Ironia, speranza e illusione cosciente

Al Teatro della Pergola di Firenze va in scena Aspettando Godot, per la regia di Maurizio Scaparro. L’opera più famosa dell’autore irlandese, Samuel Beckett, conserva intatta la sua icasticità.

Una scenografia che ricorda le atmosfere rarefatte di René Magritte con un albero senza foglie sullo sfondo di un cielo completamente azzurro, e due pancali dove ogni tanto Estragone si siede a dormire, continuamente risvegliato dall’amico Vladimiro. Il mondo di Godot è l’universo dell’attesa, che ha pochi elementi e dove tutto si dilata e si ripete come la routine dell’essere umano di tutte le epoche.
«Rispetto a quando ho letto il testo da ragazzo», commenta il regista in una breve intervista: «improvvisamente ho realizzato che l’opera di Beckett è sorprendentemente contemporanea. Oggi chi aspetta Godot si è moltiplicato. Tutti noi attendiamo un sacco di cose, l’autobus, i treni, il lavoro; molto tempo se ne va nell’attesa, senza che questo tempo si possa recuperare, oltretutto in una società che vuole tutto subito».

Alla Pergola di Firenze Aspettando Godot è andato in scena solo tre volte dal 1970, l’ultima, appunto, sotto la direzione di Maurizio Scaparro: «Lentamente, dentro di me, è cambiata la percezione che avevo di questo autore. Inizialmente lo guardavo con molto sospetto, invece è risultato essere uno straordinario narratore contemporaneo che mi ha colpito per le sue radici in una cultura europea millenaria. Non vorrei che si dimenticasse che per più di 50 anni Beckett ha vissuto nel quartiere operaio di Montparnasse a Parigi, dove ha avuto anche un ruolo attivo nella Resistenza francese dal 1940 al ‘45».
Vladimiro (Didi) ed Estragone (Gogo) sono due homeless, due senzatetto. Facile il paragone con la società contemporanea, composta dai tanti che hanno perso il lavoro, a causa della ormai lunghissima crisi economica iniziata nel 2008, e dal mondo dei migranti che scappano da Paesi senza speranza alla ricerca di un domani. Anche qui, in Italia, in Europa e nella Parigi di Beckett – a cui si rimanda con una iniziale melodia francese e la citazione della Tour Eiffel – si attende Godot. Ma chi sarà mai questo essere/non essere? E mentre lo si attende, si vive nell’illusione che la vita cambierà in meglio. In realtà, Didi e Gogo non fanno niente perché la loro esistenza si trasformi nell’oggetto dei propri desideri. Attendono, disquisendo sulla vita e sul fatto di andarsene, o addirittura di suicidarsi, perché il fantomatico Godot, atteso ogni giorno fino a quando la luna è alta nel cielo dopo il tramonto, probabilmente non arriverà mai.
Cinque gli attori sulla scena, ognuno con il proprio bizzarro personaggio, della nostra variegata fauna umana, ciascuno con la propria illusione e, forse, anche falsa, rassegnata disperazione. Accanto ai protagonisti, Pozzo e Lucky sono la seconda, strana coppia, in qualche modo ravvicinabili a due artisti circensi, non fosse altro che per la casacca rossa – da Mangiafuoco – che indossa Pozzo, individuo che potremmo definire dalla personalità bipolare (per rimanere in termini contemporanei).
Lo spettacolo si svolge in due atti, simili tra loro, che riecheggiano la dualità delle coppie di personaggi sul palco – che potrebbero, a loro volta, rappresentare la parte buona e quella oscura dell’animo umano. Didi e Gogo sono sì degli emarginati dalla società, alla quale ambiscono appartenere, ma non hanno perso il loro côté umano, nonostante dormano in campagna e siano sempre alla ricerca di cibo. Al contrario, Pozzo, imponente e superbo, può benissimo impersonare la società capitalistica attuale, che non si interesse degli esseri umani, tenendo tutti schiavi delle politiche economiche di banche e multinazionali. Non è un caso, infatti, che Pozzo abbia legato lo schiavo Lucky con una fune al collo, al pari di un animale – o della maggior parte dei quasi sette miliardi di individui che popolano la Terra.
La rilettura di Aspettando Godot in chiave contemporanea di Scaparro appare lucida e coerente con la società del XXI secolo, anche se è altrettanto vero che l’opera di Samuel Beckett può essere letta sicuramente anche in chiave psicologica, come exemplum dei singolari comportamenti umani, tanto cari a Sigmund Freud.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro della Pergola

via della Pergola – Firenze
venerdì 5 maggio

Aspettando Godot
di Samuel Beckett
regia Maurizio Scaparro
con Antonio Salines (Estragone), Luciano Virgilio (Vladimiro), Edoardo Siravo (Pozzo), Fabrizio Bordignon (Lucky) e Beniamino Zannoni (servo di Godot)
scene Francesco Bottai
costumi Lorenzo Cutùli
una produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano – Milano