Lo spazio bianco e un danzatore

Radhouane El Meddeb rende partecipi gli spettatori di Fabbrica Europa del suo dialogo con il padre morto, attraverso il suo racconto inscritto nei gesti.

Di questo parla il suo ultimo spettacolo – À mon père, une dernière danse et un premier baiser – presentato il 10 maggio a Firenze. Un tema molto toccante e suggestivo, come toccante e suggestiva è la presenza del danzatore in scena, al centro di uno spazio freddo, enorme, un riquadro bianco ritagliato nell’oscurità pece – con a lato, di un bianco lancinante, il cadavere di un animale morto, steso a terra, quasi invisibile all’occhio dello spettatore. 

In un angolo intravediamo un uomo di spalle, a torso scoperto, in tutta la sua fragilità apparente. Materialmente è lo spazio di Fabbrica Europa, metaforicamente stiamo entrando nell’inconscio di Radhouane che sogna di parlare al padre. A noi spettatori non spetta che restare seduti, sugli spalti metallici, aspettando con discrezione e quasi imbarazzo di entrare in quel luogo così intimo, che il coreografo ha deciso di rendere pubblico.
Si comincia, quindi, con un’infinita attesa che accada qualcosa. Radhouane se ne sta lì, fermo in un angolo, in questo luogo alquanto freddo – fisicamente e psicologicamente. Aspettiamo, aspettiamo e aspettiamo ancora, fino a quando il danzatore non comincia a oscillare la testa sempre più velocemente. Da questo momento prende avvio un lento spostamento nello spazio intessuto di movimenti lenti, ampi solo nella parte superiore del corpo.
I gesti e le pose puntano sulle braccia e sulla testa; i piedi sono intesi unicamente come mezzi per effettuare gli spostamenti. Noi, spettatori, non vediamo praticamente mai il danzatore di fronte, ma sempre di spalle, perché lui sta guardando il padre – che si troverebbe in un punto impreciso dall’altra parte rispetto alla gradinata. Radhouane parla, parla con il genitore – almeno così speriamo. Noi assistiamo solamente ad accenni di un qualcosa, che di tanto in tanto è accompagnato dalla musica. Una musica che non dà il ritmo alla coreografia ma, al contrario, è la coreografia a tessere la musica, grazie all’accensione e spegnimento automatico in determinati punti.
L’invito a entrare in questo strano mondo di relazione intima tra un padre e un figlio è stato un ottimo invito allo spettacolo, che ha creato molte aspettative, acuite dalla presentazione della scena sopra descritta. I movimenti ben studiati e precisi, spesso ripetitivi, sono stati un sollievo dopo gli attimi interminabili di silenzio e oscillazione del capo. Ma a un certo punto il pubblico, o parte di esso, si è perso nei meandri di quei gesti eseguiti con la parte superiore del corpo, perché l’ospite si è concentrato troppo su se stesso, dimenticandosi di aver chiesto a qualcuno di osservare (o compartecipare) ciò che stava accadendo.
Decisamente difficile seguire questo dialogo intimo che, pur nel rispetto della propria dimensione di intimità, era stato inteso per essere offerto a un pubblico – che, effettivamente, è stato poi ignorato. Gli spettatori si sono sentiti un po’ delusi, all’uscita, da uno spettacolo che sembrava affascinante e suggestivo sulla carta, ma che si è rivelato ripetitivo e assai poco comunicativo – pur apprezzando l’energia del danzatore.

Lo spettacolo è andato in scena:
Stazione Leopolda
viale Fratelli Rosselli – Firenze
giovedì 10 maggio, ore 21.30

À mon père, une dernière danse et un premier baiser
concept, coreografia e interpretazione Radhouane El Meddeb
collaboratore artistico Moustapha Ziane
scultura Malek Gnaoui
scenografia Annie Tolleter
disegno luci Xavier Lazarini
suono Olivier Renouf
costume Cidalia Da Costa
direzione tecnica Bruno Moinard
ingegnere del suono Christophe Zurfluh
organizzazione e produzione Bruno Viguier
diffusione e produzione Gerco de Vroeg
produzione La Compagnie de SOI
coproduzione Festival Montpellier Danse 2016, La Briqueterie Centre de Développement
Chorégraphique du Val de Marne à Vitry-sur-Seine, Pôle Sud – Centre de Développement
Chorégraphique de Strasbourg
con il sostegno del Centre National de la Danse à Pantin

Ph: Agathe Poupeney