Un Paradiso artificiale

La Compagnia della Fortezza apre la stagione di prosa 2014-15 del Teatro Verdi di Pisa ed è grande successo.

«Entrate». In file ordinate, i fedeli hanno obbedito.
Nell’incenso sfilacciato, tra i rintocchi dell’organo una sola, vaga architettura può suggerire l’essenza di un teatro. In quel fumo, da esso composte, le due parole della rivelazione: Santo Genet.
Il Teatro Verdi di Pisa, per una sera mostra eroi dalle labbra dipinte e marinai svettanti su alte colonne bianche – alteri e in posa da atleti ellenici. Gli spettatori sfilano in quel tacito corridoio di carni e di luci; poco prima, ad accoglierci, il biancheggiare di una santa nel suo reliquiario di plexiglass. Una chiesa decadente da bohémien, rutilante di fari per adombrare il morto, densa di aromi per soffocare il guasto.
Non c’è trama nello specchio dell’esistenza e Santo Genet non sarebbe possibile definirlo in altro modo. Uno specchio, o meglio, una coreografia di specchi riflettenti l’uno nell’altro. Caleidoscopio di frammenti umani, dal disincarnato azzurro alle carni vive, tutto vorticante, tutto cantilenante.
Nella chiesa, nel teatro si disegna uno spazio franco, tra il convento degli atei e il sacro lupanare. Terra di santi, terra di meretrici, marinai, cantanti, eremiti e danzatori, il luogo echeggia i porti di Querelle de Brest, gli stessi colori sconvolti, saturi, colori confusi di santo e profano. Tutto è velato, ricoperto di una patina di bellezza – come l’eroe morto dalla formaldeide. In cerca di una cristallizzazione, di una preservazione della vita nelle sue gioie e nelle sue brutture.
E poi Genet, questo essere. Il romanziere, il drammaturgo, l’omoerotomane, il “poeta-ladro”, come lo definisce Sartre nel saggio a lui dedicato (che porta lo stesso titolo dello spettacolo). Una vita di carcere, di scandali, di passione politica. E un amore per il turpe, la sua cristianizzazione, il suo paragonare Vergini e Messia ai travestiti immolati nei vecchi motel. Questo è Genet.
Come stupirsi allora se, una volta di più, la scena si confonde, le voci si accavallavano in citazioni e brani via via più intensi, evocando ora il peccato del bordello, ora una fede religiosa tinta di rosse perversioni, ma sempre limpida, più limpida di qualunque altra. Il tutto portato alla ribalta dalla Compagnia della Fortezza, che Armando Punzo conduce da molto tempo verso vette via via più ardite e che, nonostante si possa percepire nella recitazione un senso di amatorialità, non manca di colpire il pubblico con soluzioni scenografiche imponenti e una drammaturgia profonda, sognante, che erompe oltre il salone del Verdi. L’apice di un progetto tanto atteso da aver scatenato, come Don Giovanni, una gamma di eventi preparatori, Verso Genet, cui ha collaborato la Normale di Pisa.
E l’universo mentale si dirama ancora, corredato dalla musica di Andrea Salvadori, suonata dal vivo e dal vivo danzata tra i sedili della platea.
Recitato con cadenze dialettali, talvolta incomprensibile, Santo Genet non richiede di essere compreso. Semplicemente è, come certi uomini, come certe donne: incoerente e mai muto, è il cervello di un uomo semplice. Possiamo soltanto immaginare cosa sia quello di un artista. Oppure osservare, senza interrogarci in proposito.
Lo si può concepire anche sigillando gli occhi, reclinando il capo. L’emozione è un’erinne cieca che si sferza da se medesima. Nulla da capire, veramente. Soltanto da vivere e, potenzialmente, da amare.
Sabato 8 novembre. Alcuni se ne vanno con un fiore, così, per accertarsi l’indomani che non sia stato un sogno.
E no, non lo è stato. Il fiore è qui.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Verdi

Pisa
sabato 8 novembre, ore 21.00 e domenica 9 novembre, ore 17.00

Santo Genet
drammaturgia e regia Armando Punzo
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
musiche originali eseguite dal vivo e sound design Andrea Salvadori
aiuto regia Laura Cleri
movimenti Pascale Piscina
video Lavinia Baroni
con Armando Punzo
e i detenuti-attori della Compagnia della Fortezza Aniello Arena, Giuseppe Calarese, Pierangelo Cavalleri, Nicola Esposito, Alban Filipi, Gianluca Matera, Edmond Parubi, Danilo Schina, Massimo Terracciano, Qin Hai Weng e Jian Dong Ye
e con Placido Calogero, Antonino Mammino, Massimiliano Mazzoni, Arioud Tatou, Giuseppe Venutoe Gillo Conti Bernini, Eva Cherici, Francesco Nappi e Francesca Tisano
e la partecipazione dei giovanissimi Amelia Brunetti, Gregorio Mariottini, Andrea Taddeus Punzo de Felice e Tommaso Vaja
con la partecipazione straordinaria di Isabella Brogi e del contraltista Maurizio Rippa