Visto dagli Altri, con allegria

india-argentina-roma-80x80RomaEuropa e France Danse – Festival di danza contemporanea presentano Dada Masilo’s Swan Lake, il più classico dei balletti sull’amore impossibile nella rivisitazione della performer e coreografa sudafricana.

Potremmo usare un semplice riferimento, la palla a specchi da discoteca posta sopra il palcoscenico, per raccontare e descrivere le rinnovate intenzioni di questo Lago dei Cigni.
Questo oggetto del nostro immaginario concreto occidente, infatti, mostra in maniera emblematica il ribaltamento di quello sguardo etnocentrico che da sempre domina tanto la scienza quanto l’arte e che, mostrandosi con particolare evidenza nella scelta di proporre un principe gay, costituisce la principale sfida concettuale per l’arte di Dada Masilio.

Visto dagli altri potrebbe essere il sottotitolo di questa produzione, perché quella palla, con il proprio luccicante sfarfallio sulla tragedia che si compie sul palco, ben rappresenta il simbolo del contrasto che alla stessa coreografia è co-essenziale, ossia la messa in scena di una danza sfrenata e frenetica, animata da canti e balli di personaggi estranei – tanto al pubblico quanto al contesto artistico originario di riferimento – ed espressione, attraverso se stessa, della contrapposizione culturale, sociale e storica che segna la differenza tra noi e l’altro,

Andando oltre la distinzione in atti, la prima parte è a pieno titolo una parodia ironica e con tinte comiche della tradizione; termine, quest’ultimo, che nel caso de Il lago dei cigni sta ad indicare una casistica in realtà eterogenea, una varietà riscontrabile – in particolar modo – nella diversità dei finali rispetto a quella che è considerata la versione normativa di Marius Petipa e Lev Ivanov del 1895. Finale, che, per il balletto musicato da Pëtr Il’ic Cajkovskij, rappresenta, tra l’altro, il momento determinante per una lettura/valutazione complessiva sulla annosa questione: il lieto fine esiste?

Una coreografia, che, dunque, Dada mette al servizio di una posizione di – non sempre coerente – relativismo culturale, e che poggia, sia su riferimenti scontati (come quello della palla sopra citato), sia su una molteplicità di espedienti più strutturali: le volontarie sbavature nella danza al sostegno di una gioa inedita rispetto alla solenne classicità; una musica registrata non sempre canonica, cui fa da contrappunto l’allegro ed estremo senso del ritmo con cui i ballerini la accompagnano; la presenza in tutù di donne e uomini tesa a confondere l’elemento femmino fino alla crisi rappresentata dalla scoperta che il principe è omosessuale.

Altre volte, a sancire idealmente l’assenza di quel rigore logico/stilistico di cui tanto l’occidente si vanta di essere stato lo scopritore e con il quale spesso pretende di essere identificato, la tecnica sale di livello e la compagnia Dance Factory di Johannesburg mostra di potere, ma non volere, eseguire perfetti attitude ed eleganti plié, mentre la musica sembra incedere in concordia emotiva con quanto accade sulla scena e la comparsa di una volta stellata sullo sfondo segna il momento della trasformazione in esseri umani.

Più didascalici, ma altrettanto efficaci, soprattutto per la capacità di non scadere mai nello stucchevole e di mantenere sempre una intima coerenza rispetto alla coesistenza tra classico, contemporaneo e popolare, sono i passi a due che coinvolgono Siegfried, rispettivamente, con la promessa sposa imposta dai genitori e con l’uomo che segretamente, ma orgogliosamente, ama.

È questa la diversità che Masilio restituisce con, da una parte, la consonanza abbozzata e precaria (da cui il principe tenta continuamente di fuggire) della danza riservata alla prima coppia, che potremmo definire ufficiale, e con, dall’altra, la massima intesa, metafora dell’amore reale, della seconda, fino a sfociare alla marginalizzazione di lei e alla sfida tra gli amanti rivali.
La vittoria dell’amante maschio, che si trova a consolare un’avversaria ormai sconfitta e costretta a lasciare la scena, permette allo stesso ballerino di dare sfoggio della propria eleganza con movimenti ad alto tasso di drammaticità. D’altro canto, l’happy ending rimane lontano, come da tradizione del balletto, con il principe costretto a sottoporsi alla messa alla berlina (l’indice accusatore rivoltogli dalla propria stessa comunità) e a sentire sulle proprie spalle tutto il fardello dell’essere escluso: amato con sentimento reale, ma anche accerchiato dalle responsabilità sociali, ipotetiche e coercitive in quanto culturali e non naturali.

La sensazione dell’essere fuori posto vissuta – progressivamente e per motivi opposti – sia da Siegfried che dall’ex futura moglie è netta e il dramma può ormai avviarsi a compimento con l’ingresso di cigni neri, che – avvicinandosi, allontanandosi e mimando il gesto dello spargere le ceneri – descrivono la shakespeariana tragedia dell’esclusione come prezzo da pagare per un amore sincero.
Il ballo diventa così anarchico, la dolcezza indistinguibile dalla tristezza e la separazione coreografica accentutata da silenzi e da gestualità ostentate. E quando la sincronia sembra finalmente recuperata, la morte fa il proprio ingresso in sala: i cigni via via cadono a terra e l’ultimo barlume di tenerezza viene riservato agli amanti rivali, al loro primo e ultimo abbraccio prima della fine.

Uno spettacolo, forse meno innovativo di come viene presentato, ma che, anche nel triste epilogo che si compie, restituito attraverso l’alternanza di elementi classici e tribali, palesa in maniera convincente l’ambizione dell’arte di Dada di essere universale ed essere capace di parlare a tutti e con estrema omogeneità attraverso diversi linguaggi e stili.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di RomaEuropa 2013
Teatro Argentina

Via Torre di Largo Argentina, Roma
dal 6 al 10 novembre,
alle 21:00, sabato alle 19:00, domenica alle 17:00

Dada Masilo’s Swan Lake
Coreografia Dada Masilo
Musica Pyotr Ilyich Tchaikovsky, Steve Reich, Rene Avenant, Camille Saint Saëns, Arvo Pärt
Interpreti Dada Masilo e The Dance Factory: Nicola Haskins, Carlynn Williams, Shereen Mathebula, Ipeleng Merafe, Khaya Ndlovu, Llewellyn Mnguni, Songezo Mcilizeli, Tshepo Zasekhaya, Nonofo Olekeng, Lesego Ngwato, Thami Tshabalala , Xola Willie, Thabani Ntuli, Kinsgley Beukes
Sound manager Moleele Lydia
Maître de ballet Hawkins Mark
Direttore di palco Lambert Philippe
Costumi concepiti da Dada Masilo & Suzette le Sueur
Costumi realizzati da Ann e Kirsten Bailes (costumi) e Karabo Legoabe (cappelli)
Direzione tecnica per Interarts Lausanne Emmanuel Journoud
Disegno e regia luci Suzette Le Sueur
Prima assoluta National Arts Festival, Grahamstown, South Africa, 2 luglio 2010
Produzione Dance Factory/Suzette Le Sueur e Interarts Lausanne/Chantal e Jean-luc Larguier
Diffusione Scènes de la Terre/Martine Dionisio e ATER-Associazione Teatrale Emilia Romagna-Modena