Il giorno splende un istante, ed è subito notte

Alla Casa delle Culture, l’Aspettando Godot di Beckett torna a metterci faccia a faccia con l’insensatezza della vita.

Quando i critici e i giornalisti assaltarono Samuel Beckett in occasione della prima messa in scena di Aspettando Godot, avvenuta a Parigi nel 1953 al Théâtre de Babylone, tutti erano ansiosi di avere risposta a una domanda in particolare, “la” domanda su cui è costruita l’intera pièce: chi è Godot? Venne interpellato lo stesso autore irlandese, che rispose: «Chi sia Godot io non lo so…so solo che la cosa importante del titolo non è Godot, ma “aspettando”…».
Beckett è forse il più grande drammaturgo del Novecento, la voce più tagliente e l’interprete più potente dell’occidente del secondo dopoguerra; nelle sue opere arte e filosofia si mescolano, fino a far emergere un orizzonte amarissimo che oscilla tra il paradosso e la triste constatazione della catastrofe che ci circonda, il non-senso nel quale siamo immersi e che Beckett inietta direttamente nei suoi dialoghi, nei suoi testi, così irreali, così “assurdi”. Eppure era Theodor W. Adorno a insistere su come Beckett non fosse affatto un esponente del cosiddetto “teatro dell’assurdo”, di contro ai francesi Sartre e Camus: se in questi ultimi, l’assurdo veniva dichiarato, affrontato direttamente, attraverso una forma linguistica classica che potesse teorizzarlo, in Beckett non c’è tale possibilità di distacco. Siamo immersi nel flusso degli eventi e del non-senso, non possiamo trarcene fuori per dichiararlo “assurdo”, anche perché a finire destrutturata è la lingua stessa, la sua sintassi, la sua costruzione semantica. Il contenuto è insomma montato con la forma, questa la grandezza di Samuel Beckett. Presso la Casa delle Culture di Roma, fino all’11 marzo, sarà in scena proprio Aspettando Godot, spettacolo diretto da Claudio Capecelatro e prodotto da SiparioDramma Flucù: lo stesso Capecelatro interpreta una delle due anime essenziali dell’opera, Vladimiro, mentre Estragone ha il volto di Roberto Zorzut.
Abbigliati così come avrebbe voluto lo stesso Beckett, con abiti sporchi e bombetta, i due protagonisti esprimono al meglio l’anima dell’opera beckettiana: una sottile ironia profondamente cinica, che non degenera mai in spirito cabarettistico e comicità. D’altronde, in scena v’è l’apologo drammatico dell’esistenza umana, tra il suo destino metafisico sciagurato e la sua subordinazione alle tensioni sociali espresse al meglio dalla coppia Pozzo (il “padrone”, interpretato da Marco Carlaccini) e Lucky (Alessandro Gruttadauria, il “servo” condannato al suo triste destino). La messa in scena è semplice, ma con tutto ciò che serve: l’albero, la luna, e poi un pavimento scarno, un deserto che non fa che esprimere il nostro destino di uomini. Lo spazio della Casa delle Culture si rivela un ambiente ideale per attività teatrali, e sembra particolarmente predisposto per questo genere di teatro: il palco è una grande scatola che si apre al momento dell’inizio dello spettacolo. Come se Vladimiro ed Estragone si scambiassero i loro paradossali dialoghi e continuassero ad attendere Godot dentro una grande scatola, allegoria della vita di ciascuno di noi.

Lo spettacolo continua:
Teatro Casa delle Culture
via San Crisogono, 45 – Roma
fino a domenica 11 marzo
orari: da martedì a sabato ore 21.30, domenica ore 18.00 (lunedì riposo)

SIPARIODRAMMAflucù presenta
Aspettando Godot
di Samuel Beckett
regia Claudio Capecelatro
con Claudio Capecelatro, Marco Carlaccini, Giorgio Di Donato, Alessandro Gruttadauria, Roberto Zorzut