Viaggio nell’estetica italiana: dal nudo alle maschere

teatro-ringhiera-milano-80x80To this purpose only, ovvero un’esplosione estetica di corpi e immagini da esperire con tutti i sensi, portata in scena dal 13 al 15 dicembre al Teatro Ringhiera, all’interno della stagione Favole italiane.

To this purpose only, vincitore del progetto regionale Teatri del tempo presente, è fin dall’origine uno scontro, una fusione tra uno sguardo extraterritoriale, quello del duo berlinese Metanicola, composto da Matan Zamir e Nicola Mascia, e quello tutto italiano della Fattoria Vittadini.

È il ritratto di un’Italia guardata da fuori e da dentro, scandagliata e fotografata, attraverso immagini che ne esaltano la storia e la ricchezza culturale, prima, e la deriva consumistica, poi.

Nella prima parte dello spettacolo, i sei performers, tre uomini e tre donne, danzano nudi, riempiendo la scena con la plasticità dei loro corpi e la fluidità dei loro movimenti. Quello che si vede sul palco è uno scorcio del glorioso passato italiano, quello in cui l’arte e la cultura rappresentavano la peculiarità italica, l’orgoglio del Bel paese.

I danzatori creano con i loro stessi corpi delle formazioni scultoree che rimandano all’arte classica: i corpi gli uomini, con pose alla David di Michelangelo, si intersecano con quelli delle donne, che sbocciano sulla scena come nella Nascita di Venere di Botticelli, dando vita a un susseguirsi di quadri viventi.

I loro corpi sono i corpi vivi e pulsanti della chair merlaeupontiana: sono Leib e non Körper, sono pura vita che crea chiasmatiche connessioni tra soggetto e mondo, in una dinamica di reversibilità che i movimenti di questi ballerini mettono magistralmente in luce, mentre il suono del vento in sottofondo non fa che aumentare il pathos incarnato dalle loro movenze.

Ed ecco che sulle note di Rota, del celebre Amarcord felliniano, si ha un cambio di scena. L’abbondanza classica si svuota con l’accoltellamento di uno dei David e il sangue che scorre lungo il suo corpo percorre una nudità da coprire. Il ricordo “amarcordiano” del glorioso passato svanisce, mentre i danzatori, abbandonate le pose plastiche, corrono a riprendere vestiti e identità.

È il trionfo del consumismo, che riempie la scena dei più svariati marchi, clichés dell’italianità: dalla pasta Barilla, brandita da una luccicante e iper sorridente desperate housewive, allo spumante che presagisce i brindisi stucchevoli delle imminenti festività natalizie, fino all’immancabile e italianissima moka di caffè. Il tutto scandito da movimenti frenetici, paillettes e continui cambi di costume che avvengono a lato della scena, per concludersi con un’ironica e divertente immagine di una pseudo madonna del consumismo che ascende verso il cielo, adorna di tutto ciò che la post-modernità le ha offerto.

Se l’estetica dell’arte e del bello della prima parte dello spettacolo si è trasformata, nella seconda, in un’accozzaglia di marchi commerciali, di sorrisi stucchevoli e di movenze più volgari che sensuali, la terza parte è una sorta di “lamella” lacaniana: qualcosa di non-morto che resiste, una sorta di freudiano ritorno del rimosso.

L’atmosfera si fa cupa e inquietante. Nessun oggetto sfarzoso è rimasto sulla scena e l’unico elemento visivo, che separa e unisce il pubblico da quei David che sono ora preti e quelle Veneri nei panni di clown grotteschi, è una spessa coltre di nebbia. Incensi e musiche da setta satanica fanno il resto, creando un senso di angoscia che coinvolge tutti i sensi.

È un clima surreale, dove le bocche dei preti sono tappate da assorbenti insanguinati e i clown si muovono in maniera sconnessa, puntando sugli uomini, su di sé e sul pubblico delle pile la cui luce fende la nebbia.

È il trionfo del non-visto, dei non-luoghi, delle maschere che coprono volti, generi e nomi, nell’estremizzazione dell’accanimento consumistico a ricoprire di strati sempre più spessi l’originaria nudità umana.

Lo spettacolo si chiude con questa mistica surreale e inquietante, come a sottolineare la macabra deriva dell’universo “paillettato” del capitalismo consumista italiano, che dimentica arte e passato, alla volta di una stucchevolezza che non fa che produrre vuoto e nebbia.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno della rassegna “Favole italiane”
Teatro Ringhiera
Via Pietro Boifava 17 – Milano
dal 13 al 15 dicembre, ore 20.45

To this purpose only
di Nicola Mascia, Matan Zamir
con Mattia Agatiello, Chiara Ameglio, Cesare Benedetti, Noemi Bresciani, Pieradolfo Ciulli, Maura Di Vietri
disegno luci Nicola Mascia, Matan Zamir, Giulia Pastore
musica Mina, Nino Rota
direzione tecnica Giulia Pastori
produzione esecutiva Mattia Agatiello, Cesare Benedetti
assistenza attrezzeria e costumi Noemi Bresciani
sartoria Giulia Alvaro, Federica Tralongo
produzione Fattoria Vittadini (IT), matanicola (DE)
in coproduzione con NEXT/ Regione Lombardia e Danzarte. Con il sostegno del Goethe-Institut Mailand e il patrocinio del Comune di Milano.