Ritratti d’autore. Il Festival di Radicondoli nei ricordi di Anna Giannelli

Nico Garrone è stato un critico acuto e uno scopritore di talenti come pochi. Ma al suo fianco, per tutta l’avventura di Radicondoli, c’era Anna Giannelli, a occuparsi dell’organizzazione e dell’ufficio stampa del Festival. Dopo la sua scomparsa, è stata proprio lei a voler istituire un Premio alla sua memoria. Quest’anno, però, non sarà più tra i membri della giuria, esautorata senza sapere da chi o perché. A lei la parola, per raccontarci i suoi 25 anni a Radicondoli; il dietro le quinte di un Festival che ha fatto storia; il lungo rapporto di amicizia e lavorativo con Garrone; e il perché oggi si senta profondamente delusa.

Quando e come nacque l’avventura di Radicondoli?
Anna Giannelli: «A essere sincera, abbastanza per caso. In quel periodo estivo avrei dovuto far parte dell’ufficio stampa della Versiliana, ma il lavoro saltò. Nel frattempo, per chiedere un’informazione, telefonai a Giancarlo Calamai, che era stato direttore artistico del Metastasio, il quale mi chiese di occuparmi dell’ufficio stampa di Radicondoli – dove, dall’anno precedente, si teneva una serie di concerti di musica polifonica. Era il 1987, e la rassegna musicale sarebbe stata integrata con alcuni spettacoli. Il 1° maggio, data che ricordo bene perché a Radicondoli la Festa dei Lavoratori si festeggia con una serie di iniziative musicali e culinarie, iniziò l’avventura».

Com’era il Festival di Radicondoli in quei primi anni? Ricorda qualche aneddoto?
A. G.: «Con Calamai ho collaborato per nove anni, tutti molto interessanti. Ma, curiosamente, non fu l’ottima qualità degli spettacoli bensì una notizia non vera a trasformare il Festival in un evento di portata nazionale. La notizia inesatta fu che la l’Accademia Chigiana di Siena avrebbe organizzato dei concerti nel Convento dell’Osservanza, nel cui chiostro Calamai predisponeva i concerti. Il Convento era una bellissima struttura del Cinquecento, abbandonata ormai dall’Ordine, e messa in vendita. La notizia vera era semplicemente che alcuni maestri dell’Accademia Chigiana avrebbero dato un paio di concerti gratuiti, all’interno della manifestazione, ospitati nel chiostro. Tutto accadde il primo anno in cui mi occupai dell’ufficio stampa. Organizzai la presentazione per la stampa a Siena, ma la notizia travisata rimbalzò, per coincidenze fortuite, fino alla Rai, che l’annunciò, durante il telegiornale della notte. Il mattino successivo, quando mi recai a Radicondoli, mi ritrovai in mezzo a un grande scompiglio. Dato che il Convento era in vendita, avevano telefonato dalla Svizzera – dove erano venuti a conoscenza dell’iniziativa e pensavano, forse, che l’Accademia Chigiana stesse per occupare i locali – per far saltare le trattative già avviate. Nonostante i tentativi per smentire la notizia, la vendita al momento fu sospesa. Il proprietario statunitense, però, la prese abbastanza bene e lasciò che il Festival fosse ospitato nel Convento per alcuni anni. Il fatto curioso, ma per noi fortunato, fu che la notizia ebbe un impatto così dirompente da arrivare sulle testate nazionali e, da quel momento, il nome Radicondoli divenne ben noto a tutti».

