Fettuccine e storie

Al Teatro Quarticciolo, l’ormai collaudato linguaggio drammaturgico del Teatro delle Ariette replica con lo spettacolo Attorno a un tavolo.

Assistendo a Attorno a un tavolo, ci vengono alla memoria le domeniche di noi bambini. Le mamme preparavano le fettuccine o gli gnocchi, gettando farina e patate sulla vecchia spianatora (in italiano, spianatoia) in legno. La cucina diveniva allora un luogo chiuso perché affollata fin troppo di presenze femminili, con lo zinale legato in vita e i capelli raccolti. Il sugo sobbolliva a fiamma bassa fin dalla mattina; i cabaret con le pastarelle venivano custodite dentro un frigorifero panciuto.

Sulla scena, attorno a un grande tavolo, si sta tra il gioco, la sensualità e la replica. Il linguaggio del Teatro delle Ariette è ormai ben rodato da anni, rinnovando sempre la consueta domanda: come possiamo sapere quando accettare di buon grado il cambiamento, oppure resistervi? Il passaggio dal politeismo greco al monoteismo ha di fatto spogliato la natura del suo animismo. Con il trasferimento dell’anima del mondo in un solo dio trascendente, la natura ha smesso di essere la casa contemplativa di forze inaccostabili; è divenuta materia plasmabile, da piegare ai bisogni dell’uomo.

L’umanità si assume la responsabilità di fare della natura un progetto laico. Tuttavia Paola Berselli ci accoglie con domande quasi liturgiche: «Di quale Dio sei figlio? Cosa ti ha fatto essere su questa terra uomo o donna?». Veniamo così introdotti al “mistero”, mentre guardiamo riempire il nostro piatto. Il vino rosso è piacevolmente denso e corposo. Parola e cibo si accompagnano senza soluzione di continuità, con noi a godere insieme dell’uno e dell’altro, premuti piacevolmente da una sensualità che ci solleva – forse a causa del vino – a una leggerezza conosciuta da bambini e sempre vanamente inseguita.

Di fatto si chiede al pubblico di perdere il proprio nome, di sperimentare già da ora l’esperienza di una “morte” teatrale, di non essere più, ma di partecipare al flusso della vita come un seme che aspetta di nascere. È come andare in aereo – narra Stefano Pasquini in una pausa della preparazione – e depositare, lì sulla scaletta, ogni presunzione di dominio degli altri e di sé.

Si mangia quello che viene servito e, per una volta, si abbandonano quegli “esoterismi” culinari dettati da nevrosi ossessiva, da assunzione di un’etica superiore al semplice consumo o da insistenti e reali disturbi alimentari. Perché abbiamo paura di morire? O perché cerchiamo di innestare nella natura l’anima che gli è stata strappata via?

Come sapere quando resistere o cambiare? Masanobu Fukuoka ha costruito in quarant’anni il metodo del “non fare”: a un uomo bastano mille metri quadrati di terra. Si gettano le sementi tutte insieme, e il frutto cresce. Se si adopera solo una spanna in più, quel superfluo non ti sarà dato, ma nemmeno il necessario. Qual è la misura dell’uomo nel suo rapporto con il mondo? Rimaniamo con la domanda continuando a chiacchierare con gli interpreti, a bere l’ultimo bicchiere. Cerchiamo di portarci via la sensazione teatrale chiedendoci dove sia possibile comprare a Roma quel vino così buono. Anche le parole hanno un sapore. Come le sementi, anch’esse devono abbandonare ogni arroganza per fecondare e essere fecondati. Il Teatro delle Ariette è qui a ricordarcelo.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Biblioteca Quarticciolo
via Ostuni 8, Roma
dal 18 al 21 settembre 2018 ore 21.00 (Spettacolo con cena)

Attorno a un tavolo (piccoli fallimenti senza importanza)
di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini
scenografia e costumi Teatro delle Ariette
regia Stefano Pasquini
produzione Teatro delle Ariette