Il rosso e il nero

Il vento di cambiamento che spira a Milano porta, sul palcoscenico della Scala, Attila, l’opera verdiana che infiammò i cuori durante i moti del ’48 e le guerre per l’Unità d’Italia.

Due i colori che dominano il palcoscenico del teatro alla Scala: il rosso del campo romano – quel porpora, vestigia dell’Impero – e il grigio/verde degli invasori unni.

In un intrigo di asimmetrie che esaltano le diagonali, i contrasti luminosi, i chiaro-scuri e la coralità dell’insieme – vero motivo dominante di Attila di Giuseppe Verdi – la regia magistrale di Lavia ricrea (coadiuvato perfettamente dallo scenografo Alessandro Camera e, per i costumi – saggiamente e volutamente consunti -, da Andrea Viotti), un Medioevo tragico, volutamente artificioso e di maniera che, nel secondo e terzo atto, scopre impudicamente il gioco dichiarando la propria metateatralità.

Nel secondo atto, infatti, il banchetto prende posto in una platea teatrale, dove i palchetti che circondano gli invitati sembrano specchiarsi, mezzo diroccati, in quelli della Scala stessa. Tutti insieme – interpreti e pubblico – si trasformano in spettatori di quanto sta accadendo in scena: Foresto vorrebbe avvelenare con una coppa di vino Attila, ma la sua innamorata Odabella – contraria a un simile tradimento – svela l’inganno.

Nel terzo atto, ecco poi che il teatro frana ulteriormente sotto i colpi di un destino che sembra inarrestabile – mentre la musica di Verdi risuona quasi come un inno alla guerra – l’uso della multimedialità permette alle immagini di battaglia di irrompere sulla scena, scorrendo come vecchia pellicola sgranata alle spalle di Foresto, mentre questi medita vendetta e si domanda perché la sua amata Odabella abbia salvato Attila, incapace di comprendere il suo gesto – dettato dal desiderio di vendicarsi con le proprie mani per l’uccisione del padre e non dall’amore per il condottiero unno.

L’intera cifra stilistica, a livello registico, converge del resto su rimandi teatrali: quello romano – si vedano le rocce scolpite a forma di maschere, proprie della tragedia – e quello shakespeariano – impossibile di fronte alla coppa avvelenata e al banchetto allestito come spettacolo, non pensare ad Amleto e alla metateatralità insita nella tragedia del principe danese. Del resto, Francesco Maria Piave – che ha ampiamente rimaneggiato il libretto di Attila, a causa dei ritardi di Temistocle Solera – e Giuseppe Verdi porteranno in scena solo un anno dopo, il 14 marzo 1847, proprio Macbeth.

Interessante anche il gioco di luci e ombre, soprattutto durante la processione del primo atto, quando le torce illuminano la diagonale occupata da Leone e dai fedeli, mentre le ombre sembrano oscurare il campo invaso dagli unni.

Dal punto di vista dell’interpretazione, molto apprezzabili le prove di Marco Vratogna nel ruolo di Ezio e di Fabio Sartori – che compensa con il bel canto la convenzionalità di Foresto, tipico amante tradito da melodramma. Decisa e piena di trasporto la direzione del maestro Nicola Luisotti. Del resto, un teatro sold-out ha espresso la propria approvazione con continui scrosci di applausi a scena aperta.

Ma è proprio la matrice registica che si vuole sottolineare sia perché davvero interessante, sia perché manca il commento alla voce di Elena Pankratova – l’interprete di Odabella, sfortunatamente indisposta – e infine perché a Gabriele Lavia – con un appunto decisamente personale – attore e regista, devo la passione per il teatro – dato che fu lui a farmi innamorare di questo mezzo artistico di espressione e comunicazione – tra i più alti e antichi – grazie al suo Il vero amico, di Carlo Goldoni, nel lontano ‘78.

Foto: Gabriele Lavia durante le prove al Teatro alla Scala.
Credits: Brescia e Amisano, Teatro alla Scala

Lo spettacolo continua:
Teatro alla Scala
Piazza della Scala – Milano
(Biglietteria: via dei Filodrammatici 2)
fino a sabato 15 luglio, ore 20.00
(biglietti da 12 a 187 Euro)

Attila
dramma lirico in un prologo e tre atti
di Giuseppe Verdi
libretto di Temistocle Solera
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 17 marzo 1846
(Nuova produzione Teatro alla Scala)
www.teatroallascala.org
20, 22, 24 giugno e 2, 4, 6, 8, 12, 15 luglio
direttore Nicola Luisotti
regia e luci Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
Cast e distribuzione:
Attila:
Orlin Anastassov (20, 24 giugno – 2, 6, 12, 15 luglio)
Michele Pertusi (22 giugno – 4, 8 luglio)
Ezio:
Marco Vratogna (20, 24 giugno – 2, 6, 12, 15 luglio)
Leo Nucci (22 giugno – 4, 8 luglio)
Odabella:
Elena Pankratova (20, 24 giugno – 2, 6, 12, 15 luglio)
Lucrecia Garcia (22 giugno – 4, 8 luglio)
Foresto: Fabio Sartori
Uldino: Gianluca Floris
Leone: Ernesto Panariello