Odore di morte

Al Teatro Argot di Roma Luca Micheletti e Federica Fracassi dal 24 al 27 ottobre hanno portato in scena Rosmersholm – Il gioco della confessione. Un testo di Henrik Ibsen ridotto da Massimo Castri con l’eccellente regia dello stesso Micheletti.

Nell’ultima settimana di ottobre, quella che ha preceduto le giornata di Ognissanti e la ricorrenza dei defunti, un’atmosfera cupa è calata sul teatro Argot, dove è andata in scena una delle tragedie più famose di Ibsen: Rosmersholm. Scritta nel 1886, La casa dei Rosmer (questa la traduzione), definita anche “la tragedia del rimorso”, nella riduzione di Massimo Castri vede il sottotitolo Il gioco della confessione, quello cui si sottopongono i due protagonisti, il pastore Rosmer e Rebekka West, impersonati magistralmente dall’attore e regista della pièce Luca Micheletti e da Federica Fracassi.

I corpi dei due personaggi giacciono su due tavoli di legno, capo contro capo, all’interno della buia sala illuminata solo da due lampade a olio, dove per l’occasione le sedute sono state poste lateralmente. L’effetto, appena entrati dopo lo strappo del biglietto, è aberrante. Si ha infatti la sensazione di essere finiti, quasi per sbaglio, all’interno di una camera ardente, tanta è l’impressione che gli attori fanno nella loro immobilità, racchiusi in abiti d’epoca e acconciati in modo impeccabile come la tragedia descrive. L’odore dei fiori avvizziti, sparsi lungo tutto il pavimento della stanza, è nauseante, gli stessi che Beata, la moglie di Rosmer, tanto detestava. È proprio di costei che tanto si sentirà parlare all’interno del racconto, quello che gli stessi Rosmer e Rebekka faranno al pubblico dopo il loro “risveglio”.

Un risveglio che è un modo per rivivere a ritroso la vicenda, per permettere, soprattutto a chi del dramma non ha mai sentito parlare, di venire a conoscenza di questa storia ricca di pathos, che ha spinto i due amanti al suicidio.
Rosmer è un uomo tormentato dal dubbio, un «messaggero di libertà e progresso» che vive nel ricordo di sua moglie morta suicida. Rebekka, invece, è colei che spingerà Rosmer a spezzare tutti i legami con quel passato che lo tormenta, con l’intento di renderlo nobile. «Il posto della morta non può essere lasciato vuoto» così Rosmer chiede a Rebekka, con la quale faceva «i piani di una nuova esistenza», di sposarlo. La donna esita, poi respinge la proposta confessandogli che è stata lei a spingere Beata nella gora del mulino. La moglie «aveva intuito perfettamente ogni cosa» e quel legame con Rebekka «è stato fin dai primi giorni un matrimonio quasi spirituale».

Le conseguenze saranno nefaste, quei “cavalli bianchi” che galoppano nella mente del pastore finiranno col seguire una strada senza uscita. «Sei tu che mi segui o sono io che seguo te» si diranno i due mentre un tonfo in acqua si ode da lontano.
Tutto ritorna come quando si è entrati. I tavoli spostati più volte durante la rappresentazione, per trasformarsi in muri e porte, con grande energia anche dalla stessa Fracassi, ritornano a formare quel letto di morte. In un’ora si ha l’impressione di essere stati catapultati in un grande incubo, in una storia di fantasmi egregiamente allestita e rappresentata. Un modo straordinario per portare alla luce un testo che racchiude tematiche fortemente attuali, come quella della felicità individuale che mette a repentaglio quella del prossimo.
Le voci dei due amanti continuano a riecheggiare forti e distinte nelle orecchie, mentre si attraversa il portico che separa lo spazio teatrale dal palazzo in cui è ospitato e dietro il portone che si chiude, un brivido attraversa la schiena, ma non è solo il freddo.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Argot
via Natale Del Grande, 27 – Roma
dal 24 al 27 ottobre
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 17.30
(durata 1 h circa senza intervallo)

Rosmersholm – Il gioco della confessione
di Henrik Ibsen
riduzione Massimo Castri
con Federica Fracassi, Luca Micheletti
regia Luca Micheletti
musiche Henry Cow, Jeff Greike, Emmerich Kálmán
assistente alla regia Francesco Martucci
suono Nicola Ragni
sarta Alessandra Bini