Torna l’Ensemble più temerario della scena musicale milanese, con una nuova proposta ai confini dell’insostenibilità.

La serata e’ dedicata a quel mostro di narcisismo e creatività che è stato Karlheinz Stockhausen.

Nel panorama un po’ sonnecchioso dei soliti pezzi stantii del melodramma, Sentieri selvaggi porta nella “capitale morale d’Italia”, come si usava dire, una ventata di freschezza e quello che si registra è la mancanza di tante iniziative analoghe e, soprattutto, di un radicale svecchiamento del repertorio degli altri teatri musicali, in primis La Scala.

Ieri sera, all’Elfo, abbiamo potuto ascoltare una breve carrellata della sterminata opera del compositore tedesco. Partendo dagli inizi, il primo brano a essere eseguito è stata la Sonatina in tre tempi, composta all’età di 22 anni, esempio della ricerca di Stockhausen, antecedente al passaggio alle nuove sperimentazioni musicali. Bisogna dire che, come per Van Gogh, i primi passi non facevano presagire il futuro artistico.

Il secondo pezzo, In Freundschaft (In amicizia), è stato scritto da Stockhausen per i suoi colleghi musicisti coi quali, contrariamente a quanto si pensa, intratteneva buoni rapporti, ed è un brano di polifonia orizzontale, che si può eseguire con qualsiasi strumento – ieri sera è stato prescelto il clarinetto – di facile ascolto ma di difficile comprensione, in quanto composto da brevi gruppi sonori staccati l’uno dall’altro che la mente dell’ascoltatore dovrebbe essere in grado di verticalizzare.

A seguire, Refrain, suonato da Boccadoro, Rebaudengo, e Dulbecco al vibrafono.

Ogni musicista, oltre allo strumento principale, aveva a disposizione delle percussioni che riproducevano sonorità orientali con riferimenti anche al Teatro Kabuki. L’esecuzione è stata davvero godibile con intervalli musicali che vanno quasi a spegnersi per poi riprendere, prima che il suono si trasformi in silenzio. Di questo pezzo è stato anche presentato lo spartito, formato da quattro fogli e che mostra visivamente il perché dell’esecuzione.

La cosa particolare è che la linearità dell’esecuzione stessa è interrotta da percussioni e vocalizzi, in base al posizionamento di una riga di plastica su una specie di pentagramma – che ne interrompe appunto la continuità.

Questo brano, oltre a introdurre alcune intuizioni di John Cage, è il primo esempio di uso dell’alea, cioè l’inserimento all’interno di un’esecuzione musicale di sezioni anche brevissime che possono essere eseguite in un ordine qualsiasi, a seconda della scelta del musicista. Dopo Vibra-Elufa, un assaggio del ciclo Luce o I sette giorni della settimana, iniziato nel ’77 e della durata complessiva di 29 ore, eseguita al vibrafono con rara maestria da Andrea Dulbecco, si è passati ad Amour, composizioni per flauto dedicate alle due mogli dell’autore.

Interessante la componente gestuale che ha caratterizzato la performance di Paola Fre. Infine, Tierkreis, originariamente un ciclo ispirato ai dodici segni zodiacali, collegati ad altrettante sorgenti sonore di carillon.

Successivamente, Stockhausen ha scritto dello stesso ciclo una partitura eseguibile da tutti gli strumenti musicali con tempi di esecuzione variabili. Nella serata sono stati proposti sei segni zodiacali con Carlo Boccadoro a dirigere l’Ensemble al completo. Complessivamente, un ottimo momento musicale, godibile in particolar modo quando si inserivano il violoncello di Aya Shimura e il violino di Piercarlo Sacco.

Del resto, le esecuzioni orchestrali sono quelle che più rendono la musicalità e la complessità delle opere di Stockhausen.

Nonostante la difficoltà indubbia dell’autore, interessati a divulgare e non solamente a intrattenere, Filippo Del Corno e Carlo Boccadoro hanno spiegato agli spettatori con semplicità e intelligenza i vari passaggi, fornendo al pubblico gli strumenti per apprezzare quanto hanno scelto di proporre.

Ma gli appuntamento non finiscono qui. Martedì 26 maggio, sempre all’Elfo, sarà la volta di Buona la prima, una serata dedicata a tre autori che proporranno delle prime assolute: Giovanni Mancuso, Carlo Boccadoro in collaborazione con Paolo Nori, e Ana Gnjatovic, giovane compositrice serba.

Il 9 giugno, invece, sul palcoscenico del Teatro i, Pomeriggio al Sud, la riproposta a distanza di 30 anni, di alcune partiture per pianoforte firmate da Franco Battiato agli inizi della propria carriera. E infine, domenica 14 giugno, grande serata conclusiva alla Triennale di Milano con una kermesse alla quale potranno partecipare tutti i musicisti, anche dilettanti, che vorranno accettare la sfida di eseguire collettivamente In C di Terry Riley.

Per aderire all’iniziativa, che si intitola Milano suona in do, basta saper leggere la musica, possedere uno strumento e inviare il proprio curriculum a mail@sentieriselvaggi.org entro il 30 maggio e… buona fortuna a tutti (spettatori compresi)!

In Amicizia
Karlheinz Stockhausen
Ensemble Sentieri selvaggi:
Paola Fre, flauto
Mirco Ghirardini, clarinetto
Andrea Dulbecco, vibrafono e percussioni
Andrea Rebaudengo, pianoforte
Piercarlo Sacco, violino
Aya Shimura, violoncello
Carlo Boccadoro, direzione
Filippo Del Corno, conduzione serata