Quando arrivò Nico Garrone a Radicondoli?
A. G.: «Nico venne a vedere uno spettacolo a Radicondoli e vi arrivò inatteso. Lo vidi, sull’imbrunire, dalla finestra della casa consiliare del Comune. Scesi di corsa le scale e ricordo che, quando lo incontrai, mi disse di essere passato per curiosità. L’essere curioso, del resto, era una sua caratteristica. Lo spettacolo, purtroppo, non gli piacque, si arrabbiò perfino. Perché lui reagiva in questo modo, quando uno spettacolo non lo convinceva. Restò comunque a cena e si guardò intorno. Nel frattempo, il Festival era diventato una manifestazione abbastanza costosa, che ospitava spettacoli di danza, prosa, musica e conferenze. Quello fu anche l’ultimo anno di Calamai, che non se la sentiva di proseguire. A me dispiacque molto. Ma, nel frattempo, per sostenere l’iniziativa, si formò un’Associazione di cittadini, la Radicondoli Arte, che comprendeva Paolo Radi, Franco Gozzini, Baldo Baldi, e molti altri – tutti impegnati in prima persona. Ebbi accanto anche i sindaci, Ivo Bei e, poi, Ettore Barducci. Nel frattempo, si ribattezzò anche il Festival, che divenne Estate a Radicondoli. E nel 1996, senza Calamai ma già con la collaborazione di Nico, stilammo un programma interessante, che ebbe un bel riscontro e, dal 1997, Garrone divenne ufficialmente il direttore artistico del Festival».

Com’era Nico Garrone dietro le quinte?
A. G.: «Era una persona piacevolissima da ascoltare quando parlava di teatro o di arte. Era molto colto, dotato di una grande sensibilità. Come ho già detto, era anche curiosissimo. Controcorrente. D’altro canto, era una persona che tendeva a dimenticarsi le cose e non aveva senso pratico. Secondo me, aveva delle intuizioni straordinarie, che gli altri non sempre erano in grado di accogliere prontamente. Tra di noi c’era una profonda amicizia, oltre al rapporto di collaborazione. Però io sono una persona pratica e, a volte, questo mio modo di essere, indispensabile per l’organizzazione del Festival, penso mi facesse apparire fredda. Il che infastidiva Nico. Quando si preparava il programma, e uso il termine al plurale perché ero io che dovevo scrivere alle Compagnie, trattare sul prezzo, portare avanti le trattative – che poi passavo ai membri dell’Associazione – Nico non capiva il mio comportamento, perché risultavo forse troppo rigida o persino un po’ scorbutica».

In tanti anni avrà visto molti spettacoli interessanti. Qualche ricordo in particolare?
A. G.: «Uno su tutti. A-Ronne, su testi di Edoardo Sanguineti, con le musiche di Luciano Berio e i pupazzi di Amy Luckenbach. Uno spettacolo che mi è rimasto nel cuore. Poi, purtroppo, a uno a uno, sono morti tutti coloro che lo idearono. Quell’esperienza resterà unica e, per me, straordinaria. Ricordo anche con molto piacere il 2001, l’anno dedicato ai comici toscani, che portò alla pubblicazione di un piccolo volume, Ahi ahi i figliol di troia non muoian mai, e alla premiazione di Radicondoli, da parte della giuria del Petrolini, quale miglior Festival estivo italiano. E nel 2006, per i vent’anni del Festival, Racconti solo racconti di Ugo Chiti con gli attori di Arca Azzurra, che erano ormai di casa a Radicondoli».

Radicondoli ha anche lanciato molte Compagnie che, negli anni, sono diventate famose. Ne ricorda qualcuna?
A. G.: «Nico era molto curioso riguardo alle novità e aveva battezzato alcuni protagonisti di quegli anni la non-scuola romana. Gli artisti emergenti che ne facevano parte erano Lucia Calamaro, Andrea Cosentino, Mirko Feliziani e Daniele Timpano. Tra quelli già affermati, segnalava Massimiliano Civica ed Eleonora Danco. I.C.C.P. (iconoclasti comici concettuali poeti) fu il titolo del Festival che dedicò a questi artisti, e fu anche l’ultimo che diresse, nel 2008. Ricordo che fu un grande successo, nonostante si fosse puntato su degli emergenti».

