Giù la maschera!

triennale-milanoArlecchino&Arlecchino è, prima di tutto, una riflessione sulle maschere: quelle di ieri e quelle di oggi, quelle visibili e quelle invisibili.

Era il 1947 quando il sipario del Piccolo Teatro si sollevava per la prima rappresentazione di quello spettacolo – Arlecchino servitore di due padroni – che sarebbe poi diventato l’icona internazionale del teatro italiano.

Dietro la maschera del Truffaldino goldoniano Strehler aveva scelto di porre, dopo Marcello Moretti, Ferruccio Soleri, diventato da quel momento in poi uno dei volti più celebri della Commedia dell’Arte.

È proprio da lì, dall’origine strehleriana dell’Arlecchino di Soleri, che quel «ragazzaccio terribile di Paolo Rossi» decide di ripartire, dando vita a una commistione di volti, di maschere, di persone e personaggi che volteggiano tra passato e futuro, tradizione e contemporaneità.

Tornato in scena dopo il successo ottenuto con lo spettacolo del 2010, Il mistero buffo di Dario Fo, il poliedrico e funambolico Paolo Rossi sceglie di ripartire dalle origini dell’improvvisazione della Commedia dell’Arte, utilizzandole come chiave di lettura dell’attualità e mostrando come da quella prima maschera ne siano poi nate molte altre.

Dall’Arlecchino di Soleri si passa, infatti – dopo un divertente assaggio burattinesco offerto da Daniele Cortesi – al quello di Enrico Bonavera – «allievo di bottega» di Soleri e vincitore nel 2007 dell’Arlecchino d’oro – che si ispira, nel suo punzecchioso affiancare Paolo Rossi, ad alcuni monologhi, come Il suicidio di Arlecchino, Arlecchino sulla luna e Arrivo di Arlecchino a Venezia.

Altra interessante faccia di Arlecchino che viene proposta è quella, ironicamente contemporanea e caricaturale, di Silvio Castiglioni, attore e ricercatore teatrale, nonché uno dei fondatori del CRT (Centro di Ricerca per il Teatro) di Milano, appena insediatosi al Teatro dell’Arte.

Dopo di lui è la volta di Claudia Contin Arlecchino, prima donna a interpretare con continuità, sin dal 1987, il ruolo, tradizionalmente maschile, della maschera più amata della Commedia. Il suo è un personaggio errante, che l’attrice (e scrittrice) ha fatto talmente proprio da renderlo addirittura parte del proprio nome anagrafico e identità. Il ruolo e l’importanza della maschera vengono raccontate dal suo storico collaboratore, Ferruccio Merisi, in una sorta di «siparietto brechtiano» in cui Merisi conduce – seppur timidamente – il pubblico verso le origini orientali della Maschera, attraverso la narrazione di un viaggio che i due hanno compiuto insieme a Bali.

I vari Arlecchini si alternano sul palco, portando in scena i propri lavori, le proprie personalissime maschere, e dando vita a uno spettacolo che si sviluppa, che nasce e si crea mentre si fa. Un’overture in divenire, un canovaccio – un happening, come lo definisce Paolo Rossi, scherzando sul suo inglese – che, com’è tipico della Commedia dell’Arte, lascia ampio spazio all’improvvisazione e alla continua trasformazione degli attori.

La sensazione è quella di entrare e uscire dalla finzione teatrale, attraverso una coesistenza tra attori, personaggi e persone, attraverso un’evocazione che non si riduce mai a mera narrazione.

Lo spettacolo si chiude con la performance di Paolo Rossi – fino a quel momento comparso solo negli inframmezzi degli scenari – che, come sempre, non delude il suo pubblico. Il suo Arlecchino – accompagnato dagli interventi musicali di Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciari – va e viene dall’aldilà e non ha maschera. O meglio, ha la maschera di Paolo Rossi, con tutta l’inquietudine che indossa dipinta sul suo volto, che incarna nei suoi movimenti epilettici. Il suo Arlecchino racconta – camuffato sotto quelle battute e risate che lo contraddistinguono – di quelle vocine interiori che lo spingono a passare da un bar all’altro. E, forse, proprio la maschera da (e non di) Paolo Rossi gli permette di farlo, di portare in scena se stesso attraverso essa stessa. Forse, è proprio il fatto di non mettere una maschera che gli consente di togliere quella che la sua carriera gli ha cucito addosso, spingendo il pubblico a scavare al di sotto del suo celebre volto.

Arlecchino&Arlecchino è un filo rosso che collega non soltanto la tradizione con l’innovazione, ma anche e soprattutto le maschere con i volti, la finzione con la realtà. È il teatro nella sua essenza: un’alternanza di paure – nascoste dalle maschere – e disvelamenti.

È un invito a chiedersi chi siano gli Arlecchini di oggi, quali maschere indossino, dove stia la finzione e dove (se esiste) la verità.

Arlecchino&Arlecchino Arlecchino&Arlecchino

Lo spettacolo è in scena
Triennale di Milano
Viale Emilio Alemagna 6 – Milano
dal 4 al 9 marzo 2014, ore 20.30

Arlecchino&Arlecchino
di Paolo Rossi
con Ferruccio Soleri, Enrico Bonavera, Silvio Castiglioni, Claudia Contin Arlecchino, i Burattini di Daniele Cortesi e l’intervento di Ferruccio Merisi
interventi musicali di Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciari
un progetto di CRT Milano
in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano