Scatti di vita

teatro-sala-fontana-milano1Al Teatro Sala Fontana, un bravissimo Tindaro Granata dà spazio ai racconti di vita della sua famiglia, ricordandoci che c’è un unico filo che lega la storia delle generazioni e che ciò che è fatto influisce su ciò che sarà ma, ciononostante, quando la palla viene passata a noi, non possiamo fare altro che giocare.

Mi chiedo se vi sia mai capitato, sentendo racconti di parenti e amici su storie di vita lontane, perse nel passato, di desiderare di avere una macchina del tempo e tornare indietro per poter vedere, con i vostri occhi, i personaggi di quelle storie prender vita e agire quei racconti davanti a voi, come fossero parte del vostro presente. Ecco, assistendo ad Antropolaroid sembra proprio che Tindaro Granata sia completamente riuscito nell’impresa.
Nell’arco di un’ora, con il solo aiuto di una sedia, un telo bianco, una lampadina e un giacchino polifunzionale, Tindaro Granata passa in rassegna la storia della propria famiglia, partendo dal suicidio del bisnonno, malato di cancro e terminando con un giovanissimo se stesso in partenza alla volta di Roma per diventare attore.
Attraverso di lui i componenti della sua famiglia, uno ad uno, prendono vita e corpo sul palcoscenico, agiscono, arrivando persino ad interagire tra loro (pur essendo tutti interpretati da un singolo attore) e sembra davvero che Tindaro li abbia visti giovani, visti e sentiti vivere, fare scelte, reagire o rovinarsi, aiutare o far del male, combattere o arrendersi, gioire o soffrire, subire soprusi e andare avanti… Perchè quello cui si è assistito non sembra essere una rielaborazione o una libera interpretazione di racconti di famiglia ma piuttosto una successione di fotografie, di polaroid (titolo azzeccatissimo), realmente scattate nell’arco di quel passato, più o meno lontano, ritrovate dall’autore attore e rese vive grazie al sue grandi capacità.
Non mancano dei momenti, episodi di vita, troppo intensi o troppo tragici per essere narrati a parole, dove l’interpretazione della vicenda è lasciata alla sensibilità del pubblico, grazie alla rappresentazione di scene straordinariamente giocate tra musica, azione e persino una ‘benedizione al nuovo nato’, di grande poesia, giocata in dialetto.
Molto semplici e naturali e, per questo di grande effetto, i passaggi da un personaggio all’altro, come anche quelli di età di alcuni personaggi, resi grazie all’uso di un gesto o una parola ricorrente, che, ripetuta, si trasforma in qualcosa d’altro. Un nuovo gesto o una nuova parola da cui verrà evocato il personaggio successivo.
Ottimo l’uso delle luci e la rivisitazione del cunto siciliano come tecnica narrativa, di grande poesia l’uso e l’interazione con la musica, splendida interpretazione; vengono chiamati in scena familiari, amici e persino Gaetano Badalamenti (boss di Cosa Nostra), a raccontarci come le vite, le azioni, le decisioni prese da ognuno di noi siano collegate tra loro e, specie in una famiglia o una piccola comunità, ciò che viene fatto nel passato non scompare ma continua ad esistere e influenza, trasforma, il presente e il futuro, nel bene e nel male.
Insomma, viene raccontata la vita per quello che è: (citando le parole dello spettacolo), «tanta gioia, tanta bellezza e tanta sofferenza».

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Sala Fontana

Via Boltraffio 21 – Milano
dal 25 al 31 Ottobre 2013

Antropolaroid
di e con Tindaro Granata
scene e costumi Margherita Baldoni e Guido Buganza
rielaborazioni musicali Daniele D’Angelo
luci e suoni Matteo Crespi