Dopo la morte di Nico Garrone, come le venne l’idea di istituire un Premio alla sua memoria?
A. G.: «Sentivo il bisogno di ricordare Nico. La prima edizione di Radicondoli senza di lui, nel 2009, fu intitolata proprio Amico Nico. Me ne occupai personalmente, con il supporto dell’Associazione, perché non c’era direttore artistico e pensammo di invitare tutte quelle Compagnie che erano state protagoniste negli anni precedenti. In quell’occasione mi ritrovai a parlare con alcuni critici presenti, ossia Valeria Ottolenghi, Enrico Marcotti, Sandro Avanzo e Rossella Battisti, e chiesi loro se volevano far parte della giuria del Premio che intendevo istituire. Loro accolsero l’idea prontamente, anche se non avrebbero ricevuto alcun compenso per il loro impegno. Nel 2010, arrivò a Radicondoli un nuovo direttore artistico, Gabriele Rizza, e ci fu la prima edizione del Premio, che andò, per i giovani critici, a Valentina Grazzini, Claudia Gelmi e Marianna Sassano, e quali maestri, ad Alessandro Benvenuti e a Fabio Biondi con L’arboreto Teatro Dimora».

Perché decideste di premiare il maestro, il critico emergente e il progetto? Come si svolgeva la selezione?
A. G.: «Si stendeva un bando e lo si inviava alle Compagnie teatrali, che avrebbero dovuto fornirci i nominativi di un giovane critico e di un attore, regista o autore che fosse stato, per loro, un maestro com’era stato per molti Nico – scoprendoli. L’idea di inserire il progetto è successiva dato che, solo nell’edizione del 2013, abbiamo deciso di premiare Aldo Morto 54 di Daniele Timpano, e Ne(x)twork, un bando di ospitalità e co-produzione promosso dal Teatro dell’Orologio e da Kilowatt Festival. Grazie alle segnalazioni delle Compagnie avevamo una rosa di nominativi che, come giuria, esaminavamo, leggendo anche gli articoli scritti dai critici proposti. E confrontandoci, spesso a casa mia, si arrivava a decidere i premiati».

Come sono stati questi anni? Tante soddisfazioni ma anche alcune polemiche.
A. G.: «Devo dire che noi non abbiamo mai dato molta importanza alle polemiche. Fanno parte del gioco. Forse, rispetto al critico, che avrebbe dovuto essere sconosciuto almeno a livello nazionale, ci è stato rimproverato di aver premiato Valentina Grazzini che, in quel periodo, scriveva sull’Unità. Decidemmo comunque che fosse davvero brava ma non così famosa e, comunque, le affiancammo altre due colleghe».

Cos’è successo negli ultimi anni?
A. G.: «Nel 2011 eravamo di nuovo senza direttore artistico perché le spese, nel frattempo, sembravano essere lievitate ulteriormente. Insieme all’Associazione Radicondoli Arte, si decise comunque di predisporre un nuovo programma e di proseguire con il Festival. Dopodiché, capii che era arrivato il momento, per me, di smettere di collaborare. Dopo 25 anni, decisi di lasciare le mie mansioni – anche perché penso sia giusto che intervenga un cambio generazionale. Nel 2012 arrivò quindi Massimo Luconi a dirigere la manifestazione di Radicondoli e io gli feci presente che, da qualche anno, esisteva il Premio Nico Garrone e che il Festival fino ad allora aveva ospitato la giuria, i premiati e i critici interessati a dare notizia del premio. Purtroppo, capii subito che avrei avuto delle difficoltà. L’ospitalità comportava dei costi, ovviamente, ed era nel corso delle cose che un direttore artistico avrebbe potuto utilizzare quei fondi per altre iniziative, che considerava di maggiore interesse. Anche nell’Associazione Radicondoli Arte si erano avvicendate le persone ed era cambiato il Presidente. Sentivo che l’atmosfera si stava raffreddando e, nel 2015, mi accorsi che l’interesse per il Premio era venuto meno. Mi trovavo a combattere contro mille piccole difficoltà, ad avere problemi anche solo se c’era un invitato in più a una cena o per garantire un’ospitalità. Quindi, ad agosto, al termine della premiazione, mi convinsi che la situazione era diventata insostenibile e che dovevamo cercare una nuova sede perché, per me, quel premio era nato da un autentico sentimento di amicizia e di affetto nei confronti di Nico, e non volevo continuare a collaborare con chi sembrava provasse quasi dell’ostilità verso l’iniziativa».

