Corpi e menti al vetrino

teatri-di-vita-bolognaPresso Teatri di Vita di Bologna l’11 aprile è stato rappresentato lo spettacolo di Roberto Zappalà, Anticorpi. Un viaggio coreografico tra microrganismi biologici, metafora di quelli sociali.

Roberto Zappalà esercita l’attività di coreografo da quasi venticinque anni a Catania, impegnato a lavorare nella e per la propria terra attraverso la danza. La sua metodologia coniuga l’indagine su tematiche di vario genere con una ricerca coreografica intesa a costruire un proprio linguaggio molto ben definito. Linguaggio che si fa portavoce di una danza mai fine a se stessa e volta a suggerire, in sintonia con altri elementi, riflessioni sulle problematiche tematizzate negli spettacoli.
Oramai è ben nota la piena consapevolezza dei mezzi scenici e tecnici della Compagnia Zappalà Danza, in cui bellezze e brutture, virtuosismi e recitazione, trovano la loro giusta collocazione (sindacabili solo dal gusto personale), quindi conviene forse soffermarsi più particolarmente proprio sulle tematiche affrontate.
Diciamo subito che la ricerca di Zappalà si sviluppa, di preferenza, per progetti all’interno dei quali trovano il proprio posto i singoli spettacoli.
Quello andato in scena a Teatri di Vita di Bologna, Anticorpi, è appunto la terza tappa del penultimo, Sudvirus o dell’appartenenza, un progetto che gioca sulle caratteristiche parassitarie dei virus intesi sia biologicamente sia come metafora. Una metafora adottata per definire talune caratteristiche di realtà socio-culurali, nel caso specifico quelle dell’Italia meridionale.
Del resto, il Sud italiano, la Sicilia, è la base non solo di questo lavoro, ma di gran parte del percorso artistico di Zappalà. La sua poetica e la sua tecnica coreutica e coreografica (che, non a caso, trae spunto dalla dinamica della lava vulcanica) sono fortemente radicate nel territorio catanese e si fanno portatrici tanto di denunce quanto di tentativi di riscatto di un territorio bellissimo e complicato. Un territorio inequivocabilmente e ostentatamente siciliano, certo, ma che forse va interpretato, senza troppe ipocrisie, come un modello concentrato della più generale realtà italiana.
In funzione dell’espressione di tali contenuti, il corpo, punto di partenza e mezzo linguistico privilegiato, in questa occasione si trasforma in un microrganismo contagioso osservato al microscopio. Sul palco ne vediamo prima uno; poi, piano piano, li vediamo moltiplicarsi, appunto come accade in questi casi, fino a sette. Sono sette anticorpi, dunque, ciascuno a sé che, con proprie caratteristiche e movenze (perfette), si scontra e si incontra con quelle degli altri. Una continua evoluzione che tende fino a omologarsi per poi differenziarsi di nuovo e di nuovo omologarsi, dando l’idea, appunto, della reazione degli anticorpi verso i rispettivi antigeni che distruggono o con i quali si combinano, rendendoli innocui. Un processo che sembra evolvere verso una finale armonia, che, però, risulta disturbata da un continuo elemento sonoro, ossessivo, evocante l’apparire di uno spettro, intervallato, di tanto in tanto, da una voce che dice South. Il Sud, appunto, la Sicilia, luogo di Zappalà, certo, ma anche il campione al vetrino della più generale situazione italiana. Meglio ancora del Sud dell’Europa, al quale in quanto italiani apparteniamo, talvolta, senza riconoscerci. O forse è un Sud luogo della mente, luogo comune, comodo per evitare di pensare, ma che inevitabilmente finisce per deformare la nostra vera realtà. Ma un organismo malato non ha comunque in se stesso i propri anticorpi con cui rigenerarsi?
Quale che sia il significato che lo spettatore intende privilegiare, certo è che sul palcoscenico proviamo effettivamente l’impressione di microrganismi brulicanti sul vetrino del microscopio, tale è la perfezione di movimenti dei danzatori sempre intelligentemente pronti. Danza e scrittura scenica si fanno portavoce di quella situazione complessa in cui prima o poi avviene una reazione che supera l’apatia attivando gli anticorpi, appunto. O almeno così dovrebbe essere.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatri di Vita di Bologna
dal 10 al 12 aprile 2014

Anticorpi
terza tappa del progetto Sudvirus
progetto di Roberto Zappalà
da un’idea di Nello Calabrò e Roberto Zappalà
coreografie Roberto Zappalà
danzatori Gaetano Badalamenti, Maud de la Purification, Alain El Sakhawi, Roberto Provenzano, Fernando Roldan Ferrer, Ilenia Romano, Valeria Zampardi
si ringraziano i danzatori per la preziosa collaborazione alla costruzione
luci e costumi Roberto Zappalà
in collaborazione con Goteborgs Operan Danskompani, Civitanova Danza/Amat, Fondazione Nazionale della Danza (Reggio Emilia) e C.Re.do contemporaneo
con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Siciliana Ass.to al Turismo, Sport e Spettacolo