Ciajkovskij e Ellington a Verona

È un apprezzato ritorno nella propria città natale quello di Renato Zanella. Il coreografo scaligero ha presentato, in anteprima, al Teatro Ristori di Verona lo spettacolo Schiaccianoci à la carte, opera bifronte che propone un accostamento di classicità e di sperimentazione, dove la preparazione e l’aspetto performativo si mescolano disperdendo limiti e specificità.

Tutto inizia con un piccolo flash visivo nel quale una ballerina danza senza la presenza della musica. Un’apertura silenziosa, discreta, che dà il la alla nuova creazione di Renato Zanella, Schiaccianoci à la carte. Immediatamente dopo ci si sposta in una sala prove, dove fervono i preparativi per la messa in scena dello Schiaccianoci di Ciajkovskij. L’atmosfera iniziale è, però, molto distesa e i ballerini si scambiano dei regali (il Natale è imminente) e qualche battuta, ma vengono subitamente richiamati all’ordine dal burbero coreografo (lo stesso Zanella) che pretende attenzione e impegno. Fin dalle prime scene del balletto, si dipana una divisione apparente all’interno della rappresentazione, la separazione dell’aspetto visivo e di quello uditivo. Le musiche di Ciajkovskij non contemplano però alcuna interruzione ed è proprio in questa linearità uditiva che si installa un visivo che attiva un gioco di allontanamento e di avvicinamento con l’altro côté sensitivo. La musica continua imperterrita ma essa non rappresenta solamente un sottofondo sul quale avvengono, o possono avvenire, azioni o prese di posizione. La musica invade letteralmente il pubblico poiché essa pone una richiesta corporale, pretende cioè dei corpi: quelli degli spettatori e quelli dei ballerini (da sottolineare la prova dei solisti Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Evghenij Kurtsev e Antonio Russo). In base a questa richiesta, noi, gli spettatori, siamo scaraventati all’interno della presente rappresentazione poiché ciò che vediamo non collima perfettamente con ciò che dovremmo vedere. L’imperativo visivo del quale siamo vittime nel momento stesso in cui poniamo la nostra volontà scopica sul mondo, ci vorrebbe far vedere altro ed è proprio in questa fede visiva che si insinua lo scarto proposto da Zanella: noi non vediamo lo spettacolo, ma la sua preparazione, l’aspetto propedeutico, mentre la musica ci dice che siamo già oltre. Ecco perché, in questo modo, il visivo si dimostra essere non semplicemente l’ottico, ma qualcosa che richiama i corpi, i desideri, e che unisce anche l’aspetto sinestetico dell’esperienza. L’allenamento, i corpi alla sbarra, gli errori e i consigli, gli scherzi e tutto l’aspetto antecedente alla “prima”, fa parte integrante dell’opera e l’intelligenza artistica di Zanella fa sì che questo sia messo in atto come l’opera stessa. Alla celeberrima e delicata Danza della Fata Confetto, seguono la Danza russa, la Danza spagnola e la Danza araba, e con il procedere dell’opera, l’aspetto dell’allenamento viene meno, lasciando lo spazio all’aspetto professionale. I danzatori non vestono più le tute d’allenamento ma i costumi di scena, sottolineando in questo modo l’importanza del performativo.

A questa prima parte “classica”, dove la composizione del maestro russo è ripresa pedissequamente in tutta la sua grandezza, segue una seconda parte novecentesca, dove è alla musica della forma libera per eccellenza, il jazz, che è richiesto di dipingere le linee trascendentali dei movimenti danzanti. La leggiadria classica è quindi trasposta in un’atmosfera prettamente jazz: The Nutcracker Suite, opera composta dall’immenso Duke Ellington e da Billy Strayhorn. I corpi, già liberati dalle strette della rappresentazione grazie all’escamotage dell’allenamento, sono ora totalmente affrancati, liberi di danzare e di essere trasportati dalla forma libera. The Nutcracker Suite non è solo una versione rivisitata in chiave jazz dell’opera di Ciajkovskij, ma un vero e proprio atto musicale, un atto di creazione deleuziano. Una singolarità, una vita puramente jazz che sprigiona profumi alcolici di proibizionismo, di femmes fatales, di big bands. Il jazz incentiva i corpi a essere liberi, ma in questa libertà spaziale e di spirito è richiesto un necessario rigore, senza il qualche il balletto diventerebbe anarchia priva di interesse. I corpi, infatti, fanno quello che devono fare. Nessun’altra possibilità è data loro se non quella del danzare nel miglior modo possibile. Leibniz, il jazz e la danza.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Ristori
via del Teatro Ristori, 7 – Verona
venerdì 20 dicembre ore 20.00 e sabato 21 dicembre ore 15.30

La Fondazione Arena presenta
Schiaccianoci à la carte
Prima parte: Lo Schiaccianoci op. 71a di Pëtr Il’ic Ciajkovskij
Seconda parte: The Nutcracker Suite di Duke Ellington e Billy Strayhorn
con Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Evghenij Kurtsev, Antonio Russo, Daniel Abbruzzese, Luca Giaccio, Vittorio Malangone, Andrea Morelli, Marco Fagioli, Annamaria Margozzi, Ivan Piccioli, Massimo Schettini, Pietro Occhi, Federica Cristofaro
direttore corpo di ballo Renato Zanella
coreografia Renato Zanella
assistente alla coreografia Myrna Kamara
direttore allestimenti scenici Giuseppe De Filippi Venezia
scene e costumi Renato Zanella
luci Renato Zanella
www.arena.it