Essere-esseri umani

teatro-ringhiera-milano-80x80Una sfilata di Variabili Umane, di storie, di identità, di trasformazioni, in scena sul palco del Teatro Ringhiera, messo in scena dalla Compagnia Atopos, progetto diretto da Marcela Serli, da un’idea di Irene Serini.

Vincitore del Premio Tuttoteatro.com alle Arti Sceniche Dante Cappelletti 2010, il lavoro dell’Atopos si presenta come una summa delle finalità, artistiche e concettuali, della Compagnia: tenere aperto il discorso sulla sessualità, declinata in tutte le sue forme, parlando d’amore e di trasformazioni.

Il nome stesso della Compagnia lo sottolinea, riprendendo una frase dai Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes: “L’altro che io amo e che mi affascina è atopos. Io non posso classificarlo poiché egli è precisamente l’unico, l’immagine irripetibile che corrisponde miracolosamente alla specialità del mio desiderio. È la figura della mia verità; esso non può essere fissato in alcun stereotipo”. Nessun topos, dunque, nessuna classificazione, ma anche nessun luogo, nessun muro da costruire per separare un al di qua da un al di là, un confine tra la cosiddetta “normalità” e ciò che il senso comune è solito porre come “altro”.

Sul palco salgono e si presentano una molteplicità di “variabili umane”, attori e non, raccontandosi al pubblico, mettendo a nudo le proprie vite e le proprie storie. Consulenti aziendali, ispettori di polizia, un’ex prostituta divenuta consulente di una Onlus. Ognuno scandisce il proprio nome, come a sottolineare un’identità conquistata, scavata, sofferta. Ognuno rappresenta un percorso, una trasformazione che porta da una definizione imposta dall’esterno a una presa di coscienza di se stessi, un’assunzione della propria vera identità. Storie di rifiuti e accettazioni, di amore e rabbia, di desideri e mancanze si intersecano tra loro, raccolte da un microfono che passa di mano in mano, come un testimone. Il risultato è una sorta di quadro cubista, con pezzi di vite che si accatastano l’una sull’altra fino a formare un’immagine d’insieme, un tutto che è, gestalticamente, ben più della mera somma delle sue parti. Un tutto che, pur nella sua eterogeneità, pur con le sue infinite differenze, dà l’idea di come basti allargare un po’ lo sguardo per vedere come le singole differenze si tuffino nel grande mare interconnesso dell’umanità.

Identità e differenze si sovrappongono in questa sfilata di volti, di nomi, di sguardi, di desideri e risate, mentre due travestiti delle Nina’s Drag Queens improvvisano balli e stacchetti musicali, alleggerendo il peso di tematiche che rischierebbero altrimenti di diventare macigni.

Proiettate sullo sfondo, intanto, scorrono le definizioni, cercate in diretta su internet, con cui le variabili sessuali vengono descritte in rete. Gay, lesbica, transessuale, transgender sono termini che popolano le pagine enciclopediche alla Wikipedia, riducendo l’esistenza a una definizione, incasellando, etichettando in modo, molto spesso, superficiale.

Da qui emerge l’importanza del linguaggio, che sulla scena un danzatore ripete tra balli convulsi, implorando il suo corpo che si muove come indipendente dalla sua volontà di lasciargli dire che “le parole sono importanti”. Le parole sono atti performativi, che creano le cose di cui parlano, le rendono reali, tangibili. E non è un caso che la performatività degli atti linguistici abbia la stessa radice – perform, ovvero “eseguire” – della performance teatrale: sia sul palco che nel parlare si esegue un’azione, si compie ciò che si dice di fare, dando vita a una realtà concreta.

Lasciarsi definire dagli altri, permettere a una definizione di inquadrare un’esistenza in divenire in una forma prestabilita, significa, allora, diventare, a livello non soltanto teorico ma pratico e reale, parte di quella definizione, assumerla concretamente su di sé, diventando ciò che gli altri vogliono da noi.

Questo spettacolo è un invito a prestare attenzione alla dimensione linguistica, a inventare un nuovo linguaggio, che non miri a ricondurre le “variabili umane” a un’impossibile e limitante unità omologante, ma sappia abbracciare tutte le differenze, senza esclusioni.

È un invito a confrontare l’immagine che gli altri hanno di noi con quella che noi abbiamo di noi stessi e degli altri, senza mai dimenticare che, se per me l’altro è “altro”, per l’altro quell’“altro” sono io. Stranieri dentro noi stessi – “je est un autre”, ovvero “io è un altro”, scriveva Arthur Rimbaud – e, insieme, cittadini di un medesimo mondo, questo spettacolo ci ricorda che l’esistenza umana è un divenire prospettico e goethiano, un’interconnessione tra differenze che non separano, ma uniscono. O almeno dovrebbero.

Nella parte finale dello spettacolo le voci delle “variabili umane” intonano, all’unisono, la celebre canzone di Jimmy Fontana, Il mondo.
Così si chiude questo viaggio di esplorazione, trasformazione e testimonianza: “con gli amori appena nati, con gli amori già finiti, con la gioia e col dolore, della gente come me”.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Ringhiera
Via Pietro Boifava 17, Milano
Il 23 novembre, ore 20.45

Variabili Umane (scene d’ironico strazio, d’odio e d’amore, di..)
progetto e regia Marcela Serli
drammaturgia Marcela Serli, Davide Tolu
da un’idea di Irene Serini
con Irene Serini, Marta Pizzigallo, Antonia Monopoli, Laura Caruso, Matteo Manetti, Maxine Na’vì, Andrea Forzani, Noemi Bresciani, Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro, Sheina Pecchini, Cesare Benedetti, Marco Caserta, Gaia Saitta, Hervé Guerrisi
immagini Maddalena Fragnito, con la collaborazione di Renzo Francabandera
ricerca musicale Francesca Dal Cero
consulenza ai costumi Giada Masi
organizzazione Francesca Veltre