Odi et Amo. Marciare per vivere o vivere per marciare

28 battiti, uno spettacolo scritto e diretto da Roberto Scarpetti e interpretato da Giuseppe Sartori sulla passione per la marcia, sul doping che spesso ne deriva. Un testo avvincente e originale ancora in scena fino al 20 novembre al Teatro India.

Un atleta e la sua passione: la marcia.
Una vita dedicata a raggiungere gli obiettivi, a vincere e a diventare un Atleta con la A maiuscola. Una vita di sacrifici che portano alla soddisfazione personale e professionale, alla voglia di superare i propri limiti, il proprio corpo, le proprie forze. Liberamente tratto e ispirato alla storia di Alex Schwazer, 28 battiti riesce a entrare in maniera reale e viva nella quotidianità di un marciatore, ad analizzare in profondità i pensieri e l’inconscio di un atleta professionista, a farci capire perché si ricorre al doping, senza retorica e giudizio.

La vita del protagonista inizia alle 6.30 del mattino: pantaloncini, canottiera, felpa, scarpe da ginnastica… e via. Si parte per l’allenamento di tre ore nel semibuio dell’alba, per sentirsi l’unico essere umano vivo in mezzo all’asfalto della città, fino ad arrivare alle montagne, a sentirsi parte di esse, sentirsi parte del mondo correndo: «Marcio e non sento niente divento il mio corpo […] Divento quello che vedo, forse sono nato per questo, per diventare montagna».

È quel forse che attanaglia Giuseppe, l’ipotetico Alex Schwazer, l’ipotetico atleta che ricorre al doping per superare lo stress, per superare se stesso e per non sentire più nulla… per non fermarsi, per non deludere, per essere se stesso o più di se stesso.

Forse G. vorrebbe avere una vita normale, vorrebbe uscire la sera con gli amici, poter fare tardi senza il pensiero di svegliarsi presto, poter mangiare quello che vuole, poter viaggiare, stare senza pensieri, andare a ballare,avere una donna con cui dormire. Forse avrebbe voluto fare uno sport più di squadra, come il rugby, invece di trovarsi sempre solo, solo a correre, solo ad allenarsi, solo a viaggiare. Uniche compagnie sono il suo allenatore, le federazioni, gli sponsor, il fisioterapista, il padre pressante, e le fialette fredde che tiene da qualche tempo in frigo, acquistate in una farmacia dell’ Europa dell’Est. La sua vita è completamente risucchiata da orari da rispettare, esercizi da fare, regole da rispettare.

In un continuo sdoppiamento della personalità, in un continuo odi et amo per la marcia emerge un personaggio sfaccettato, vero, autentico, che sputa al pubblico tutti i suoi rancori, tutta la sua adrenalina, tutta la sua voglia di marciare e allo stesso tempo la sua voglia di vivere, e di farlo come tutti gli altri senza sentirsi un estraneo nella società.

Roberto Scarpetti infrange le regole e non affronta il doping in maniera giornalistica e scontata. Preferisce entrare nella mente e nel corpo di un possibile atleta, affrontandone il dolore e la voglia di vincere, i ricordi di infanzia e la speranza in un futuro diverso.

Le istallazioni video di Luca Brinchi e Daniele Spanò si integrano con la scena e non la invadono, aiutano lo spettatore a entrare maggiormente nel clima della storia.

Giuseppe Sartori adotta un’ interpretazione sincera, schietta, senza peli sulla lingua: non ci sono pause nel monologo, non c’è tempo, proprio come non ce n’è negli allenamenti per le olimpiadi. Un fiume di parole che – come nella corsa – non si fermano mai. Il personaggio ci dice a viso scoperto che vuole vivere e che lo vuole fare a modo suo, così decide di farsi scoprire: «Nel mio sangue ho trovato la forza, la fine della mia carriera, il mio riscatto».

L’attore unisce azione e interpretazione, corpo e parole, rabbia e amore. Parallelamente all’interpretazione manifesta attraverso il corpo tutte le sue tensioni: scalpita, corre, balla, si muove sul palco come una saetta impazzita, come se fosse intrappolato e succube del proprio corpo, stesso corpo che gli dà l’adrenalina e la motivazione per continuare a vivere, a sperare di poter marciare un domani: per sé e non per vincere.

Una prima nazionale, produzione Teatro di Roma, che colpisce a fondo, che ci ricorda che gli sportivi non sono solo muscoli ma anelano a una vita diversa e normale, proprio come la nostra. Un testo che fa riflettere sul senso della fama e della cronaca giornalistica sportiva che accusa senza analizzare, come in un processo.

Lo spettacolo continua
Teatro India

Lungotevere Vittorio Gassman, 1 Roma
fino al 20 novembre
ore 21.00

28 battiti
di Roberto Scarpetti
regia Roberto Scarpetti
con Giuseppe Sartori
video Luca Brinchi e Daniele Spanò
movimenti Marco Angelilli
assistente alla regia Elisabetta Carosio
Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale