Utopia. L’isola che non c’è, forse è in Toscana

Nello splendido scenario del Castello di Sonnino arriva, per due serate, la carovana dell’Utopia del Buongusto, per offrire cene, teatro, cabaret e musica senza nemmeno i finanziamenti dell’Expo.

Il tormentone estivo di qualche anno fa, Tropicana del Gruppo Italiano, introduce il racconto musical-tragicomico di un equipaggio che – da un bastimento all’ancora da otto anni, confinato in porto dai moderni sistemi di trasporto merci – guarda con invidia e una punta di giusto snobismo un gruppo di olandesi su una lussuosa nave da crociera.

Il monologo introduttivo di Marinati 43, davvero riuscito e divertente, ci illustra le meraviglie del viaggio organizzato e della sclerotizzata e sclerotizzante crociera da manuale. Il capitano, in divisa bianca e cappello quasi da chef, illustra con prosopopea le innumerevoli mirabilie che il transatlantico è in grado di mettere a disposizione dei passeggeri. I locali, che peraltro offrono menu standard (tipo, la stessa spremuta di pompelmo che si può sorbire, però, in una quarantina di bar diversi), sono una miriade come le attività ludiche che si possono intraprendere. La tempistica è rigorosa, e se per mangiare un hamburger si possono concedere due ore, per ammirare una cattedrale bastano ovviamente cinque minuti. In questo bailamme, si celebrano riti moderni privi di contenuto ma che occupano, svuotandola, la mente. Alla sera si cena al tavolo del comandante in abito lungo perché fa très chic, e lo spettacolo è così “basso, che lo possono capire tutti”. Le mete si ammonticchiano a un ritmo forsennato perché non conta l’esperienza in sé, non conta capire dove ci si trovi e come viva, mangi o cosa pensi davvero un popolo; contano le foto che testimonieranno che in quel luogo si è andati davvero – anche se non si sa perché.

Ma noi, per fortuna, non siamo destinati a rivivere gli orrori della crociera e, sbarcati, ci ritroviamo all’ancora con i tre marinai costretti a terra, che soffrono di nostalgia per i mari – veri e sognati – e le immaginifiche possibilità di conoscenza del viaggio inteso come avventura e spazio da conquistare. Momenti irripetibili si succedono ad amori coltivati nei modi più impensati (come mettere una mano in un secchio pensando alla beneamata che, forse, sta facendo lo stesso, “perché l’acqua ci terrà uniti”). Più che l’invidia per ciò che riservano i nuovi viaggi – catalogati, predefiniti, contingentati – si freme per ciò che si è perduto. L’isolamento, anche sensoriale, che attanaglia e separa da coloro che hanno ancora un lavoro e un posto nella società. Questi tre esseri invisibili sono ormai dei fantasmi, che non possono nemmeno essere toccati – come paria, fuori casta o barboni – ma che tentano in tutti i modi di superare le barriere invisibili ma tangibili che separano i produttivi dagli emarginati, nella nostra società del benessere e del consumo. Le stesse barriere che sono erette per escludere ed esiliare popolazioni che hanno abbandonato, per motivi economici o perché perseguitati da guerre e dittature, il loro Paese, rincorrendo il miraggio di un mondo migliore. Quello stesso sventolato da un capitalismo vorace, che si fregiava di essere libero e di volere l’abbattimento dei muri ma solo per erigerne altri più moderni ed escludenti.

Il racconto, spezzettato tra momenti divertenti di cabaret e monologhi più poetici e drammatici, narra di solitudini, mancanza d’amore, desideri inappagati, voglia di essere protagonisti della propria vita, viaggi da romanzo, giramondo sognatori. Le canzoni dei Gatti Mézzi introducono e fanno da intermezzo ai vari quadri. Vi si raccontano la vita quotidiana, la preparazione del caciucco, incontri e desideri – tra il serio e il faceto, come in un piano bar. Le sonorità avvolgono piacevolmente così come la brezza marina.

E… maledetti olandesi! Ora si riparte. Tutti pronti, ma…

Al di là dello spettacolo godibilissimo sotto un cielo stellato, nel giardino del Castello Sonnino – direttamente a picco sulle acque calme del Tirreno – vanno spese due parole per l’intera iniziativa di Guascone Teatro che – in tempi in cui si danno fondi al teatro di botteghino se presentato da un ex Stabile – non riceve quasi alcun finanziamento pubblico, nonostante la sua capacità di essersi radicata nel territorio e di rispondere a diverse esigenze del pubblico.

Innanzitutto, è un piacere sapere che anche nel periodo estivo si può andare a teatro, all’aperto, offrendosi anche una cena semplice (se si vuole, dato che la consumazione non è obbligatoria), a prezzi oseremmo dire “politici”. E, soprattutto, che questa iniziativa ha il merito di unire il cabaret, decisamente più popolare ma non per questo di serie B, a un teatro che sposa felicemente il genere commedia con la ricerca e l’innovazione. Uscendo dai soliti, desueti schemi mentali italioti, che pongono la tragedia su un gradino più alto rispetto alla commedia (non è un caso che, nel Regno Unito, dove queste categorie sono azzerate, forse si apprezzi di più lo Shakespeare di Sogno di una notte di mezz’estate che non quello di Enrico V o Timone d’Atene), grazie a Utopia si potranno rivedere a fine stagione estiva, La famiglia Campione firmato da Gli Omini (il 29 agosto a Montevarchi), Piccoli Suicidi in Ottava Rima di e con I Sacchi di Sabbia (il 12 settembre a Palaia), e Homo Ridens di Teatro Sotterraneo (il 17 ottobre a Bientina).

Utopia ha il merito di fare uscire le persone di casa, farle riunire, discutere di teatro, avvicinarle magari anche a Compagnie giovani che, in questi anni, hanno saputo unire una spiccata verve comica con grandi qualità tecniche, creatività e intelligenza. Con piacere abbiamo incontrato una coppia di spettatori che non solamente hanno preso a seguire diversi appuntamenti della rassegna, ma che si sono appassionati tanto da voler leggere perfino le recensioni. In breve, forse sarebbe il caso che i politici e i membri di commissioni e giurie cominciassero a uscire dalle stanze del potere, finendola con il distribuire i finanziamenti in base a pezzi di carta e numeri, e ricominciassero a frequentare i teatri piccoli, le cantine, gli spazi off e anche quelli all’aperto, vedendo con i loro occhi quanta effervescenza ribolle in Toscana.

Gli spettacoli continuano:
varie location, Toscana

fino a sabato 24 ottobre

Utopia del Buongusto
direzione artistica Andrea Kaemmerle
organizzazione Adelaide Vitolo
ufficio stampa Fabrizio Calabrese
comunicazione Fabrizio Liberati
allestimenti Francesco Bianchi, Marco Fiorentini, Fabrizio Liberati, Giovanni Berti ed Ernesto Fontanella
www.guasconeteatro.it