Normali solitudini

piccolo-teatro-milano-80x80Affinità quasi elettive tra due artisti, Gabriele Lavia e Ingmar Bergman, linguaggi che si sono già incontrati e che continuano a scegliersi, modellarsi a vicenda, ognuno portando con sé le proprie radici ed esperienze per approdare con una Sinfonia d’autunno, in questo dicembre ancora pieno di foglie gialle, al Piccolo Teatro Grassi di via Rovello.

Lavia aveva già lavorato a Scene da un matrimonio e a Dopo la prova, ora si dedica a un altro dramma familiare. Protagoniste una madre e una figlia, Charlotte ed Eva, che si rivedono dopo sette anni. Un rapporto che non ha mai potuto essere schietto e diretto, fatto di lunghe lontananze, aspettative taciute, frustrazioni e lacrime nascoste, scelte di vita e priorità diverse. Dopo tanto tempo cercano di incontrarsi, ricostruire un legame che non è mai davvero esistito, dipanare una matassa di incomprensioni i cui nodi sembrano impossibili da sbrogliare. Intorno a loro Viktor, il marito di Eva, buono, comprensivo, forse passivo nel suo costante tentativo di accogliere e dare amore a questa moglie che vorrebbe essere amata, ma non ne è capace. Poi Helena, la sorella malata di Eva: Charlotte aveva tentato di chiudere il dolore della figlia in una clinica, ora se lo trova davanti, inaspettato, e cerca di affrontarlo – coi gesti e le parole dell’amore, ma senza amore, come le rimprovera Eva. Nell’aria il fantasma di un bambino morto da poco: Viktor ne vive sofferenza e mancanza, Eva gli parla come fosse ancora lì, ancora presente.
La scenografia palesa una casa moderna, con divani bianchi un po’ minimalisti, tanto nero, precisa freddezza; in un angolo la vecchia camera del bimbo lasciata intatta dopo la perdita, colorata come un sogno o una fiaba: perché qui nessuno è diventato grande, nessuno è riuscito a sbarazzarsi delle proprie illusioni e dei propri fantasmi, ognuno di loro è un bambino mascherato da adulto, incapace di confrontarsi con i propri errori e sconfitte, di parlare francamente a se stesso e agli altri.
Così ognuno si trova a vivere nella propria solitudine, escluso dal mondo – un mondo asettico come la sala che è centro della scena e che certamente non stimola il contatto umano.
Eppure il tentativo di contatto è costante. È un bisogno condiviso a cui ognuno cerca di far fronte come può, con le parole che conosce, e che ognuno in modo diverso non riesce a colmare. Di solitudini, ne vengono rappresentate almeno due (entrambe interpretate e vissute magistralmente dalle attrici). Quella di Eva, che desidera il calore e la comprensione degli altri e sente solo la distanza; Eva, che ha bisogno di amare ed essere amata, ma non riesce a penetrare e farsi penetrare con le giuste parole. E poi c’è l’altra solitudine, quella di Charlotte – incredibile Anna Maria Guarnieri – dell’artista sempre scostato dal mondo: l’unico calore che può appagarla è quello del pianoforte e la lama che più in fondo può trafiggerla è quella della mediocrità. Il contatto con gli altri c’è, ma è subordinato al rapporto con la propria arte. Così Charlotte è un passo fuori dalla realtà umana delle sue figlie, estromessa dal loro dolore, incapace di toccarlo ed essere loro vicina, esclusa dalla «normale» realtà del mondo intorno, nel pieno rifiuto e incessante terrore di adeguarsi a «una vita normale come una donna normale».
Lavia esorta a guardare in faccia il proprio dolore, la propria solitudine, a goderseli senza fuggirli. Soprattutto, mette in evidenza questo sentimento d’esclusione che, dice, «è comune ai teatranti… a quegli esseri umani che si espongono (…) Non sono normali. Sono strani e sono condannati a quella che Bergman chiama Solitudine Assoluta. Ma forse questa è la maledizione della nostra epoca».

Al termine, sentendo un spettatore lamentarsi dicendo: «il solito Bergman, che pone tante domande ma alla fine non da nessuna risposta», viene da sorridere, magari immaginandosi in compagnia dello stesso Bergman, felice del gran complimento fattogli, pur inavvertitamente. E certamente anche Lavia, che è riuscito a mantenere uno sguardo aperto sul testo e a non trincerarsi in un’ interpretazione chiusa.

Lo spettacolo continua
Piccolo Teatro Grassi

Via Rovello 2, 20121 Milano
dal 10 al 21 dicembre
martedì, giovedì e sabato ore 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.30, domenica ore 16.00

Teatro Stabile dell’Umbria e Fondazione Brunello Cucinelli presentano
Sinfonia d’autunno
di Ingmar Bergman
traduzione Chiara De Marchi
regia Gabriele Lavia
con Anna Maria Guarnieri, Valeria Milillo, Danilo Nigrelli e Silvia Salvatori
scene Alessandro Camera
costumi Claudia Calvaresi
musiche originali Giordano Corapi
luci Simone De Angelis
assistenti alla regia Giacomo Bisordi e Cecilia Di Giuli
assistente alle scene Paola Castriganò