Peccato veniale?

Teatro ostia anticaVa in scena nello splendido contesto degli scavi archeologici di Ostia Antica, Argonauti – Giasone e Medea, uno spettacolo in bilico tra classico e contemporaneo.

La spedizione degli Argonauti per la presa del vello d’oro è una delle più grandi epopee del mondo antico anche (ma non solo) per la presenza di numerosi eroi e luoghi ricorrenti della mitologia antica che ne fanno un unicum nel panorama della letteratura.

Insuperabile dal punto di vista della complessità dell’intreccio, in termini di importanza culturale la conoscenza dell’impresa non ha infatti nulla da invidiare a quella dei testi canonici di epica che si è soliti studiare tra i banchi di scuola.

Nel suo svolgimento, ad assumere un ruolo di assoluto rilievo è certamente Medea. Determinante per la riuscita dell’impresa, la figlia della maga Circe è principalmente ricordata per aver sacrificato chiunque – anche la propria famiglia (il piccolo fratello, i figli avuti con Giasone) – pur di favorire la propria sorte e coronare il sogno di un amore purissimo. Fu proprio per l’aver inseguito un miraggio artificiosamente ispirato dalla dea Afrodite, falso come tutti gli ideali, a costituire l’anticamera della drammatica esistenza di questa antieroina.

Medea non fu certamente l’unica figura mitologica in grado di simili abomini contra naturam e Tra gli stessi Argonauti è impossibile non ricordare quel Pelia che divenne lo sterminatore della propria famiglia, usurpò il trono del fratello (il padre di Giasone, di cui era zio) e infine, dopo aver imposto l’impresa del vello e non aver rispettato i patti, venne letteralmente cucinato dalle figlie sotto l’incantesimo della stessa Medea.

Pur decisiva per la riuscita di una opera troppo grande anche per i supereroi a bordo dell’Argo, Medea occupa un posto privilegiato nell’immaginario di massa soprattutto perché moglie sedotta e tradita, capro espiatorio del potere maschile, vittima e carnefice tanto di sé quanto della propria estrema capacità di amare. Spesso snaturata nel simbolo di una concezione dell’essere femminile antiquata, se non proprio pericolosa, Medea polarizza le virtù della forza e dell’ingegno (identificandole con la virilità) e quelle dell’inganno e della malizia nel femminino (confinandole a un ruolo subalterno nella società).

È proprio questa prospettiva, la più semplice e immediata, a essere sposata da questo allestimento, un essenziale monologo con cui Cinzia Maccagnano sovrasta in termini di protagonismo sia Stefano Fardelli (un Giasone muto a rimarcarne la mancanza di senso di responsabilità), sia il coro delle ballerine di Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Rosa Merlino.

Se l’improvvida utilizzo di tracce musicali registrate, alcune heavy metal, e l’uso del microfono sono state scelte che, anche a causa di una scadente resa acustica, non hanno pagato in termini di efficacia e potenziamento drammatico, l’impostazione del coro, nonostante l’interessante omaggio al canone classico che lo vuole recitante a passo di danza, è apparsa confusa e oscillante tra l’incapacità di prendere le forme di personaggio (la collettività) e l’inconsistenza di porsi quale interlocutore della protagonista.

Didascalico nella regia e basico nelle coreografie, lineare nelle interpretazioni e debole nel provare ad avvalersi della suggestiva ambientazione offerta dal Teatro Romano di Ostia Antica, Argonauti. Giasone e Medea ha finito per palesare una tale mancanza di personalità che, oltre alla noia, ha determinato il sacrificio di quell’ambientazione naturale che pure sembrava poterne costituire il principale punto di forza.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Romano di Ostia Antica
via dei Romagnoli 717, (scavi archeologici Ostia Antica) Roma
23 luglio 2014, ore 21.00

Estreusa/Mda Produzioni
ARGONAUTI. Giasone e Medea
da Apollonio Rodio, Franz Grillparzer, Euripide
drammaturgia Maurizio Donadoni
regia e coreografia Aurelio Gatti
con Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Stefano Fardelli, Rosa Merlino, Gipeto e Cinzia Maccagnano