La speranza e l’orgoglio

Teatro della Pergola in collaborazione con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, chiudono la 75°edizione della rassegna con l’anteprima nazionale di Viviani Varietà, un omaggio – al limes tra mestizia e melancolia – a un’Italia che, nei bisogni e nelle aspettative, sembra purtroppo non cambiare mai.

È una sorta di vero storico di manzoniana memoria quello che Scaparro e Ranieri realizzano con Viviani Varietà.

Immaginando le prove di preparazione di uno spettacolo (poi veramente andato in scena) e attraverso una documentazione storica (in parte inedita) di scritti dello stesso Viviani curati dal nipote Giuliano Longone, la pièce, infatti, offre al pubblico testi e canzoni dell’omonimo protagonista a partire dall’episodio (reale) del viaggio che, da Napoli a Buenos Aires, nel 1929, ne portò la compagnia in America Latina per una lunga tournée.

La scenografia di Lorenzo Cutoli, che ricostruisce a mo’ di quartiere popolare il ponte della nave nel metaforico momento in cui stava per raggiungere l’equatore (aurora di un nuovo mondo che per gli emigranti italiani idealizzava la faticosa e coraggiosa ricerca di una vita migliore) è uno spazio scenico efficace nel restituire agli spettatori una sensazione di durata degli eventi (piuttosto che la loro dinamicità).

Al suo interno, interpretati da un ensemble di attori con sicuri margini di maggiore affiatamento (el’istrionica prova di Ernesto Lama da segnalare), vedremo i poliedrici personaggi disegnati da Scaparro incuriositi dalla canzone di apertura del proprio maestro e, di conseguenza, presentare i propri sketch alternando momenti comici e malinconici, divertimento e riflessione, ma sempre con la leggerezza tipica del varietà, fino a giungere al toccante epilogo di Malavita, quando il protagonista intona «lo sbaglio è l’uomo quando nasce […] che tutti gli altri errori ne sono solo la conseguenza».

Pur non sembrando nella serata migliore per resa vocale, Massimo Ranieri non ha tradito le alte aspettative del pubblico, garantendo padronanza ed esperienza sul palco e così mostrando di poter raccogliere, almeno dal punto di vista esecutivo e pop, l’eredità di Viviani, mentre la musica dal vivo elaborata da Pasquale Scialò, probabilmente la parte migliore della serata per la capacità di creare e seguire le atmosfere emotive di curiosità, gioia, orgoglio di chi ostinatamente rifiutava l’idea della deriva (e per questo sfidava la «stesa immensa ‘e nuvole […] mare, mare, mare»), unita alla naturale vis comica degli interpreti, ha saputo tenere alto e vivo l’interesse per tutte le due ore circa di rappresentazione, nonostante il dialetto partenopeo, giustamente attenuato nei momenti di dialogo, non fosse dei più semplici da seguire (dialetto, come riconosciuto dallo stesso Viviani/Ranieri con italica e metateatrale saudade, che a quel tempo venne tanto stremato dalla censura nazionalistica del fascismo e quanto minacciato dall’incombere del cinema hollywoodiano).

Ramingo per necessità (artistica) ma naturalmente legato alle proprie radici partenopee, compositore di teatro e musica, scanzonato interprete e profondo autore del nuovo genere teatrale nato alla fine del XIX secolo proprio a Napoli, il Viviani di Scaparro è stato scelto come spettacolo di chiusura del Maggio Musicale Fiorentino a testimonianza «della grande forza e del disperato ottimismo» di un popolo che non si arrendeva alle situazioni di difficoltà.

Centrata su una visione secolarizzata della storia (gli appelli al «Re dei cieli» di alcune canzoni sembrano legati più alla tradizione napoletana che a un reale sentimento di religiosità), la poetica «autenticamente socialista» (Pratolini) di Viviani esprime, infatti, l’intenzione di presentare la realtà semplicemente perché «c’era di mezzo», senza mostrare alcun cedimento alla tentazione di ripensarla liricamente o di evadere da essa.

Con perfetta aderenza al filo conduttore di questa edizione della rassegna, Scaparro presenta, dunque, la metafora di un viaggio inteso come occasione non di formazione, ma di riflessione sulla figura storica e ideale dell’italiano che nelle avversità mostrerebbe il meglio di sé, la cosiddetta arte di arrangiarsi. Quello che abbiamo ammirato in scena è stato, allora, uno spettacolo sulla peculiarità del nostrano modo di vivere, alle prese – ieri come oggi – con una situazione di crisi tanto dell’economia quanto delle correlate sovrastrutture spirituali dell’esistenza. Una situazione in cui la parola d’obbligo sembrerebbe essere la stessa, ossia rimboccarsi le maniche.

In un significativo ribaltamento di prospettiva, cantava Viviani, «’a terra promess è chella ca’ si lascia ppe necessità cu tanta nostalgia», non quella (l’America) «aro’ va a zapparè».

Spettacolo, purtroppo, di una attualità disarmante.

Foto di Gianluca Moggi
[nggallery id=60]

Lo spettacolo è andato in scena in Prima nazionale:
Teatro della Pergola
Firenze
sabato 9 giugno 2012, ore 20.45
domenica 10 giugno 2012, ore 15.45

Produzione Teatro della Pergola, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, in coproduzione con Gli Ipocriti:
Viviani Varietà
poesie, parole e musiche del Teatro di Varietà di Raffaele Viviani, messo in prova nel 1929 sul piroscafo Duilio in viaggio da Napoli a Buenos Aires
di Raffelere Viviani
testi a cura di Giuliano Longone Viviani
elaborazione musicale Pasquale Scialò
con Massimo Ranieri
regia Maurizio Scaparro
scene e costumi Lorenzo Cutùli
movimenti coreografici Franco Miseria
luci Valerio Peroni
con Roberto Bani, Ester Botta, Angela de Matteo, Ernesto Lama, Ivano Schiavi e Mario Zinno
orchestra: Massimiliano Rosati (chitarra), Flavio Mazzocchi (pianoforte), Mario Guarini (contrabbasso), Donato Sensini (fiati), Mario Zinno (batteria)