Come la presero gli altri giurati e cosa decideste?
A. G.: «Innanzi tutto, pensai di trovare una nuova sede, e anche Rossella Battisti sembrò d’accordo. In seguito, seppi che si sarebbe prodotto un volume sui trent’anni del Festival e chiesi ai giurati se fossero stati contattati per dare il loro contributo. A quel punto, volendo prendere contatti con un’altra realtà che potesse ospitare il Premio, scrissi un’email a tutti i giurati, nella quale dissi che sapevo si sarebbe fatta una pubblicazione per festeggiare il trentennale e che ne ero felice, ma che non intendevo più legare il Premio Nico Garrone al Festival di Radicondoli. Non ottenni nessuna risposta. Nel frattempo avevo individuato un’altra sede, il Teatro dell’Orologio, dato che Nico era legato a quei luoghi e a molti artisti della non-scuola romana e, di conseguenza, mi sembrava la situazione migliore per ricordarlo. Dirò anche qualcosa in più. Nell’ultimo periodo, con Nico, si era pensato di non restare oltre a Radicondoli. Nel 2009 avevamo già pensato di lasciare quella sede, perché avevamo compreso che era venuto meno il feeling. Doveva cambiare qualcosa, com’è giusto e necessario che sia perché le esperienze e le persone si rinnovino».

Nessun ulteriore contatto con i membri della giuria?
A. G.: «Silenzio su tutta la linea, da novembre 2015 fino a marzo di quest’anno. Quando Rossella Battisti mi telefonò per comunicarmi che, senza nemmeno avermi consultata, avevano deciso che il Premio, pur rimanendo a Radicondoli, avrebbe avuto un proprio spazio a Roma, aggiungendo che in giuria sarebbe entrata anche Elena Lamberti (altro fatto di cui non sapevo nulla). Le risposi che non capivo perché continuare l’esperienza di Radicondoli quando era chiaro che, al di là dei possibili festeggiamenti per i trent’anni della manifestazione, il Premio non era in alcun modo apprezzato o sentito. Dopo una quindicina di giorni, ricevetti una seconda telefonata, da Sandro Avanzo, che mi ribadì le stesse cose. A questo punto feci presente, come ideatrice del Premio e collaboratrice di Nico Garrone a Radicondoli, che non ero d’accordo su tutta la linea, che consideravo il loro modo di fare molto negativamente, e che non avevano alcun diritto di prendere accordi e procedere con le iniziative senza contattarmi e discuterne insieme. Risposte? Il silenzio più assoluto».

Come ha saputo della sua esclusione dal Premio?
A. G.: «Da un’email di Elena Lamberti, che è tra i nuovi giurati, insieme a Claudia Cannella – sulla cui nomina non sono stata né informata né consultata. Elena mi ha scritto che era rimasta stupita quando, leggendo il bando, aveva scoperto che non comparivamo più tra i membri della giuria né io né Rossella Battisti. Così ho saputo di essere stata esclusa da un Premio che avevo ideato, e al quale ero molto legata per ragioni di affetto verso Nico».

La famiglia Garrone ha saputo della sua esclusione?
A. G.: «Non lo so».

Cosa prova per un simile trattamento?
A. G.: «Delusione. Soprattutto dal punto di vista umano. Aver conosciuto Nico, aver lavorato con lui, è stato molto importante per me. Per anni, quando andava a vedere uno spettacolo, Nico mi chiamava. Ci confrontavamo spesso. Mi raccontava dei suoi documentari, delle sue presentazioni, dei suoi viaggi. L’ultimo periodo fu per lui molto difficile, a causa della malattia. Mi chiamò dalla Puglia, da Roma, e dal ritorno dal Belgio – dove aveva trascorso l’ultimo dell’anno. Ci sentimmo ancora, ma da lì a breve sarebbe venuto meno. Mi manca tantissimo».

