Teatro ed entusiasmo chiudono l’ultima giornata di utopia a Calcata.

Riuscire a cambiare il mondo tout court non era, realisticamente, l’intenzione alla base di questa quinta edizione e, d’altronde, tre giorni erano un po’ troppo pochi per pensare di farlo. Tuttavia, pur nella sua brevità (determinata da cause di forza maggiore: dal sostegno parziale delle istituzioni alla cronica difficoltà nel reperimento delle risorse economiche), la durata di Ad Arte è stata sufficiente per continuare a dare convinta testimonianza della messa in atto di un processo – non solo estetico – attraverso il quale «sovvertire il sistema culturale nostrano che non offre il minimo spazio e il minimo sostegno necessari a chi continua ostinatamente a difendere la propria libertà espressiva contro l’omologazione del mercato main stream».

Se la ragione seminale di cinque anni or sono sta crescendo non scevra di alti e bassi nella sua programmazione, a rimanere costanti sembrano essere state virtù notevoli: da un lato, la personalità con cui il festival di Igor Mattei a Marina Biondi ha iniziato a farsi strada nell’intasata (spesso incoerente) stagione artistica estiva del nostro paese e, dall’altro, la tenacia di un percorso credibile e coeso nel perseguire il fondamentale «obiettivo di trasformare Calcata – altrove inespugnabile, isola di tufo che emerge dal mare verde del suo parco – […] in una roccaforte del teatro e del cinema emergente e indipendente e più in generale di tutta l’arte performativa Made in Italy».

La domenica si è aperta con Call now, un assolo di e con Sara Ercoli, divertissement di una donna innamorata in straziante attesa di una telefonata arrivata (purtroppo?) quando ormai sembrava tutto perduto. A seguire, l’apprezzatissima esecuzione di brani di musica popolare da parte di TerramMare Sound e L’Aquila nuova, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Massimo Sconci. Scenografia essenziale (una sedia, un peluche, un baule e stracci di carta), la sapiente gestione della narrazione tra imprevisti tecnici e imprevedibile coinvolgimento del pubblico, nonché tanta ironia priva di autocompiacimento hanno colorato di efficacia l’ennesimo punto di vista drammaturgico sulla tragedia del terremoto del 2009.  Il risultato è un racconto non lineare, un flusso di coscienza con cui l’attore aquilano ha saputo creare compartecipazione con il pubblico in un abbraccio carico di speranza rispetto al futuro di una città in macerie e lacerata nelle coscienze.

Poi, tre attesi ritorni: Marzia Ercolani, con Ancora – cronaca dell’andirivieni, embrione di uno spettacolo che verrà sul macrotema delle migrazioni e che, già in forma di lettura drammatizzata, ha lasciato percepire ritmo nella narrazione e sensibilità nella riflessione; la Compagnia #SIne NOmine, con Fabula vera da storia vera, testo tratto da Storie vere di Luciano di Samosata, interpretato da Roberto Di Sibbio e Sara Ragni e diretto da Giorgio Flamini, la cui ambiziosa restituzione, pur lontana dalla piena maturità recitativa, ha fatto intravedere –  tra la proprie sbavature – la sfida titanica di chi interpreta autenticamente il teatro come atto metamorfico e catartico; infine, Astra Lanz, con Camille, allestimento nel quale inquietudine, passionalità, conflittualità, scandalo sono emersi con una certa retorica, appesantiti dal manierismo con cui l’artista lombarda ha donato il proprio corpo, i propri nervi e le proprie parole a una donna tanto talentuosa, quanto tragica, e la cui esistenza, pesantemente afflitta dal disagio psichico, castrata da una madre possessiva e segnata dall’abbandono dell’amante e dalla morte del padre, si spense tragicamente tra le mura di un manicomio dopo un internamento ultra-decennale.

Sovra-strutturato sia nelle scene (panche e argilla inutili perché gestite con poca credibilità), sia nell’interpretazione, Camille rimane comunque un ricordo appassionato nel restituire quella personalità eccezionale e tormentata che fu Camille Claudel, un tempo celebre per esser stata artista amante di Auguste Rodin e di cui, solo dal 2017, è stata riconosciuta per intero l’enorme statura con l’inaugurazione di un museo a lei dedicato a Nogent-sur-Seine.

L’ultimo appuntamento a raccontare l’utopia è stato All’ombra di Ulisse, un «reading di fine estate» a cura di Graziano Piazza (in scena con Viola Graziosi). Un omaggio – straordinario dal punto di vista della composizione letteraria – al campione dell’umanesimo occidentale, quell’Ulisse del quale Piazza e la Graziosi, con bello stile e ottimo affiatamento, hanno ricostruito le gesta e il senso profondo di esploratore dell’animo umano in una superba sintesi di estratti da Joyce a Omero, da Walcott a Tabucchi, fino all’immancabile Konstantinos Kavafis.

Una lettura intellettualmente stimolante, a tratti emozionante e capace di ricordare quanto poco basti all’arte per essere autentica.

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno del Festival AD ARTE di Calcata
domenica 2 settembre
ore 11:30 – Piazzetta Porta Segreta
Call now
liberamente ispirato a Phone call di Dorothy Parker
di e con Sara Ercoli (durata 35′)

ore 12:00 – Piazza Umberto I
Musica popolare dal Sud Italia
a cura di TerramMare Sound
con Gennaro Corcella, Manuela Galizia, Nicola Mauro, Rosario Boccarossa, Gianluigi Esposito (durata 50′)

ore 17:00 – Itinerante
Fabula vera da storia vera
di Luciano di Samosata
regia e adattamento di Giorgio Flamini
con Roberto Di Sibbio e Sara Ragni (durata 35′)

ore 17:30 – Piazzetta Porta Segreta
L’Aquila nuova
di e con Massimo Sconci (durata 51′)

ore 19:00
Ancora – cronaca dell’andirivieni
di e con Marzia Ercolani (durata 20′)

ore 19:00
Camille
tratto dalle lettere di Camille Claudel
di e con Astra Lanz (durata 45′)

ore 20:00
All’ombra di Ulisse – reading di fine estate
a cura di Graziano Piazza
con Graziano Piazza e Viola Graziosi (durata 45′)