Perdere e ritrovarsi

teatro-argot-studio-romaIn scena al Teatro Argot Studio l’adattamento di un testo firmato da David Harrower, prodigio terrible della drammaturgia contemporanea, in un ottimo allestimento di Giampiero Rappa che porta il marchio di qualità dello Stabile di Genova con Nicola Pannelli e Raffaella Tagliabue da applauso.

Presentato al Tron Theatre di Glasgow nell’aprile del 2011 e poi al Fringe Festival di Edimburgo, A Slow Air è approdato  l’anno dopo in Italia, attraverso l’interessante rassegna TREND – nuove frontiere della scena britannica al Teatro Belli di Roma. Harrower è un peso massimo delle emozioni che tiene la guardia sulle ginocchia e sceglie bene i tempi per scagliare un gancio dritto allo stomaco del pubblico anche quando, come in questo caso, il messaggio è positivo. Tuttavia, questo testo in particolare è stato sì apprezzato, ma con scarso entusiasmo da parte della stampa internazionale che aspettava famelica di bissare il tilt etico di BlackbirdIl termine composto slow-air (aria lenta) indica un motivo strumentale eseguito spesso da cornamusa o flauto celtico e derivante dalla tradizione sean-nós (stile antico), canti vocali gaelici. Benché il brano abbia un andamento lento, la tessitura melodica prevede come abbellimento una sequenza di note in rapida successione, come una raffica che giunge a scuotere quella stessa aria che prima appariva una sorta di riflessione meditativa a occhi chiusi, monotona, minore. La quotidianità delle nostre vite comuni. E soffia proprio su queste note, A Slow Air, raccontando in scena le vite di due fratelli che si ritrovano dopo quattordici anni di silenzio e recriminazioni reciproche, trascorsi tirando la carretta, Athol come imprenditore di una piccola ditta di piastrelle a Glasgow e sua sorella minore, Morna, come donna delle pulizie di appartamenti di lusso edimburghesi. Esperto piastrellista e colf, età matura, storie regolari tra mogli, amanti e figli, insomma la parte più divertente di un dramma con premesse tali sembra la porta per uscire dal teatro. Eppure come la raffica di note che intervengono nella partitura di un'”aria lenta”, i monologhi alternati di Athol e Morna increspano l’atmosfera e allo stesso tempo intrecciano il dolore al brio, la nostalgia all’accettazione, le ferite alla voglia di non arrendersi mai. La realtà, soprattutto nel passato, è quella di personalità influenti, capaci di stabilire il proprio potere e di determinare gli eventi. Ma sotto a questo strato, al di là delle persone note o dei grandi fatti storici (e qui viene citato l’attentato terroristico nell’aeroporto di Glasgow del 2007) sono coinvolte milioni di vite. Persone che possono apparire dei perdenti, e spesso si comportano (anzi ci comportiamo) come sopravvissuti, ma sono (siamo) anche portatori sani di storie e capita a volte che le loro scelte (le nostre) abbiano un carattere eroico, come decidere di tenere un figlio oppure trovare il coraggio o l’amore per perdonare. Se negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, dove l’opera è stata interpretata da due fratelli, A Slow Air non ha fatto pieno centro, in Italia acquista un afflato rinnovatore e incisività per merito soprattutto dei due attori in scena. Nicola Pannelli e Raffaella Tagliabue sono fermi, intrappolati dentro a due quadrati che li fanno sembrare fumetti tridimensionali, e parlano. Non è casuale. Il figlio di Morna, Joshua, ama disegnare, creare storie, e sarà proprio lui a ideare il plot per riunire i due fratelli, riempire quello spazio bianco carico di infinite possibilità tra una tavola e l’altra che lui chiama “la gabbia” (e che in originale è un meno poetico, ma più efficace, canale di scolo, the gutter)Pannelli e Tagliabue centrano la caratterizzazione dei personaggi e danno loro vita, trovando il giusto equilibrio nei toni, e riescono con la voce e i pochi movimenti ad avvincere il pubblico, con una storia che, in verità, è ordinaria amministrazione (di nuovo il plauso a una prosa teatrale di carattere narrativo per cui niente avviene in scena se non il racconto dei fatti, in una buona traduzione). Nonostante la visione sia avvenuta in uno spazio ridotto, gremito di un pubblico che evidentemente prova piacere fisico nel competere con gli attori quanto a presenzialismo, con risate addominali che fulminano il buio e abbigliamento che rende impossibile la comodità, A Slow Air non delude, anzi emoziona. E non è un fatto minore nemmeno questo.

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Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Argot Studio
via Natale del Grande, 27 – Roma
fino a domenica 23 febbraio
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 17.30 (lunedì riposo)
(durata 1 ora e un quarto circa senza intervallo)

Gloriababbi Teatro & Narramondo presentano
A Slow Air
di David Harrower
traduzione di Gianmaria Cervo, Francesco Salerno
regia Giampiero Rappa
con Nicola Pannelli, Raffaella Tagliabue
tecnico luci Mauro Buoninfante