Diario di sabato 5 luglio 2014

Interessante scelta artistica quella dell’organizzazione del Fringe per il primo fine settimana di inizio luglio. Sul palcoscenico salgono i vincitori delle passate edizioni e si è certi che qualsiasi scelta di palco darà buone soddisfazioni.

Riesco a sedermi solo in fondo, arrivando quasi a ridosso dell’ora di inizio di Horse Head, spettacolo vincitore del Fringe Festival 2012. Il motivo è subito chiaro già nei primi cinque minuti di rappresentazione: si tratta di un noir accattivante, ironico e divertente con due bravi attori in scena. Un’accoppiata vincente quella di Sebastiano Gavasso e Diego Migeni, al secolo Le Cattive Compagnie che, con più di cinquanta repliche in Italia e dieci a New York, vantano la segnalazione anche del New York Times.
Non faccio fatica a credere che lo spettacolo abbia riscosso un buon successo nella grande mela: si parla di padrini, picciotti e scagnozzi dall’accento tipico della little Italy. Un omaggio a Il Padrino di Francis Ford Coppola. Un tema di sicuro successo se poi la struttura narrativa di base è quella di Damon Lockwood.
Edmondo e Filippo sono due fratelli che, spinti dalla voglia di riscatto sociale attraverso una carriera nella malavita organizzata nella California della metà del Novecento, decidono di accettare un singolare proposta che arriva dal boss dei Corleone: decapitare la testa di un famoso cavallo da corsa, per poi lasciarla nel letto del suo proprietario. Il gesto rientra nei metodi utilizzati dalla mafia per intimidire il malcapitato di turno; in questo caso il “pollo” è un regista di Hollywood, proprietario del cavallo, la cui colpa è quella di aver rifiutato un’offerta di Don Corleone.
Che cosa accade allora agli scagnozzi durante la lunga notte dell’atroce decapitazione? Edmondo incarna il cliché dell’attore fallito e Filippo quello del picciotto tormentato. Dall’incontro-scontro tra i due emergeranno le personalità e i demoni in un’ escalation a tratti esilarante e a tratti drammatica, ad ogni modo sempre molto alta nei ritmi. Il confine tra commedia e noir è labile e il risultato è coinvolgente. E’ abbastanza chiaro che il regista, Leonardo Buttaroni, si sia divertito non poco  nel ricreare le atmosfere de Il Padrino, e nella messa in scena delle tante citazioni cinematografiche da Al Pacino a De Niro. Simpatica infine la scenografia, incentrata sulla trasformazione del divano in cavallo.

Dalla commedia alla little Italy all’amara fotografia dell’umanità di Popolo Bue, il salto è enorme. Francesco Pompilio, regista, attore e autore (insieme ad Angelo Libri e Flaminia Chizzola), ripercorre la vicenda orwelliana della fattoria degli animali attraverso un monologo serrato. La storia è semplice. Gli animali che abitano la fattoria di Jones decidono di ribellarsi a un regime autoritario cui sono obbligati a sottostare. La rivoluzione viene capitanata da Napoleon e Palla di neve guidano gli altri maiali verso la libertà attraverso la nascita di una comunità fondata sul principio di uguaglianza. Affinché la memoria venga tenuta viva, i motivi ispiratori della rivoluzione vengono incisi su di una bacheca di legno, ma ben presto l’incapacità del popolo condurrà all’accaparramento del potere prima da parte di tutti i maiali (i più opportunisti tra gli animali), e del solo Napoleon in un secondo momento. Il fuoco è sulla pigrizia e sulla conseguente inettitudine a utilizzare quel libero arbitrio che rende l’uomo un essere libero. Pur essendo questo un testo noto e molto rappresentato, risulta sempre molto attuale, anche nella semplicità della narrazione del bravo Francesco Pompilio. Vince il contenuto, forte ed amaro, passa sicuramente in secondo piano una regia molto (e volutamente) essenziale.

Ci si alza dalla sedia chiedendosi se potrà mai accadere che gli esseri umani rinuncino a logiche di sopraffazione. Forse è proprio il concetto di potere stesso a essere sbagliato. In un sistema concepito per “uomini e caporali” sembrerebbe non esserci via d’uscita se non attraverso livelli di libertà al di fuori della logica sociale. Come è l’arte, in genere.

Lo spettacolo è andato in scena al Roma Fringe Festival
Villa Mercede
via Tiburtina 113 – Roma

Horse head
di Damon Lockwood
regia di Leonardo Buttaroni
con Sebastiano Gavasso e Diego Migeni
scenografie di Paolo Carbone

Popolo bue
di Francesco Pompilio – Angelo Libri – Flaminia Chizzola
con Francesco Pompilio
Regia di Francesco Pompilio