La dichiarazione del Direttore del Festival di Radicondoli, Massimo Luconi:
«Non ho letto l’intervista della sig.ra Giannelli, ma la direzione del Festival non ha rapporti e competenze sulla struttura interna del premio che è promosso, accolto e ospitato all’interno del Festival, ma con completa autonomia di decisione sulle scelte e di organizzazione interna. Sono stato informato e ho appreso con rammarico, che Anna Giannelli aveva deciso di non fare più parte della giuria».

La dichiarazione di Sandro Avanzo, Rossella Battisti, Enrico Marcotti, Valeria Ottolenghi:
«No, gli eventi sono andati assai diversamente. Ci dispiace che Anna si sia esposta così – e che noi ci si debba trovare a ricordare qui, a lei e ai lettori di Persinsala, alcuni passaggi della storia del Premio Garrone, Premio che ci sta molto a cuore, per Nico innanzi tutto e per il suo festival. Perché il Premio è proprio di Radicondoli, il piccolo, delizioso paese toscano che, pur tra infiniti problemi finanziari, ha detto esplicitamente e più volte, attraverso i suoi rappresentanti istituzionali e il direttore del Festival, Massimo Luconi, che non vuole assolutamente rinunciare al Premio Garrone. Anzi: nella misura del possibile ci terrebbe a potenziarlo, anche in considerazione dell’ampia diffusione del nome di Radicondoli attraverso la scelta di coinvolgere il mondo del teatro, tutti gli appassionati, per la segnalazione di maestri, critici e progetti. Sì, si avvertivano in Anna correnti di ostilità tra incomprensioni nate da eccesso interpretativo con animo avverso. Questa l’impressione. Proprio per tenere il gruppo unito, avere risposte chiare, era stata quindi scritta un’email – almeno un paio di anni fa – a Massimo Luconi per poter essere sicuri di poter procedere tranquilli. Avute le dovute rassicurazioni, tradotte anche in un eccellente clima durante i festival, non potevano più esserci motivi d’inquietudine. Così è stato detto chiaramente e più volte ad Anna. Si va avanti: bene così! Ma i problemi perduravano. Non volevamo però che si creassero fratture all’interno della giuria, che del resto ha sempre lavorato molto bene, con fiducia e rigore, ogni scelta compiuta in modo unanime. Ma, di fronte ai ripetuti solleciti telefonici perché partisse il bando (non ci sono le date, ma certo tra gennaio e marzo), c’è stato il duro, caparbio no di Anna: decisa la volontà di autoescludersi. Che fare? Bisognava agire! Sembrava quasi fin troppo tardi per il bando 2016. Alla fine un’eccellente ipotesi di soluzione (di Rossella, subito tutti d’accordo) per venire incontro alle esigenze di Anna e far crescere il premio: il gemellaggio con Roma! Un primo appuntamento con Luca Ricci ed Elena Lamberti – preceduto da scambi di riflessione di cui Anna era a conoscenza – venne organizzato da Rossella, testimoniato da Sandro (Avanzo), in quel momento a Roma. E così il Premio poteva entrare in sinergia con Dominio Pubblico! Anna, cui Rossella aveva sottoposto la proposta subito dopo per telefono, avrebbe potuto assumersi il ruolo che desiderava, a Roma, la città di Nico, lontano dai disagi che sembrava procurarle Radicondoli. Luconi, interpellato, subito d’accordo. La risposta di Anna è stata ancora no! Vani i ripetuti inviti telefonici di Rossella e di Sandro. E così – con una punta di dolore – si è deciso comunque di andare avanti. Per il premio, il festival, il teatro. Per noi che, con puro spirito di volontariato, amiamo impegnarci in progetti che sanno dare visibilità a chi merita. Correnti d’entusiasmo anche per queste nuove alleanze. Nessuno di noi ha mai – mai! – ricevuto alcuna email da Anna, né per quanto riguarda la pubblicazione del libro sui 30 anni del Festival o altro. Un vero strappo sapere che Rossella – per affetto verso Anna, l’amicizia al primo posto – preferiva rinunciare a stare in giuria. Anche Luconi le telefonò subito, invitandola a ripensarci. Limpida la risposta di Rossella: avrebbe sicuramente, e volentieri, partecipato al festival, ma solo come spettatrice. Pur non condividendo affatto la presa di posizione di Anna, le sembrava giusto così. Anna avrebbe saputo capire quel gesto di vicinanza malgrado tutto. Non è stato così. È tutto. Stanno arrivando molte indicazioni per maestri e critici. E si invitano qui anche i redattori, i collaboratori, i lettori di Persinsala a inviare i nomi di persone che stimano per il premio. Un ringraziamento a Elena (ottimo lavoro!) e a Claudia (Cannella) per aver accettato di entrate in giuria, ma anche a Elena Zweyer di Radicondoli Arte. E – ancora: malgrado tutto – un saluto ad Anna: davvero molto belli tanti dei ricordi insieme».

