L’Aulularia plautiana, messa in scena da Vittorio Zingaro al Teatro Arcobaleno, riesce a essere fedele allo spirito dell’originale solo perché, paradossalmente, è attualizzata e sincronizzata con gli umori del nostro presente. Divertimento garantito.

Certamente una tra le commedie più celebri dell’antichità e uno dei testi teatrali più importanti di epoca romana. Tito Maccio Plauto la scrisse per prendersi gioco di alcuni dei vizi peggiori della Roma imperiale, primi fra tutti l’avarizia e la sete di ricchezza – che chiudono gli occhi e oscurano la ragione, ieri come oggi, tanto nei ceti privilegiati che in quelli popolari. Un’opera immortale, che avrebbe ispirato non solo L’Avaro di Molière nel XVII° secolo, ma anche il film di Totò, 47 morto che parla.

Il suo successo e il fatto che sia stata fonte di ispirazione per numerose traduzioni stilistiche ed espressive è dato dal fatto che parla una lingua universale – a proposito di temi, debolezze, difetti che appartengono all’uomo a prescindere dal contesto sociale e dall’epoca, rimanendo attuale anche a distanza di migliaia di anni. Questo lo sa bene Vincenzo Zingaro, direttore del Teatro Arcobaleno per il quale, in questi giorni, ha allestito un’Aulularia frizzante, frenetica, degna erede della tradizione della Commedia d’Arte goldoniana. Macchiette, caratteri tradizionali e maschere invadono il palcoscenico, ognuno col proprio dialetto, in un tourbillon di equivoci: Euclione, Megadoro, Liconide (alcuni personaggi mantengono il proprio nome, mentre altri lo vedono attualizzato – come Strobilo che diventa “Trottola”), sono tutti catapultati nel presente e nel linguaggio popolare.

Al di là della nobilissima tradizione della commedia teatrale, si può restare infastiditi dalla strategie di attualizzazione fin troppo ammiccanti e goliardiche – elementi che caratterizzano, a dire il vero, le tradizionali recite di piazza dei paesi di provincia, dove non manca mai chi balbetta, l’effemminato, il tizio che parla in francese, l’adulto che si comporta da bambino tonto, i riferimenti alle squadre di calcio, il burino. Elementi che suscitano il riso per la loro ingenuità ma che stancano molti – perché sono evidenti tentativi di piacere al pubblico più semplice, trasformando il teatro in una specie di Bagaglino carico di smorfie, versi e battute a doppio senso. Non è un caso che la divinità narratrice della versione di Zingaro sia una televisione.

Seppure la sensazione possa essere quella di trovarsi dinanzi a un grande cabaret e a un umorismo di bassissima lega, l’intero spettacolo si riscatta di fronte a una constatazione ineludibile: queste erano le intenzioni dello stesso Plauto e dell’originale Aulularia – in un’epoca assai precedente alla pedante, e spesso inefficace distinzione tra cultura bassa e alta. L’Aulularia di Zingaro torna, incredibilmente, allo spirito originale della commedia d’epoca classica, pur facendo un giro larghissimo che attraversa Pippo Franco, Martufello, Arlecchino, Brecht, Totò e chi più ne ha più ne metta.

Lo spettacolo continua:
Teatro Arcobaleno – Centro Stabile del Classico

via F. Redi 1/a – Roma
fino a domenica 27 febbraio
orari: venerdì e sabato ore 21.00 – domenica ore 17.30

Aulularia
di Tito Maccio Plauto
adattamento e regia di Vincenzo Zingaro
con Ugo Cardinali, V. Maurizio Battista, Rocco Militano, Francesca Milani, Fabrizio Passerini e Camillo Ciorciaro