Isole notturne

teatro-era-pontedera2[1]Vi raccontiamo una notte al Teatro Era di Pontedera, tra prigionia e libertà.

C’è una pusione. La pulsione sospinge al legame. La si percepisce di ora in ora, sebbene chiunque sappia che, una volta usciti, sopravverrà la vergogna e certe consapevolezze saranno occultate. Bizzarre idee, attrazioni e repulsioni in stile Women in Love. La medesima fantasia di fisicità acuita o imbrigliata che chiude l’individuo in un cerchio di silenzio. È proibito parlare.
Parliamo adesso. Parliamo di Sognare a Teatro, Pontedera, sabato 30 maggio, ore 20.30. Da che mondo e mondo, siamo ormai abituati a qualsivoglia esperienza, quando si parla di eventi contemporanei. Poco stupore quando è arrivata la proposta, già attuata nel settembre scorso, di far letteralmente dormire gli spettatori in teatro – è necessario solamente portarsi dietro il pigiama e gli effetti necessari.
Il progetto, che prevede una serie di attività volte all’ascolto di sé e alla meditazione, calca particolarmente sull’idea della fuga. La routine, l’alienazione quotidiana sono in un certo senso inquadrate come avversario principale da contrastare. Il Direttore, Roberto Bacci, parla appunto di “uscita da una notte quotidiana”. Aleggia la convinzione di una realtà elevatasi dalla linea orizzontale dello spazio e da quella verticale del tempo. Una realtà che sussiste come un punto, una bolla.
La confusione voluta tra sogno e veglia, in questo spazio di legno e ferro che sono i camerini e i backstage del teatro che tutti conoscono, ha inizio con la proiezione recitata di quella che potremmo definire una graphic novel i cui protagonisti, coppia sospesa tra l’antropomorfismo e la forma animale, s’introducono di decennio in decennio in una realtà via via più distopica, in cui l’assenza di lavoro costringe gli uomini a pagare col sangue e a vivere di ricordi replicati tecnologicamente. Lui e lei, progressivamente più prossimi alla morte, non perdono mai l’impulso a cercarsi vicendevolmente. Un rapporto, il loro, che pur non essendo la cura al mal di vivere, ne è la morfina, il solo, supremo ammazzadolore. Una storia cruda, angosciante, irresistibilmente tenera – che ha bagnato più guance nelle sue ultime battute.
Tempo di cessare gli abiti mondani, di calzare il pigiama. Il secondo evento è una sessione di rilassamento e meditazione, che chi pratica o ha praticato yoga o laboratori teatrali potrebbe affrontare a propria volta quasi come una routine. Particolarmente interessanti gli esercizi che portano in rapporto di attrazione/fiducia gli spettatori gli uni con gli altri. Questo potrebbe essere, a nostro avviso, il cavallo di battaglia di Sognare a Teatro: i rapporti umani. A tal proposito il silenzioso rituale del tè, peraltro in un ambiente amabilmente zen, intessuto di tappeti elaborati e cuscini, alla deriva tra isolotti di riflettori e piantane, è un altro frammento che ha un valido impatto.
Per il resto, forse il tutto pecca di un po’ troppa programmazione, o meglio, di un’eccessiva insistenza sui meccanismi interiori dell’uomo, meccanismi trattati con lucidità, ma che forse sarebbero meglio avvalorati dalla stimolazione. Come recita il mantra dei buoni romanzieri: “non spiegare, mostra”.
Un’altra particolarità che ci ha fatto riflettere, riallacciandoci a un argomento già affrontato, è stato appunto l’attaccamento alla singolarità, laddove le circostanze (un nucleo ristretto di sconosciuti, il silenzio, la notte) sarebbero perfette per sperimentare le possibilità del collettivo. Un’intimità muta e condivisa, in questo mondo rigidamente meccanico e con barriere interpersonali che sono perlopiù innate. E, ancora, i quaderni forniti come diario di viaggiatore potrebbero essere utilizzati come unica forma comunicativa.
Qualche parola ancora, un’esposizione sulla volontà di rappresentazione. E poi il sonno nei letti foderati di rosso, il sonno accompagnato da una favola, da una lenta moria di luce, di fronte a un fondale sereno di alberi e strade. Di tanto in tanto, rumori di automobili e schiamazzi notturni a rammentarci che fuori il mondo sussiste come lo conosciamo.
Il risveglio arriva a un orario che non conosciamo. Le 8.30, stando a quanto cita il comunicato stampa. Così come non sapremmo dire a che ora ci eravamo coricati. Il risveglio arriva insolitamente dolce, sotto musica ascendente e luci pacatamente riattizzate. Si replica il percorso fisico meditativo della sera precedente, poi la colazione, sontuosissima. Nel frattempo, ancora un racconto, ancora una parabola.
Alla fine, varcata la porta in senso inverso, la regola decade, il silenzio è rotto. Si può nuovamente parlare.
In sostanza, un evento bello, ma che potrebbe permettersi di osare maggiormente, di giocare. Ma soprattutto: vincoli umani. “Il mondo è tenuto assieme solo dalla congiunzione mistica”, diceva Lawrence. Ma si può spiegare, questa congiunzione mistica?
Forse no. Ma di certo si è sentita.

Il progetto ha avuto luogo:
Teatro Era – Pontedera

Fondazione Teatro della Toscana
Centro per la Sperimentazione e Ricerca Teatrale di Pontedera
da venerdì 22 a domenica 24 maggio, da giovedì 28 a domenica 31 maggio, dalle ore 20.30 alle ore 8.00

Sognare a Teatro
Come evadere, in una “notte quotidiana”, dalle prigioni delle proprie abitudini