«L’inferno sono gli altri»

Al teatro Oscar interpretazione da brivido di Annig Raimondi, Maria Eugenia D’Aquino e Riccardo Magherini per A porte chiuse, il testo scandalo di Jean-Paul Sartre.

Era il 1942 e un intellettuale nel senso più completo del termine scriveva un testo che parlava apertamente di omosessualità. Ma non solo: inventava uno stile – un teatro fatto di idee incarnate – in certo qual modo – dove i concetti prendono forma e si fanno persona che agisce sul palco, in continuo dialogo col pubblico (perché i testi di Sartre hanno la capacità di parlare agli spettatori e di rifletterne pensieri, luoghi comuni, grandi passioni e miseri scandali, con spregiudicata sincerità).

In un inferno dove le immagini dei tre protagonisti-dannati non possono riflettersi in alcuno specchio, ecco che i nostri occhi di spettatori diventano proprio quegli specchi – mentre sul palco infanticidio, crudeltà, desiderio e vigliaccheria si srotolano come peccati che, stranamente, sembrano così vicini, così mortalmente nostri di dead men walking (morti che camminano).

«L’inferno è il freddo» diceva Bernanos. «L’inferno sono gli altri» sembra replicare Sartre. Due distinte visione di uomini e intellettuali che antropologicamente – prima ancora che escatologicamente – hanno cercato di dare una spiegazione all’inferno che ognuno di noi si porta dentro.

Al teatro Oscar, tre attori di razza danno voce al teatro d’idee di Sartre perché anche noi possiamo confrontarci con le nostre paure di borghesi occidentali persi a noi stessi, alla deriva in una società che non sa nemmeno più distinguere i termini perché ha perso il senso di sé prima ancora delle parole. Un mondo dove si fa la guerra per portare la pace, mentre le bombe fioccano su un Paese lontano solo per il nostro immaginario culturale eurocentrico e la Francia è in guerra come allora – in quel lontano 1942, mai così vicino.
Unica piccola pecca in uno spettacolo oltremodo ben riuscito e godibile (dove i movimenti – studiati con cura dal regista – creano una serie di azioni che ritma lo svolgimento di un testo estremamente complesso), la mancanza di maggiori mezzi economici che avrebbe permesso di studiare una scenografia più concettuale, forse in grado di restituire anche a livello visivo i labirinti della mente nei quali, Sartre – con ferocia e grazia – sapeva inoltrarsi da maestro – per spogliare le nostre paure di quell’aurea, con la quale siamo molto abili a mascherarli agli occhi degli altri.

Lo spettacolo continua:
Teatro Oscar
via Lattanzio 58 – Milano
dall’1 al 19 febbraio 2012

in prima assoluta:
A porte chiuse (Huis Clos)
di Jean-Paul Sartre
traduzione Massimo Bontempelli
dramaturg Paolo Bignamini
regia Virginio Liberti
con Annig Raimondi (Ines), Maria Eugenia D’Aquino (Estelle), Riccardo Magherini (Garcin)
voce del Cameriere Antonio Rosti
disegno luci Fulvio Michelazzi
scene e costumi Horacio de Figueiredo
suono Tommaso Taddei
assistenti alla regia Roberta De Stefano e Carlo Decio
produzione PACTA . dei Teatri, ScenAperta Altomilanese Teatri, Gogmagog
con il sostegno della Fondazione Cariplo e il contributo della Regione Toscana – Sistema Regionale dello Spettacolo