Santa Domenica

teatro-era-pontedera2[1]Al Teatro Era di Pontedera, l’atmosfera mistica di Mario Biagini in The Hidden Sayings.

È accaduto domenica, al termine del Convegno su Grotowski. È accaduto – e scegliamo il termine con cura – in uno spazio angusto, dove il respiro dello spettatore intercetta e s’intreccia con quello di un altro, di altri innumerevoli.
Per tre giorni consecutivi si è parlato del regista polacco – ora del genio, ora della persona. Ma lasciamo per lo spazio di una pagina che il nostro occhio si focalizzi sugli eredi. Seguiteci.
1999: Jerzy Grotowski lascia la sua intera eredità artistica a Thomas Richards e Mario Biagini. I due registi, entrambi affermati, portano avanti – ognuno secondo il proprio stile – le strade percorse in precedenza dal Maestro, discostandosi via via l’uno dall’altro.
Gli stili si evolvono, le personalità influiscono, convertono i processi artistici a riti diversi. E nasce The Hidden Sayings, con la regia di Biagini, regia più grezza di quella di Richards, più incentrata sulla condivisione.
Ora, tanto Richards quanto Biagini, portano avanti il concetto del teatro povero – scevro di scenografie, oggetti, costumi. Questa tendenza è, nel secondo, più pronunciata, laddove Richards si concede un assaggio di spettacolarità. Ma andiamo al dunque.
The Hidden Sayings, abbastanza fedele al credo grotowskiano, è uno spettacolo fatto di citazioni, bibliche ed evangeliche, dove le parole del credente cristiano si mescolano alle lamentazioni degli afroamericani degli Stati sudisti e alle sonorità della black music.
Non è molto il materiale da commentare, trattandosi di un’opera che coinvolge unicamente il canto e la mimica, peraltro su un testo che ci è noto dall’alba della nostra civiltà. L’intento, così pensiamo, è quello di coinvolgere lo spettatore in una mistica di gruppo, come se tutti, proprio tutti, non desiderassero altro. Il sé che si annulla nella comunione con l’altro da sé.
L’atmosfera, qualcosa di non dissimile dalle comunità chiuse da contea made in Usa, ha i suoi pro e i suoi contro, a partire dalla bravura con cui gli interpreti sono in grado di mettere a frutto quel poco che hanno a disposizione: abiti bianchi, qualche artigianale strumento per produrre suoni, voci a cappella e uno spazio incredibilmente angusto.
D’altronde, passati oltre il virtuosismo interpretativo e l’espressività degli attori – un gruppo eterogeneo, multietnico e comunitario – i concetti intrinsechi di The Hidden Sayings non vanno oltre rispetto alla poetica di una serata gospel, se vogliamo naturalmente escludere la coreografia e il distacco spaziale con il pubblico ridotto ai minimi termini.
Il contatto linguistico con gli spettatori è caratterizzato dalla scelta dell’inglese, scelta o necessità poiché, come già riferito, il gruppo attorale è multietnico. Le difficoltà che possono emergere per chi non è pratico della lingua sono parzialmente ovviate dalla lettura preliminare di un testo tradotto, nonché dalla consapevolezza del fatto che si tratta di pure citazioni da testi sacri. Nonostante ciò, e sebbene l’utilizzo della lingua unificatrice per eccellenza suggerisca ottimamente il desiderio di comunione umana espresso da The Hidden Sayings, la percezione di un linguaggio che non è il proprio genera comunque un vago senso di straniamento e l’impegno esercitato nella traduzione distoglie l’individuo da quel senso di mistica contemplazione che dovrebbe invaderlo. Allo stesso tempo, un inconveniente simile può anche essere accidentalmente indotto da questo utilizzo fiducioso, quasi impulsivo, della matrice religiosa come ipotetico strumento di unità. È lecito domandarsi quale raccoglimento possa aver trovato in The Hidden Sayings un ateo. Conviene forse sublimare questa visione esplicitamente cristiana in una sorta di generale percezione del divino, del fato, dello scorrere degli eventi?
In conclusione: domenica 14 dicembre, al Teatro Era, Mario Biagini ha portato in scena un’opera pura, immacolata come i cieli, quasi un prudente trapianto della fede di quell’America ancora un po’ bambina, ancora un po’ bramosa degli amori elementari, ma che per certi versi si estrania dalla nostra vecchia Europa disillusa. Un trapianto nobile e forse ben riuscito, ma su un terreno che a nostro avviso è infruttuoso, se non ostile, a cominciare dalla stessa aria di competizione che si poteva percepire tra Biagini e Thomas Richards, compagni di eredità ma, in un certo senso, l’un l’altro sfidanti. Infine, la fedeltà a Grotowski c’è stata, parlando di mezzi di espressione estremamente semplificati, ma senza quel concetto tipico di attore-offerta sacrificale che nell’omaggiato drammaturgo è elemento caratteristico. In The Hidden Sayings abbiamo visto accoliti, non vittime.
Andate in pace, se ve n’è da qualche parte.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Era

Pontedera (Pisa)
domenica 14 dicembre, ore 17.00

Open Program del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards presenta:
The Hidden Sayings
regia Mario Biagini
con Mario Biagini, Lloyd Bricken, Robin Gentien, Agnieszka Kazimierska, Felicita Marcelli, Ophelie Maxo, Alejandro Tomás Rodriguez, Graziele Sena da Silva e Suellen Serrat