I lavoratori del Valle occupano il teatro organizzando assemblee cittadine e la sera spettacoli gratuiti per chiedere garanzie e trasparenza sulla gestione del teatro. La protesta si allarga all’intera gestione nazionale del settore spettacolo – che ha visto l’attuale Governo imporre tagli e seguire una miope politica clientelare.

Con il microfono saldo in mano un uomo ricorda che in questo luogo, il 9 maggio 1921, ha debuttato una delle commedie che hanno cambiato per sempre il teatro: Sei personaggi in cerca d’autore. Una nazione civile avrebbe fatto di questo spazio un monumento nazionale, invece l’Italia lo chiude e ne cambia – forse – destinazione d’uso. A parlare è Andrea Camilleri, giunto sul palco del Valle occupato mosso – ci spiega – dalla responsabilità di cittadino che non può rimanere indifferente dinanzi allo smantellamento del teatro italiano e della sua memoria – si veda la prestigiosa Biblioteca del Burcardo chiusa e trasferita dalla sua centralissima sede nei pressi di largo Argentina agli edifici Siae dell’Eur.

Andrea Camilleri, romanziere e regista teatrale, è il primo di un lungo elenco di ospiti in questa seconda serata di spettacolo autogestito dai lavoratori dell’ex Eti (Ente Teatrale Italiano) – cancellato dalla scorsa finanziaria come “Ente inutile” – che ha gestito il teatro Valle fino alla stagione appena conclusa. Sulle sorti del secondo teatro di Roma – il più antico ancora in attività della capitale – di proprietà del Ministero e, dal 1° luglio, trasferito a Roma Capitale che dovrebbe affidarne la programmazione 2011-2012 al Teatro di Roma – che gestisce già il polo Argentina-India – ci sono ombre inquietanti: come quelle gettate da voci che parlano di un affidamento a privati con cambio di funzione d’uso, nonostante l’Assessore alla Cultura del Comune di Roma abbia garantito il contrario. Ma i lavoratori del Valle vogliono che le decisioni di gestione siano condivise con i professionisti del settore al di fuori di logiche d’ingerenza politica e partitica: per questo hanno scelto di occupare, dimostrando a cosa serve un teatro, ovvero a proporre spettacoli e a intrattenere il pubblico. I romani non si sono fatti pregare e hanno riempito dalla platea al loggione. Camilleri li ha incantati coi suoi ricordi di regista, quando i critici andavano a vedere gli spettacoli anche al teatro Tordinona e davano massima attenzione a ogni allestimento, ben diversamente da oggi; Maddalena Crippa ha interpretato splendidamente alcune canzoni di Gaber, mentre un tecnico – uno di quei lavoratori dei cui diritti nessuno parla mai – ha spiegato di aver occupato il teatro perché non vuole finire in mobilità nel Ministero (chissà con quali mansioni, di certo non quella per la quale da venticinque anni, di cui più della metà al Valle, presta la sua opera: una competenza che, se davvero fosse riassegnato ad altri incarichi, sarebbe vanificata e svilita).

Hanno le idee chiare questi lavoratori che, stanchi della scarsa reazione ai continui tagli del governo – che non ha una vera politica culturale, ma pensa solo a privatizzare rispondendo a logiche clientelari – hanno deciso di occuparsi di ciò che è anche loro – e nostro: il bene pubblico.

Le richieste sono chiare e precise. Come i lavoratori di molte aziende sull’orlo della chiusura, vogliono conoscere il progetto artistico – equiparabile al piano industriale – chiedono completa trasparenza sulla copertura economica prevista dal bilancio comunale e la garanzia che i fondi per il Valle non siano sottratti ad altri teatri di Roma. Invitati dall’Amministrazione a sedersi attorno a un tavolo, hanno risposto che non vogliono risolvere la questione contrattando frettolosamente con tempi imposti: la proposta sul futuro del teatro dev’essere condivisa largamente e scaturire dal frutto del lavoro assembleare che si sta svolgendo in questi giorni all’interno del Valle.

A sostegno dell’iniziativa, numerosi attori e autori – da Elio Germano a Franca Valeri – si avvicenderanno in queste serate di occupazione a oltranza, mentre ogni pomeriggio un’assemblea popolare e pubblica discuterà di argomenti di vitale importanza “politica”, cioè della “vita della polis”. Dalla formazione all’idea di cultura, cinema e teatro, ai diritti dei lavoratori dello spettacolo, le assemblee confermano appieno la vocazione dello spazio teatrale a farsi luogo d’incontro (e scontro) di un popolo, delle vecchie idee con le nuove, come ha ricordato Camilleri: la stessa sera del debutto di Sei personaggi in cerca d’autore, metà del pubblico protestò perché non aveva accettato quel che la commedia pirandelliana comunicava loro; ma se il pubblico si scontra e discute – ha concluso lo scrittore siciliano – vuol dire che c’è confronto e vita democratica. Mercoledì 15 il Valle era al completo, e c’era gente fuori in attesa che qualche posto si liberasse, dimostrando che una gestione diversa dei beni pubblici e culturali è possibile, e che la gente è pronta a sostenerla, a sponsorizzarla, a volerla.

L’enorme partecipazione del mondo delle arti visive, del cinema, della danza, dell’università non solo esprime solidarietà, ma un disagio comune, condiviso dai lavoratori di tutti i settori della cultura – e non – a livello nazionale. Inizia a essere sempre più chiaro che la lotta non riguarda solo la gestione futura del Valle, ma mette in discussione le politiche culturali nazionali che da anni massacrano questo settore.

Si spera che trovi presto realizzazione l’augurio espresso da Camilleri: che questo nuovo entusiasmo civile sia contagioso e si diffonda in tutto il Paese.