La poesia in soffitta

È cominciato il 19 maggio, in collaborazione con la rassegna Teatri di Vetro, il raduno poetico-itinerante Amaro Ammore, fortemente incentrato sulla commistione di poesia e musica e che ha come fil rouge la ‘supplica d’amore’.

La rassegna, ideata nel 2010 dal cantante Canio Loguercio, e intitolata Maratona – Amaro fu l’amore radiosa la sua idea, è stata ospitata nel quartiere Garbatella, alla Villetta, un centro politico-culturale a pochi metri dal Teatro Palladium. Ogni sera, dalle 20.30 alle 23.30 cinque o sei rappresentanti esordienti, poco conosciuti o già noti nel circuito poetico romano e italiano, hanno dato voce ai propri versi a volte ironici, a volte passionali, ma anche disperati, tetri o romantici.

La sera del 25 maggio noi di Persinsala siamo andati a dare un’occhiata e abbiamo potuto gustare timbrica, colori e parole di cinque poeti dagli stili completamente differenti.

Peccato che a questi performer e al loro pubblico sia stata riservata per l’esibizione una stanza angusta, stretta, afosa e senza finestre. A dispetto dell’ampio spazio verde che circonda la Villetta e che avrebbe potuto costituire un ideale palcoscenico all’aperto, il reading poetico, ancora oggi una delle più gettonate forme di spettacolo culturale negli Stati Uniti, è stato lasciato in soffitta. Speriamo che le ragioni che hanno spinto i coordinatori a relegare artisti e spettatori in una stanza grande quanto un armadio siano davvero valide. Tuttavia la riflessione che sorge spontanea è che, talvolta, risultano chiare come il sole alcune delle cause che fanno sì che in Italia il pubblico di lettori e uditori di poesia risulti esiguo rispetto a quello di altri paesi.

A dare il via al reading è una giovane di Arezzo, la trentaduenne Sonia Cincinelli, che ha proposto agli uditori delle liriche in cui la supplica amorosa si rivela indissolubilmente intrecciata al fervore politico.

È poi la volta del ritmo cantilenante e delle atmosfere silvestri di Lucianna Argentino che, accompagnata dalla chitarra del venticinquenne Stefano Oliva, ha presentato dei versi in cui sono centrali i riferimenti alla natura, alla mitologia greca ma anche alle figure del sacro e della divinità che spesso si identificano con quella dell’amato, destinatario della supplica della poetessa. La Argentino interpreta le proprie liriche con un occhio di riguardo alle regole e ai princìpi della metrica latina, e la sua voce tende ritmicamente a rafforzare le sillabe finali del verso, evocando la progressione del distico elegiaco.

Dopo Lucianna Argentino lo scenario muta radicalmente con la comicità e la verve umoristica di Donatella Mei, attrice e autrice romana attiva da anni nel mondo del cabaret e della poesia performativa. Dopo aver presentato con ironia dirompente Giuseppe, la sua “dolce metà”, la Mei dimostra di essere una donna davvero fuori dal comune recitando la poesia intitolata Non te la do. È poi la volta di alcuni haiku esilaranti, caratterizzati da un’ironia sorprendente e un po’ sadica che ricorda lo stile adottato da un giovanissimo Stefano Benni nel 1981, nella sua raccolta di poesie Prima o poi l’amore arriva.

Dopo Donatella Mei è la volta di Marco Palladini, scrittore, critico, drammaturgo, performer e ideatore del primo rave poetico in Italia nel 1998. I versi dell’autore romano, oscuri, gravidi di citazioni e grati alla lezione della beat generation ma anche di fuoriclasse come Emilio Villa, Carlo Emilio Gadda ed Edoardo Cacciatore, evocano una figura ormai archetipica nell’immaginario collettivo, simbolo dell’amore rifiutato, banalizzato, deriso, messo da parte e poi eliminato. Ed è proprio la voce di Marilyn Monroe, o meglio quella di Norma Jean Baker, che in La vita non è elegante, silloge di Palladini pubblicata da Fermenti Editrice, sussurra e supplica di essere ascoltata nello struggente Non sono Marilyn. Recita poi componimenti inediti e il poemetto Muri d’amore.

A chiudere l’incontro sono i versi di Monica Martinelli, autrice di una poesia che, per sua stessa ammissione, nasce da una mancanza da colmare. È un amore sofferto quello raccontato dalla sua voce roca, un amore che vive di continue ferite, di voli e di schianti. La poetessa è accompagnata dall’arpa bardica di Cristiana Lauri mentre declama Stupro e L’ovvio limite.

Accompagnati dalle invocazioni di questi poeti, dagli stili così lontani e affascinanti, non ci resta che sperare in un ritorno della maratona Amaro Ammore. Questa volta – si spera – lontani dalle ‘soffitte’.

Lo spettacolo è andato in scena:
Villetta
via Francesco Passino, 26 – Roma (zona Garbatella)
fino a sabato 28 maggio, ore 21.30

Amaro Ammore. Amaro fu l’amore, radiosa la sua idea
Maratona poetico-itinerante