«Andrea Chènier: immagin d’un secolo incipriato e vano?»

Genova, martedì 12 aprile 2016. Ritorna dopo 7 anni sul palco del teatro genovese lo sfondo della Francia rivoluzionaria tra i nomi di Robespierre e Marat, tra aristocratici e cittadini, tra tribunali e prigioni. Debutta al Teatro Carlo Felice Andrea Chénier, dramma in quattro quadri di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica in questo allestimento con la regia storica di Lamberto Puggelli, ripresa egregiamente da Sandro Piro, con scene di Paolo Bregni e costumi di Luisa Spinatelli.

Francia, primavera 1789 e Francia, primavera 1794. Rivoluzione Francese e Regno del Terrore sono lo sfondo della vicenda dei due innamorati Maddalena di Coigny, bella e giovane aristocratica, e Andrea Chénier, artista e poeta d’amore accusato di scrivere contro la rivoluzione. A rendere impossibile questo amore un Tribunale Rivoluzionario ormai lontano dai valori di libertà, uguaglianza e fratellanza ma solo votato al terrore. Sono passati 120 anni dalla prima assoluta di Chénier quando il debutto assicurò la notorietà al giovane Giordano che portava sul palcoscenico un’opera che della rivoluzione mostrava principalmente i caratteri del Terrore.

Non possiamo sapere cosa provassero all’epoca gli spettatori alla vista di «quell’azzurro sofà», ma è certo che gli spettatori del Carlo Felice si sono trovati subito trasportati al 1789 nei meravigliosi salotti del castello di Coigny vicino a Parigi. Così si apre il primo quadro: Carlo Gérard (Baritono), interpretato da Alberto Gazale, domestico di casa Coigny denuncia la situazione di servo sua e di suo padre prima di lui. Nella casa si stanno svolgendo i preparativi per una grandiosa festa alla quale sono invitati plurimi membri della nobiltà parigina accolti dalla Contessa di Coigny (Mezzosoprano).

Tra le parrucche ingombranti, le livree e i vestiti bianchi risalta quello nero della Contessa e dell’Abate che da Parigi porta notizie sui grandi cambiamenti sociali e la nascita del Terzo Stato, ma soprattutto si distingue la bellissima Maddalena di Coigny (Soprano) interpretata da una grandiosa e precisissima Norma Fantini. Tra gli invitati ecco Andrea Chénier (Tenore), interpretato all’ultimo momento da uno strepitoso e incredibile Antonello Palombi.

Ecco l’incontro: il poeta “sfidato” da Maddalena le compone una poesia. Maddalena non resiste, ha appena conosciuto l’amore. Tutto il primo quadro è all’insegna della festosità tra costumi settecenteschi, gavotte, balletti e pastorelle che danno spettacolo in una bianca luce che caratterizza tutto il candido sentire comune interrotto dall’ingresso di «sua grandezza la miseria» fatta entrare da Gérard, il quale – dopo aver fatto accedere i poveri contadini e cittadini – si licenzia gettando la livrea e andando via dal palazzo. I nobili riprendono il loro danzare sino a scomparire sotto il palco e dietro il sipario.

Il secondo quadro ha per protagonista i cittadini tutti con il coro che canta tra bandiere tricolore e giovani strilloni che sventolano quotidiani rivoluzionari sino alla comparsa di Chénier che cerca una donna misteriosa firmataria di alcune lettere ricevute. Interviene dunque l’amico Roucher (Baritono), un ottimo Paolo Maria Orecchia, che invano tenta di dare lui un passaporto e una fuga dalla morte certa che lo attende in quanto poeta reazionario, ma è questo anche il quadro in cui Andrea incontra l’amata Maddalena e, per difenderla, ferisce Gérard.

Il terzo quadro è all’insegna del virtuosismo: grandioso Gazale (che addirittura propone un bis per il monologo Nemico della patria?!) e incredibile capacità interpretativa della Fantini che bene riesce a rappresentare una Maddalena in cerca di pietà per lei e l’amato. Ottima messa in scena del tribunale rivoluzionario che vede Andrea Chénier condannato dal giudice supremo e da una folla di cittadini.

Ma è forse nell’ultimo e breve quadro che i protagonisti raggiungono uno dei massimi livelli di virtuosismo musicale e recitativo. Andrea Chènier è in prigione, Maddalena lo raggiunge e si propone di morire al posto di un’altra donna rinnovando il giuramento d’amore fatto all’amato: «fino alla morte insiem! »

Chiusura dell’opera con i due amanti che salgono una scala verso il cielo o forse la libertà delle luci bianchi centrali che illuminano una carretta di Sanson.

Una messa in scena e una regia, quella di Salvo, che riprende la storica di Puggelli, allievo di Giorgio Strehler, in gran parte aderente alle originarie note di regia della Prima e rispettosa delle richieste storiche del librettista Illica. Luci e costumi rendono perfetta la messa in scena tradizionale ma più che adatta all’opera di Giordano.

Il coro è protagonista in quest’opera: il suo continuo apparire e la sua presenza dà ritmo, mentre la capacità del regista di gestire le masse tutte porta a perfetti risultati scenici.

Tutto l’apparato non vive senza la precisa direzione orchestrale di Giampaolo Bisanti, attento al libretto e profondo conoscitore della partitura che riesce a coglierne e ad evidenziarne gli elementi più specifici della composizione di Giordano.

«Nell’ora che si muore, eterni diveniamo! Morte! Infinito! Amore! Amore!».
Andrea Chènier, Quadro IV, Andrea e Maddalena

Lo spettacolo continua
Teatro Carlo Felice
Passo Eugenio Montale 4, Genova
dal 12 al 20 aprile 2016
Martedì 12 ore 20.30
Mercoledì 13 ore 15.30
Sabato 16 ore 15.30
Domenica 17 ore 20 30
Martedì 19 ore 20.30
Mercoledì 20 ore 20.30

Andrea Chénier
Opera lirica in quattro quadri di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica
regia Lamberto Puggelli – ripresa da Salvo Piro
direttore orchestra Giampaolo Bisanti
orchestra e coro Teatro Carlo Felice
con Antonello Palombi – Andrea Chénier
Alberto Gazale – Carlo Gerard
Norma Fantini – Maddalena di Coigny
Sofia Koberidze – Bersi
Elena Traversi – Contessa di Coigny
Alessandra Palomba – Madelon
Paolo Maria Orecchia – Roucher
Dario Giorgelè – Pierre Fléville
Roberto Maietta – Sanculotto Mathieu
Enrico Cossutta – Abate
scene Paolo Bregni
costumi Luisa Spinatelli
coreografo Giovanni Di Cicco