Ritratti d’Autore

All’interno di Vogliamo Vivere! Punto di Fusione, la manifestazione milanese ospitata presso l’Areapergolesi e che unisce la mutlisettorialità artistica alla mezcla di culture, stili e idee innovative, Alejandro Angelica, danzatore e artista polivalente argentino, ha presentato il suo Tangopuro, del quale parla in esclusiva ai lettori di teatro.persinsala.it.

Ha messo a punto un sistema di insegnamento denominato Tangopuro. In cosa consiste?
Alejandro Angelica: «Una parte del metodo riguarda la tecnica e la ricerca. Prende spunto da altri stili di danza, come la danza contemporanea, e da discipline diverse quali il Tai Chi. È un metodo che punta l’attenzione sulle origini del tango e grazie al quale si lavora approfonditamente sull’improvvisazione e sulla relazione tra i partner».

Anche nello spettacolo Assenti per sempre (in scena all’Areapergolesi il primo weekend di dicembre, NdG) abbiamo assistito a un pezzo improvvisato?
A. A.: «Sì, la seconda uscita era improvvisata. Nella prima esibizione abbiamo costruito una coreografia perché abbiamo lavorato a contatto con la storia raccontata. Abbiamo messo in scena un tango spezzato dato che il protagonista non finisce di ballare con la sua partner rispecchiando così, nella danza, il rapporto narrato dall’attore in scena. Nella seconda esibizione, al contrario, abbiamo scelto di improvvisare proponendo un qualcosa che facciamo normalmente a lezione. Il secondo pezzo è volutamente diverso ogni sera: si sceglie una musica e sulla stessa si improvvisa».

Come si è evoluto negli ultimi anni l’approccio al tango in Italia e, in particolare, a Milano?
A. A.: «A Milano si è raggiunto un buon livello. Anche se in Italia ultimamente ci sono molte persone che si spacciano per maestri e si ha un proliferare di scuole. Per questo ho scritto un libro che si intitola Tangopuro. È un libro sostanzioso di 320 pagine con allegato un dvd. La prima parte tratta la storia della danza e il rapporto tra società, musicisti che suonavano per i ballerini e tango. Bisogna infatti sapere che il tango è stato un evento sociale e, negli anni 40, come tale è morto. In quel momento, infatti, ha preso a proliferare Piazzolla, che era totalmente estraneo all’universo sociale proprio del tango: anni in cui si è cominciato a fare tango creando coreografie. Oggi, al contrario, si cerca finalmente di recuperare lo stile autentico attraverso un’analisi di quello che fu l’aspetto sociale del tango: le orchestre di giovani hanno smesso di suonare Piazzolla e hanno ripreso a lavorare sui pezzi degli anni 40, l’epoca d’oro del tango».

Anche voi utilizzate la musica dal vivo?
A. A.: «Nella mia scuola a volte invito dei musicisti di Barcellona e facciamo lezione con loro per lavorare su caratteristiche musicali particolari. L’improvvisazione è fortemente legata alla musica e, per raggiungere un certo livello, è fondamentale usare delle caratteristiche musicali peculiari. Il tango non ha passi base, ma concetti di movimento che possono essere combinati in vari modi».

Mi ha detto in precedenza che il suo metodo, Tangopuro, è contaminato anche da altri tipi di danza. Cosa pensa delle coreografie di Ana María Stekelman e della fusione tra danza classica e tango?
A. A.: «Lei fa danza pseudo-contemporanea, e dal punto di vista del tango manca tutta la parte relativa alla relazione. I suoi ballerini seguono una coreografia ma non comunicano tra di loro: ognuno fa la sua parte e le varie parti sono poi unite l’una all’altra».

Ha parlato di relazione: come si esprime nel tango, dato che i ballerini si guardano di rado?
A. A.: «Ci si guarda poco, è vero, ma ci si guarda. Non è questo il genere di scambio, però, che serve per capirsi. La comunicazione è non verbale, passa attraverso il corpo: è il movimento stesso a creare relazioni tra i due ballerini, il corpo dell’uno deve avvolgere quello dell’altro».

La rassegna Vogliamo vivere! Punto di Fusione continua:
Areapergolesi
via G.B. Pergolesi, 8 – Milano

da martedì 27 a venerdì 30 dicembre
Un cuore allo zoo
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In Fieri + Video arte
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