Metamorfosi di un operaio

Recensione Settimo. Al Teatro Studio è di scena Settimo, la fabbrica e il lavoro. Un viaggio all’interno dello stabilimento Pirelli compiuto con la meticolosità di un’inchiesta giornalistica.

C’era la fabbrica di ieri: luogo di conflitto, fatica e lotta di classe, ma anche spazio atto a coltivare dignità e senso di appartenenza. Era un piccolo spaccato di mondo: da cui non uscivano soltanto i pneumatici, ma resistevano quotidianamente uomini e storie. Sessant’anni fa la si sceglieva per la sicurezza del posto e per la garanzia dello stipendio, la Pirelli di Settimo Torinese. Nella città della Fiat, lo stabilimento sorse con l’intento di diventare una valida alternativa occupazionale. Doveva costituire una svolta antropologica, nel feudo degli Agnelli.
Oggi la fabbrica, non soltanto lo stabilimento Pirelli di Settimo Torinese, ha perso il suo valore sociale. “Io vorrei entrare qui per comprarmi un’automobile e portare qualche volta a cena la fidanzata”, ripete tronfio il giovane operaio al primo giorno di lavoro nello stabilimento, piegatosi al ricatto occupazionale del Paese. Merita un plauso l’interpretazione di chi ne veste i panni: Ivan Alovisio, sulla scena come uno dei tanti suoi coetanei – i capelli inamidati con la brillantina, la felpa col cappuccio slacciata, la fascia dello slip ben in vista sul girovita. Uno di quelli, mutuando la prefazione di Lino Patruno al libro-inchiesta Invisibili di Fulvio Colucci, “attirati solo da miti balordi di successo, denaro facile e puttanizio perché ora c’è più ricchezza, ma siamo uomini persi”.
Ai suoi colleghi lo presenta un’impiegata puntigliosa e quanto mai sfibrata dalla fabbrica. Quasi tutti sono reduci dalle lotte sindacali degli anni 70. Entrati per coronare il sogno del posto fisso – oggi bistrattato più dai politici di carriera che non dai diretti interessati – avevano svaghi diversi. Fino a pochi decenni fa nell’industria c’erano le donne, si leggevano libri, si organizzavano tornei di calcetto, si facevano le gite con le famiglie la domenica. Tutto ciò manca oggigiorno, con gli interessi dirottati su altri obiettivi: “Perché tu entri pensando già a quando dovrai uscire” è il biasimo che il giovane riceve dal futuro caporeparto, emigrante napoletano divenuto zelante con l’ascesa di grado. In molti, come lui, negli anni 60 fecero le valigie. “Quelle di cartone, legate con lo spago”, ricorda uno di loro, rimasto siciliano a mille chilometri da casa, all’epoca ritenutosi poco incline all’agricoltura su cui il sud aveva puntato tutto.
Su una scena concepita come un vulcano di pneumatici, “fonte di energia primordiale, ma anche immagine di un luogo che si sta sgretolando”, si consumano la frattura con il passato e la speranza in un rinnovamento. Alle spalle di Settimo – La fabbrica e il lavoro, viaggio espressivo attraverso le diverse fasi produttive di un pneumatico, c’è un’inchiesta giornalistica condotta all’interno dell’industria: tra operai, tecnici e ingegneri. Partendo da questo superbo lavoro dell’Accademica Roberta Garruccio (condotto in occasione del passaggio dal vecchio stabilimento piemontese al nuovo polo industriale), Serena Sinigaglia ha realizzato un affresco a molte voci che non fornisce risposte su questioni complesse e instabili, ma si limita a documentarle.
Ci si trova dunque di fronte a uno splendido lavoro di ricostruzione storica ed economica che usa il teatro come strumento d’indagine del tessuto sociale italiano e delle realtà di periferia. Un insieme di storie che assurge a pezzo di Storia – con la maiuscola. Vero è che c’è anche la firma della Fondazione Pirelli in calce a questo capolavoro, ma l’indagine resta, a tratti, una denuncia che non risente in alcun modo della censura.

Lo spettacolo continua:
Teatro Studio

via Rivoli, 6 – Milano
fino a domenica 19 febbraio
orari: da lunedì a sabato, ore 9.45-18.45 continuato; domenica, ore 13.00-18.30

Settimo
La fabbrica e il lavoro

drammaturgia e regia Serena Sinigaglia
scene Maria Spazzi
costumi Federica Ponissi
luci Alessandro Verazzi
musiche Sandra Zoccolan
con Ivan Alovisio, Giorgio Bongiovanni, Fausto Caroli, Andrea Collavino, Aram Kian, Franco Sangermano, Beatrice Schiros, Francesco Villano e Maurizio Zacchigna
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
in collaborazione con Fondazione Pirelli