La quotidianità: luogo dell’assurdo

Vincitore di tre premi Molière nel 2002, Théâtre sans animaux di Jean-Michel Ribes approda al Théâtre des Célestins di Lione. Un’occasione per riscoprire quest’opera comica della nostra contemporaneità.

Una penna stilo di tre metri e ottanta compare nel salone di una tranquilla famiglia della Creuse. L’irrazionale irrompe nella piattezza delle vite e nulla potrà più essere come prima. Si tratta di una vera penna? Da dove viene questo oggetto? Perché si trova nel salone? Le prime comprensibili domande ricevono risposte che non tarderanno a divenire spiegazioni paradossali. Si tratta di un segno divino, ma che parla solamente a colui il quale riesce a carpirne i significati nascosti. In altre parole, solo colui che riuscirà a utilizzare questo evento a proprio vantaggio renderà effettivo il potere di liberazione e di novità dell’oggetto misterioso. E, in effetti, il pater familias oppresso dalla vita matrimoniale maneggia l’evento in modo tale che il mistero diviene uno squarcio di luce, una possibilità, condivisa perfino dalla famiglia stessa, di andarsene. La “chiamata” del divino non è arrivata ma, nonostante ciò, essa possiede un’effettività ineccepibile.

Jean-Michel Ribes ha ideato una pièce teatrale di pura commedia frammentata in otto brevi scene. Piccole storie che giocano sul contradditorio, sulla follia e sulla capacità di giocare con le parole. Come quella di Jacques, il fratello un po’ «con» del grande scrittore André Lamothe,che ha finalmente raggiunto il suo obiettivo: diventare più intelligente del primogenito. È stato un lavoro lungo e complicato, che ha richiesto mesi di studio non solo nozionistico, ma anche riguardo agli aspetti vitali dell’umano, come i sentimenti e le emozioni. Qui non è questione di dimostrare chi abbia ottenuto il miglior risultato con il test per misurare il QI. No, qui è questione di provare l’ebbrezza della ragione. E ci si sente intelligenti, più intelligenti di qualcuno, quasi per un bisogno. Jacques ha finalmente preso la rivincita nei confronti del fratello preferito dai genitori. Questa scoperta deve essere annunciata al mondo, iniziando proprio dalla madre e dal padre. Ma come reagiranno quando verranno a sapere che il figlio prediletto è diventato meno intelligente di «concon»? No, meglio non scioccarli con una notizia del genere. Myriam, l’ex di Jacques, pare essere l’eletta a conoscere la nuova verità. Ma André, che è il nuovo marito di Myriam, fa riflettere ancora una volta il fratello: «Come reagirà quando si renderà conto di aver lasciato il fratello intelligente per sposare quello meno sagace?». Mosso a compassione e convinto dalla logica ferrea dello scrittore, Jacques decide quindi di non svelare la novità a nessuno. L’intelligenza non deve mostrarsi. Il segreto rimarrà tale e il mondo perderà qualche cosa. Forse.

Théâtre sans animaux presenta delle finestre aperte su noi stessi e sull’abilità a manipolare le menti attraverso dei piccoli spostamenti lessicali. Il linguaggio terremota la ragione, la logica verbale batte i sentimenti, le sicurezze. Jean-Claude non può pronunciare un semplice «Bravo» a Simone, l’interprete del Fedro di Racine, e Monique è un nome che non ha alcun senso, anche se la ragazza ha sempre creduto di chiamarsi così. La dimenticanza, da parte del padre, del vero nome della presunta Monique, permette alla giovane ragazza un’esperienza trascendentale: l’apertura del senso. La vita è trascorsa tranquillamente fino a questo momento (questo l’assunto da cui partono tutte le situazioni immaginate da Ribes), ma un fatto totalmente irrazionale permette ai protagonisti una riflessione totalizzante sulla propria esperienza e sul senso della vita (anche se qui ci situiamo in una posizione molto lontana dalla comicità dei Monty Python). Che cosa spinge gli umani a fare ciò che fanno? Qual è la forza che li motiva? Il mistero deve essere chiarito in maniera filosofica e, ovviamente, da mezzogiorno alle tre dal barbiere. Sembrano qui riecheggiare alcune riflessioni di uno dei più grandi filosofi del XX secolo: Jean-Baptiste Botul. Il botulismo è una corrente filosofica, ma anche una malattia infettiva che porta alla morte. E il padre di questa filosofia avrebbe certamente amato assistere a questo spettacolo. Se solo fosse veramente esistito.

Lo spettacolo teatrale si chiude con una visita al museo, segnata da una domanda che propone un’annosa questione: perché non si dipingono più carpe? Una boutade? Forse, ma certo è che quando l’uomo non era ancora uomo, quando tutti noi eravamo ancora delle creature marine simili ai pesci, eravamo di certo più felici e avevamo meno preoccupazioni di oggi. Forse è meglio tornare a quello stadio dell’evoluzione, risalire alle fonti della storia del mondo animale per ritrovare quello che oggi, tanto nell’arte quanto nella vita, non è più presente: la felicità.

E, allora, ritorniamo pesci, torniamo a nuotare. Come i cinque attori in chiusura della pièce.

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Foto di Giovanni Cittadini Cesi

Le Théâtre des Célestins de Lyon propose une des pièces les plus connues de Jean-Michel Ribes, Théâtre sans animaux : huit saynètes amusantes et sardoniques sur l’absurdité qui s’installe au cœur du quotidien. Grâce à une écriture intelligente et fine, la pièce se déroule avec simplicité, rendant encore plus flagrante la surprise de la situation finale. Les glissements verbaux amènent tant au paradoxe qu’au questionnement sur le sens de la vie : et si la vie est à la limite extrême de la folie, il nous faut remonter aux sources de l’évolution. Dans la mer.

Lo spettacolo continua:
Grande Salle – Célestins, Théâtre de Lyon
4, rue Charles Dullin – Lione (Francia)
fino a mercoledì 13 novembre
orari: da martedì a sabato ore 20.00, domenica ore 16.00 (lunedì riposo)

Il Théâtre du Rond-Point / Le Rond-Point des tournées presentano
Théâtre sans animaux
di Jean-Michel Ribes
testi e messa in scena Jean-Michel Ribes
con Caroline Arrouas, Annie Grégorio, Philippe Magnan, Christian Pereira, Marcel Philippot
coreografia Pierre Rigal
scenografia Audrey Vuong
luci Laurent Béal
musiche Reinhardt Wagner
video Thierry Coduys, Johan Lescure
costumi Juliette Chanaud
assistente alla messa in scena Virginie Ferrere
assistente alla scenografia Simon Stehlé