Una botta e via

trastevere-teatro-roma-80x80Al teatro Trastevere di Roma una sala gremita accoglie la nuova prova registica di Mario Schittzer, Room 23. Due donne, due uomini, e tutt’intorno una realtà vuota chiusa tra le pareti di una stanza d’albergo dove tutto può succedere.

Che Mario Schittzer ami i personaggi enigmatici, le percezioni psichedeliche che essi hanno della realtà, lo stravolgimento dei sensi e dei significati è cosa nota per chi ha assistito al suo allestimento di € 9.99, tratto dall’omonimo romanzo di Frédéric Beigbeder. Non si smentisce con la regia di questo nuovo spettacolo, scritto da Francesca Romana De Berardis (anche attrice), Room 23, un testo che inevitabilmente risente dell’influenza di certo cinema straniero, soprattutto americano, che tanto ha detto e fatto per il genere pulp. L’appropriazione di questi riferimenti e il loro riadattamento in chiave nostrana produce però un risultato ben diverso dagli originali, ed è questo il primo valore da riconoscere all’opera in sé, per com’è stata concepita nella sua struttura. La mise en scène è divertente e divertita, e il pubblico sorride o ride apertamente mentre sul palco si succedono situazioni surreali portate all’estremo.
Ci sono due donne senza nome (in verità dei quattro personaggi solo uno ha statuto anagrafico, Theodor detto Ted, il cameriere cui tocca l’infelice sorte di servire la stanza 23); in un luogo imprecisato, sono costrette a prendere alloggio in albergo dopo un incidente stradale che le ha portate dritte contro l’unico albero piantato nel mezzo del nulla. Basteranno pochi minuti per comprendere che le due non sono campionesse di lucidità, e che nel beauty case non portano trucchi e creme ma quantità inesauribili di stupefacenti. Ecco il perché dell’incidente e di tutto quanto accadrà dopo. Conversazioni serrate in cui ogni cosa e il suo contrario si fondono in una visione delirante della realtà; amore e dolore, speranza e cinismo, segreto e trasparenza, mendaci verità che si palesano a coppie nelle intuizioni visionarie delle due donne, per finire poi in un grande sonno, in un temporaneo svenimento, o in un’altra botta di coca. Gli uomini arrivano dopo: l’ospite bello e sensuale che la più eccentrica delle due si porta in camera sperando in un po’ d’amore travestito da sesso, e il suddetto cameriere Ted. Una spirale ascendente in cui follia chiama follia, e la furia con cui si dilata il testo è acuita dalla sua brevità, che contrae numerose azioni sceniche in poco meno di un’ora. E come una tromba d’aria passa e distrugge tutto, per poi placarsi allo svanire delle condizioni meteorologiche che l’hanno determinata, così di colpo il tornado degli eventi si dissolve in un soffio di vento, lasciando lo spettatore interdetto e improvvisamente calato dal piano narrativo a quello speculativo, senza soluzione di continuità. Sta qui il nodo critico più arduo da sciogliere: se l’espediente sia andato a buon fine o meno. Lo spettatore – si scopre solo allora – è stato indotto a seguire gli eventi con morbosa curiosità, tralasciandone l’aspetto etico per concentrarsi su quello estetico; ha accolto come accettabili delle trovate surreali, ritarando di volta in volta il proprio strumento di credulità fino a rendere ammissibili i gesti più inumani e incoscienti. Poi, di colpo, viene smascherato. Sul palco la realtà rappresentata fino a quel momento si capovolge e lacera l’aspettativa sadica di chi guarda riportandola sul piano della verità, quella più essenziale e pura, il valore della vita.
Un coup de théâtre fatto e finito, e ben riuscito. Ma il disallineamento con tutto quanto l’ha preceduto è talmente ampio da risultare incongruo, lascia interdetti e forse anche inappagati, quasi che il testo, omogeneo e significativo fin dal principio, non abbia trovato una via efficace per concludersi.
Si lascia al lettore, futuro spettatore, il compito di sciogliere il nodo. Ma va da sé che, al di là di ogni valutazione, tanto nei suoi punti forti quanto nella debolezza, Room 23 è un’opera che segna e colpisce. La recitazione del cast è convincente, scanzonata, eccessiva e quindi sempre assolutamente pertinente; la regia è efficace e armoniosa, come pure il disegno luci che discretamente accompagna le scene.
Non resta che godere di questa sarcastica opera maschicida, senza rimproverare troppo se stessi se il senso morale lascerà per un’ora il posto a una inconfessabile maniacalità.

Lo spettacolo continua:
Teatro Trastevere
via Jacopa de’ Settesoli, 3 – Roma
fino a domenica 31 marzo
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 18.00
(durata 50 minuti senza intervallo)

Associazione Culturale UPNOS presenta
Room 23 – Paura e delirio dal buco della serratura
di Francesca Romana De Berardis
regia Mario Schittzer
con Matteo Bartoli, Francesca Romana De Berardis, Bruno Pietro Monico, Livia Saccucci
scene Valeria Patrizi, Fabio Imperiali
disegno luci Marco Maione
costumi Tania Benvenuti, Twice Vintage Shop
assistente alla regia Susanna Esposito
new media Annalaura Ruffolo
organizzazione Leonardo Iurilli, Elisa Pavolini
ufficio stampa Arianna Di Pietro