Non abbiamo ricevuto dichiarazioni dall’Associazione Radicondoli Arte. Siamo però rimasti colpiti dal fatto che nella pagina in cui si racconta la storia del Festival, si faccia riferimento solo al contributo di Giancarlo Calamai: http://www.radicondoliarte.org/lassociazione/

Qui sotto il Bando del Premio Garrone 2016:

Il Festival di Radicondoli 2016 presenta

la settima edizione del

PREMIO NICO GARRONE

Il Festival di Radicondoli, l’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, Radicondoli Arte, il Comune di Radicondoli in collaborazione con Dominio Pubblico e Kilowatt Festival presentano la settima edizione del Premio dedicato alla memoria di Nico Garrone, critico teatrale, studioso attento alla ricerca, per lungo tempo direttore artistico del Festival di Radicondoli.

Per questa trentesima edizione del Festival, che si svolgerà dal 23 al 30 luglio con la direzione artistica di Massimo Luconi, il Premio – pur conservando intatta la sua identità – avvia nuove importanti alleanze, in particolare con Kilowatt Festival (Sansepolcro) e Dominio Pubblico (Roma).

Un segno importante per la creazione di una sinergia progettuale che, se per questa edizione non porterà a modifiche sostanziali, dalle prossime edizioni darà luogo ad un maggiore coinvolgimento, in particolare dei Visionari, per la scelta del critico/ del progetto, e per speciali inviti di spettacoli tra i festival.

MODALITÀ DI SELEZIONE:

Il Premio si rivolge agli artisti, agli studiosi, agli appassionati di teatro:
solitamente sono i critici a giudicare, a premiare compagnie e spettacoli. In questo caso la prima selezione opera sulle indicazioni degli artisti, che sono chiamati a rispondere a queste domande:

  • ci sono stati/ ci sono maestri di teatro che vi hanno aiutato, lungo il vostro percorso, a crescere, figure particolarmente disponibili, capaci di ascoltare, di mettersi a confronto con generosità?
  • ci sono stati/ ci sono critici che hanno scritto di voi – magari anche su riviste, giornali periferici – che hanno contribuito al vostro percorso creativo attraverso il loro sguardo, le loro analisi?

Solo in seconda istanza la giuria del Premio, composta da Elena Zweyer (Vicepresidente di Radicondoli Arte), dai critici teatrali Sandro Avanzo, Claudia Cannella, Enrico Marcotti, Valeria Ottolenghi, e da Elena Lamberti (coordinatrice organizzativa del Premio) individuerà – ascoltate le indicazioni della “base” – un Maestro e un critico di particolare valore ai quali assegnare:

Premio Nico Garrone a maestri che sanno donare esperienza e saperi

Premio Nico Garrone ai critici più sensibili al teatro che muta

La giuria valuterà le indicazioni pervenute e assegnerà i premi al prossimo Festival di Radicondoli, all’interno del tradizionale Aperitivo critico

Le risposte dovranno essere inviate entro venerdì 10 giugno a Elena Lamberti, elena.lamberti07@gmail.com, cell. 3495655066

Per informazioni e chiarimenti potete telefonare a Elena Lamberti 3495655066, Enrico Marcotti, marcotti.e@gmail.com, cell.3482680228 e a Valeria Ottolenghi, valott@tin.it, cell. 340360083