testo originale che normalmente i registi sottovalutano, ovvero la disperazione di colui che tutti considerano il cattivo. Un esempio chiaro della capacità di Shakespeare di creare drammi minori all’interno dell’intreccio principiale. Se non persino piccole tragicommedie.

La tesi da lettino di Corrado d’Elia non risparmia, perciò, nemmeno quello zio fratricida e incestuoso e la sua indiscutibile umanità di fondo. Quasi si volesse sottolineare che il male non è assoluto e ha una sola grande caratteristica: è banale. Esattamente come il ricordo.
Imperfetto ma interessante.

Lo spettacolo continua:
Teatro Litta

corso Magenta 24 – Milano
dal 25 novembre al 7 dicembre 2014
da martedì a sabato ore 20.30 – domenica ore 16.30 – lunedì riposo

Compagnia Teatro Libero
Amleto
di William Shakespeare
progetto e regia Corrado d’Elia
con Corrado d’Elia, Giulia Bacchetta, Alessandro Castellucci, Gianni Quillico, Marco Brambilla, Giovanni Carretti, Andrea Tibaldi, Marco Biraghi, Gaia Insenga < scene Fabrizio Palla disegno luci Alessandro Tinelli fonico Giulio Fassina foto di scena Angelo Redaelli assistente alla regia Andrea Lisco