Per sempre coinvolti

Per la prima volta la compagnia Transit Teatro sceglie di confrontarsi con il pubblico francese e chiede di ascoltare, nella piccola sala del teatro Les Déchargeurs, il suo racconto di verità e follia, intersecate fra le righe di Un errore umano.

Si tratta della storia di una donna, Lia (Serena Rispoli), internata nell’ospedale psichiatrico privato Notre Dame Miraculeuse de Lorette. Moglie inizialmente inconsapevole di un mafioso, con gli anni si rende conto della sua situazione, comincia a parlare, a fare domande. Questo basta perché il marito decida di sbarazzarsi di lei che ha scoperto la scomoda verità, lei che è umana e umanamente piena di dubbi e per questo rischia di intralciare gli ingranaggi silenziosi della mafia. Non la uccide, peggio: la fa passare per pazza. Del resto, è una scelta in linea con il mondo contemporaneo: se la storia ci ha insegnato che la censura e l’aperta opposizione (a un’idea, una scoperta, un’innovazione, una verità) rischia, schiacciandolo, di far esplodere più forte il pensiero pericoloso, la società democratica ci ha al contrario insegnato a lasciarlo parlare, quel pensiero – ma parlare al vento, mescolato a infinite altre parole – e intanto definirlo folle, togliergli peso e importanza, perché si perda e non venga ascoltato. Come Cassandra, Lia grida ma i suoi avvertimenti cadono nel vuoto, o addirittura fanno sorridere: siamo talmente bravi a difenderci dalla verità, talmente bene le sappiamo dare le vesti della pazzia, da poterla poi guardare con il sorriso sereno del distacco, sapendoci tanto protetti da non rischiare in alcun modo di essere toccati. Gli spunti, dunque, ci sono perché lo spettatore possa spingersi lontano in riflessioni e connessioni: ma lo spettacolo da solo non basta e sta a lui rimettere insieme i pezzi, dandosi il tempo di ripensarci a freddo. Le intenzioni e urgenze del regista potrebbero infatti scaturire con più forza e chiarezza da un testo che avrebbe bisogno di più pulizia e che non sempre lascia all’attrice lo spazio e il calore per abbandonarsi al personaggio.
Ad aprire la scena è Gigi Borruso, che impersona il direttore dell’ospedale ed è inizialmente seduto tra il pubblico. Riceve una telefonata e veniamo così a sapere che oggi, giorno di festa, le porte del centro sanitario saranno aperte alla città e che i pazienti hanno preparato uno spettacolo per l’occasione. Raggiunge il palco, dove troviamo Lia persa in un mantra disperato: «taccio, non faccio lo spettacolo, i bambini dormono, taccio»; non vuole partecipare, occupa la scena, impedisce le prove, sputa la sua rabbia condita di amara ironia. Lui cerca di ascoltarla e calmarla ma lei è persa nel proprio racconto, il racconto di un rapporto col marito fatto di silenzio – e quando il silenzio si è rotto le sono stati tolti liberà, figli e sanità mentale. Lui, come un marito esasperato, resta lontano, il contatto fisico serve solo a frenarla e farla tacere, lascia che le parole scorrano senza cassa di risonanza e spesso chiede alla regia di coprirle con la musica. Intanto prova il discorso che dovrà fare a breve, e indossa già il sorriso compiacente da sfoggiare in pubblico. Quando alla fine lo spettacolo avrà finalmente luogo, lo vedremo inginocchiato su una simbolica bara, con guanti e occhiali da sole a filtrare la realtà, e ci sembrerà lui il mafioso – mentre una Lia vestita da bianco angelo kitsch, canterà Let it be. Così il direttore dell’ospedale ricopre diversi ruoli, diverse facce di potere: il medico che definisce la pazzia, il marito che lascia sfogare la moglie senza permettere alcuno scambio, l’uomo di Stato, l’uomo di mafia. Tutto si sovrappone, noi come pubblico siamo portati a sospettare una connessione, una complicità, tra stato e mafia: ma non dimentichiamoci che, all’inizio dello spettacolo, quest’uomo dalle diverse sfaccettature era seduto tra noi. Vengono in mente le parole di de Andrè: «anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti».
Gigi Borruso vuole, con questo spettacolo, parlarci di una mafia che esiste ancora, ma nascosta sotto l’ala dello Stato e sapientemente confusa nel disordine. Racconta di Lia come esempio di tante donne che hanno rotto con le proprie famiglie e hanno denunciato ad alta voce i crimini di cui sono state vicine testimoni. Ma le loro grida coraggiose sono state definite follia fino forse a renderle folli davvero.
Nei suoi mille sproloqui, la protagonista racconta di quando da piccola scappava dalle lezioni di catechismo perché aveva paura di quell’atmosfera scura di peccato e pentimento – ma soprattutto, più ancora che dell’inferno, la terrorizzava il purgatorio: il luogo confuso dell’attesa, che immaginava pieno di terrificante silenzio. In effetti, se il dolore dell’inferno è netto, dichiarato e quindi ascoltabile e comprensibile, quello del purgatorio è diluito, sparso, e come tale non può risuonare, diventa silenzio: come le mille denunce a ogni forma di potere e abuso, che, democraticamente permesse, scorrono e si perdono senza conseguenze, subito dimenticate, come le urla di un folle. Lia, come un Amleto tacciato da tutti di follia, denuncia il marcio in Danimarca e come Amleto userà il teatro per smascherare omertà e ipocrisia: durante lo “spettacolo” racconterà ancora la sua storia, ora guardando negli occhi il pubblico per sempre coinvolto.

Pour la première fois, la compagnie Transit Teatro choisit de se confonter avec le public français et lui demande d’écouter, dans la petite salle du théâtre Les Déchargeurs, son récit de verité et de folie, coupées entre les lignes d’Un errore umano (Une erreur humaine).
Il s’agit de l’histoire d’une femme, Lia (Serena Rispoli) internée dans l’hopital psychiatrique privé Notre Dame Miraculeuse de Lorette. Femme – d’abord inconsciente – d’un mafieux, avec le temps elle se rend compte de sa situation: elle commence à parler, à poser des questions. Cela suffit pour que son mari décide de se débarasser d’elle, qui a découvert la verité, en la faisant passer pour folle.

Lo spettacolo continua:
Théâtre Les Déchargeurs
3, rue des Déchargeurs – Parigi
fino a sabato 12 aprile
orari: da martedì a sabato, ore 21.30

Il teatro Les Déchargeurs e Transit Teatro presentano
Un errore umano
testo e regia Gigi Borruso
con Gigi Borruso, Serena Rispoli