Il linguaggio prezioso della Yourcenar chiude la rassegna Liberi Amori Possibili. Un successo di pubblico, disertato da critica e istituzioni.

Marguerite Yourcenar aveva una caratteristica forse più unica che rara: sapeva come nessun’altra donna dare voce alle passioni più inconfessabili degli uomini e li capiva con una sagacia e una dose di introspezione che raramente hanno dimostrato gli scrittori maschi nei confronti dell’animo femminile.

Il suo Alexis o il trattato della lotta vana, romanzo datato 1929, è la lettera che un giovane scrive alla moglie nel momento in cui decide di abbandonarla per spiegarle le ragioni della sua scelta, chiamandola a testimone della “lotta vana” che ha condotto contro la propria omosessualità. Di questo romanzo, lo spettacolo andato in scena ieri sera al Teatro Libero – a conclusione della IVa Rassegna di teatro omosessuale – riporta frammenti densi di simboli, immagini e preziosismi linguistici.

Un testo difficile da seguire perché pregno di significati e rimandi, come è consuetudine nella prosa di Yourcenar, e apprezzabile soprattutto quando il protagonista, Piergiuseppe di Tanno, lascia al fluire delle parole la capacità di ricreare mondi. Ottima, infatti, l’interpretazione – che a volte si perdeva, però, nella sovrapposizione di simboli. Su un palcoscenico arredato con due specchi e alcuni sacchetti trasparenti pieni d’acqua, infatti, il continuo manovrare i sacchetti da parte dell’attore – pensieri scacciati e insieme ricordi che finalmente trovano voce – distrae e sembra un po’ fine a se stesso.

Al contrario, la parola di Yourcenar con la sua immensa capacità evocativa avrebbe avuto bisogno di un procedere “a levare” – il semplice gioco con gli specchi sarebbe stato sufficiente – oppure, per facilitare lo spettatore, all’immagine evocata avrebbe dovuto corrispondere un’immagine sulla scena – magari attraverso una videoproiezione, dei giochi di ombre, dei cartelloni con disegni stilizzati o evocativi. Insomma, ciò che è mancata è stata l’aderenza del testo al gesto che diventa, per quanto bello e simbolico, fine a se stesso se non aiuta a far proseguire l’azione o a sottolineare l’enunciato.

Peccato, perché la prova attorale di Piergiuseppe di Tanno è giusto sottolineare, ancora una volta, che è stata apprezzabile – anche considerato il fatto che il malore di uno spettatore (al quale personalmente auguro di essersi nel frattempo ripreso) ha interrotto lo spettacolo per circa un quarto d’ora – e di Tanno ha dimostrato grande professionalità, riuscendo a concentrarsi nuovamente e a ricreare l’emozione in sé e nel pubblico.

Nel complesso, comunque, la Rassegna Liberi amori possibili si è dimostrata di buon livello, offrendo un panorama sfaccettato e vasto della produzione teatrale italiana sul tema dell’omosessualità.
Se qualcosa è mancato è una maggiore attenzione degli amanti del teatro, in generale. Molti dei miei colleghi in questi giorni hanno scritto che la comunità gay si è mobilitata. E molti si sono chiesti se questi uomini – omosessuali –  frequentino i teatri abitualmente. La mia risposta è: probabilmente sì. Per fortuna i triangoli rosa e neri sono scomparsi.

La vera domanda, però, è: dov’erano gli eterosessuali che solitamente frequentano il Teatro Libero e non solo? Dov’erano i critici e le istituzioni? Potrò sbagliarmi ma non ne ho visti molti in sala.
Sempre alcuni colleghi di Persinsala teatro (che è uno spazio di confronto civile sia con il nostro pubblico sia a livello di redazione – tra collaboratori) si sono posti domande sull’efficacia e il valore di una manifestazione che rischia di rimanere ghettizzata perché la risposta che riceve da parte della società in generale è quella dell’esclusione. Le domande aiutano tutti a crescere. In una comunità che spero possa ancora essere a due e non a una dimensione – per citare il caro, vecchio Marcuse – le domande sono indispensabili al dialogo e a privarci di quelle certezze assolute che ci rendono ottusi. Io non ho risposte ma penso, come si diceva una volta, che “chi non risica non rosica”. Almeno, per qualche giorno, una serie di tematiche ha conquistato la scena – è proprio il caso di dire.

E chiedo a mia volta: se in Italia c’è ancora chi pensa che preferisce “non avere a che fare” coi gay dato che viviamo in un Paese “libero”, cosa direbbe quella stessa persona se affermassi io, al contrario, che preferirei “non avere a che fare con gli etero”? Libertà o demenza?

IVa Rassegna di teatro omosessuale
Liberi amori possibili
Teatro Libero
via Savona 10 – Milano
www.teatrolibero.it
fino a martedì 11 maggio, ore 21.00
Imargini – Civitanova Marche:

Alexis o il trattato della lotta vana
di Marguerite Yourcenar
adattamento teatrale Alessandra Arcieri
regia Massimo di Michele
con Piergiuseppe di Tanno