Dopo sei anni torna al Sociale di Como la famosissima opera italiana, questa volta con la regia teatrale di Andrea Cigni, le raffinate scene di Dario Gessati e Yolanda Auyanet come voce e corpo di Violetta: tra sedie di plastica, maschere, eleganza, applausi e fischi, la sublime musica verdiana resta l’unica indiscussa protagonista. E il finale, inaspettatamente, è un exploit.

«Quando mi si chiede di descrivere Traviata in una sola parola io ho trovato quella che ancora oggi mi risuona in testa più forte: reale.». Parole di Andrea Cigni, regista di questa nuova messinscena lombarda della probabilmente più famosa  opera lirica italiana, che fa di  questo termine, reale, il punto di partenza per il suo allestimento. Reali sono i sentimenti, quindi, la gioia, la sofferenza, l’amore, la morte. Niente è melodrammatico, eccessivo, estetico; tutto deve trasmettere ciò che Violetta realmente prova. A partire dalla scena, «profondamente elegante e fortemente espressiva e al tempo stesso semplice, essenziale e simbolica», come lo stesso regista la descrive e come il pubblico può apprezzare fin dal primo atto: pareti bianche e spoglie, un lampadario rosso, costumi rossi e neri ad onorare con impeccabile raffinatezza ciò di cui sono simbolo, l’amore e la morte, motori impalpabili e terribili di tutta la disperata storia di Violetta. E soprattutto, presenti dal preludio agli applausi finali, le sedie. Sedie di plastica, trasparenti ma non per questo meno presenti, leggere ma incredibilmente ingombranti e incancellabili, quasi stranianti nel loro asettico materiale, a segnare con lo spazio che occupano sul palcoscenico le varie fasi della vicenda. Quando la folla delle superficiali amicizie di Violetta irrompe in scena, sono discretamente accostate alle pareti, come in attesa di essere prese, spostate, occupate, tutte, nella gioia e nell’esultanza del brindisi; ma quando poi «si ridesta in ciel l’aurora», le belle e semplici luci smettono di danzare a tempo di musica e Violetta rimane sola, le sedie, vuote, restano a ricordarle prepotentemente la sua solitudine, la natura effimera (e trasparente, quasi invisibile) dei suoi rapporti e dei suoi amori artificiali, di plastica. Mentre lei, tentando di ignorare il ricordo della sincera promessa d’amore di Alfredo, quasi corre per la stanza con il sorriso tirato della gioia obbligata, le sedie intorno a lei segnano, una per una, in un labirinto lucido, le assenze e le mancanze della sua vita, rendendo ancora più finto e patetico il suo tentativo di convincersi che le possa bastare «folleggiar di gioia in gioia». Nel secondo atto, in campagna, sono sempre le sedie, questa volta ribaltate e abbandonate, a mostrare che qualcosa è cambiato – molto più efficaci delle brutte proiezioni di nuvole sulle pareti e sulle colonne, che purtroppo falliscono ‘intenzione del regista di mostrare come «il salone della casa si apre, si spacca, respira, diventa cielo e giardino della casa di campagna, diventa natura, serenità». Nell’ultimo atto, ancora, le sedie, ammucchiate e coperte in attesa di essere portate via, comunicano più di ogni altra cosa la situazione di povertà, miseria e tristezza in cui la vita di Violetta sta volgendo al termine.

Molto simboliche ed espressive anche le maschere usate nella scena del ballo a casa di Flora, che da sfarzose e innocue diventano bianche e crudeli quando, alla fine del secondo atto e al termine dell’intera opera, prendono le sembianze di quelle inconfondibili usate dai medici ai tempi della peste, ora indossate dagli amici di Violetta per guardare lo spettacolo della sua malattia e morte tenendosi lontani, distaccati e nascosti.

Un’altra importante scelta del regista (che dichiara di voler utilizzare «un linguaggio nuovo, diretto, fresco, accessibile a tutti») è quella di rappresentare fisicamente in scena la morte, personificata e inequivocabile nella sua lunga veste nera; scelta sicuramente non tanto fondamentale quanto quella di mettere in scena una Traviata che abbia «una recitazione realmente teatrale, accurata, forte, che punta a coinvolgere lo spettatore dall’inizio e fino al tragico finale». Ed è infatti proprio il finale a risultare la parte più emozionante e meglio riuscita di tutto lo spettacolo; Violetta coi capelli sciolti e la veste nera (dopo essere passata per il rosso del primo atto e il verde del secondo), senza neanche un letto su cui riposare, assiste impotente al crudele sequestro di tutti i suoi averi e contemporaneamente al carnevale che gioioso esplode fuori dalla sua finestra, irraggiungibile, arrivando a commuovere sinceramene il pubblico anche grazie alla voce di Yolanda Auyanet, che finalmente ritrova l’abilità tecnica e la forza espressiva che sembrava aver accantonato negli atti precedenti.

Resta da dire che per quanto buona possa essere la regia, la forza e la vera bellezza della Traviata rimangono e rimarranno nell’incredibile perfezione della musica di Verdi, che dalla prima all’ultima nota incanta gli animi di chi ascolta.

In chiusura, una purtruppo necessaria e amara considerazione su una piccola – ma ahimè rumorosa – parte del pubblico comasco, che ha fischiato e chiamato “scempio” la puntualissima e comunicativa coreografia delle zingarelle e dei toreri: possibile che il tentativo di portare la modernità nell’opera lirica sia ancora oggi considerato uno scandalo?

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Sociale

via Bellini, 3 – Como

Traviata
musica di Giuseppe Verdi
libretto di Francesco Maria Piave (dal dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio)
interpreti: Yolanda Auyanet (Violetta), Marianna Vinci (Flora), Mila Pavlova (Annina), Jean-François Borras (Alfredo), Damiano Salerno (padre di Alfredo), Saverio Pugliese (Gastone), Mirko Quarello (il barone Douphol), Pasquale Amato (il marchese D’Obigny), Luciano Leoni (il dottor Grenvil), Alessandro Mondula (Giuseppe) e Marco Piretta (commissionario)
direttore Pietro Mianiti
regia Andrea Cigni
scene Dario Gessati
costumi Agnese Rabatti
light designer Fiammetta Baldiserri
coreografie Giovanni Di Cicco
maestro del coro Antonio Greco
coro AsLiCo del Circuito Lirico Lombardo
orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
coproduzione Teatri del Circuito Lirico Lombardo