Uno tra i primi appuntamenti di MiTo-Settembre Musica è di quelli da far tremare i polsi: la rara proposta delle Variazioni Goldberg di Bach, nell’esecuzione di Angela Hewitt.

La questione è sempre la stessa da anni, da secoli: che valore ha la musica di Bach suonata al pianoforte? Una volta per tutte, risponde Angela Hewitt – in una conferenza tenutasi a Brescia – affermando che: «Il pianoforte concede più libertà rispetto al clavicembalo, in ragione delle sue maggiori possibilità di variazione timbrica e dinamica. Uno strumento con cui, sulla base dell’ossatura della scrittura bachiana, “si può fare tutto”» (dal programma di sala, a cura di Carlo Bianchi).
Dunque, niente di nuovo sotto il sole, almeno per chi conosce la lunga diatriba tra clavicembalisti “puristi” e pianisti. Argomento, del resto, trattato in maniera altamente soddisfacente ed esaustiva da Glenn Gould che, dagli anni Cinquanta in poi, si è dedicato molto a Bach e alla sua opera, apportando grandissime novità nella prassi esecutiva pianistica. In particolare, per queste Variazioni delle quali, nella sua carriera, dà due sorprendenti versioni: la prima del 1955, in cui le fa durare appena 38 minuti, e la seconda del 1981, quando l’esecuzione si dilata a 51 minuti, lasciando spazio a scelte mature, ma comunque innovative, confermando questo brano così particolare quale caposaldo della musica per tastiera dell’epoca.
L’altra domanda che tormenta addetti ai lavori e appassionati è: “Dopo Gould cos’altro c’è da dire?” Arduo dare una risposta.
Angela Hewitt – che abbiamo ascoltato anche nella scorsa Stagione per Serate Musicali – è un fenomeno esploso, almeno in Italia, attorno al 2005, nonostante la sua vittoria al Bach International Competition di Toronto sia del 1985. In ogni caso, si è imposta nel mondo come interprete bachiana. Ma cosa rende speciali le sue esecuzioni? Ascoltando attentamente queste Variazioni Goldberg, già dall’Aria iniziale non si può non riconoscere la bellezza del suono – anche quando l’occhio cade sullo strumento che, essendo un Fazioli, di sicuro aiuta la pianista. Questo elemento in sé, però, non basta: nella visione d’insieme dell’opera, in tutta la sua complessità, si notano delle scelte musicali e interpretative che non convincono completamente. Innanzi tutto, sono molti i suoni volontariamente troppo secchi che, forse, otterrebbero una resa migliore al clavicembalo; la pulsazione ritmica non sempre è impeccabile – tanto che, talvolta, si ha l’impressione di alcuni accelerati senza giusta causa; e si dubita, infine, della fondatezza di voler presentare tutti i ritornelli: questi gli elementi che rendono davvero singolare e impegnativo l’ascolto.
Forse la volontà della Hewitt è di riproporre un’estetica il più possibile settecentesca o “in stile”; resta il fatto che delle infinite possibilità del pianoforte non rimane traccia.
La sensazione è di trovarsi di fronte all’allievo che fa bene i compiti a casa – ma che non aggiunge niente di personale o di innovativo. Come si era già notato, nel concerto di gennaio per Serate Musicali, canti e controcanti, soggetti e controsoggetti sono chiari e ben esposti e tutta la costruzione contrappuntistica emerge nel modo giusto e si palesa lapalissiana anche al neofita. Ma tutto questo non è abbastanza per giustificare l’esecuzione delle Variazioni Goldberg al pianoforte; o, se si preferisce, i meravigliosi mezzi timbrici di questo strumento non sono sfruttati a pieno.
Probabilmente la Hewitt dovrebbe dimostrare maggiore coraggio e compiere scelte più “sovversive”, ma è anche vero che ciò non sembra rientrare nella sua natura di interprete disciplinata – e, al tempo stesso, limitata. Di sicuro traspare con chiarezza che, a lei, un Bach eseguito così piace moltissimo e anche solo guardandola – ancor prima di ascoltarla – si comprende che le calza a pennello.
Ça va sans dire che la sua esecuzione convince l’eterogeneo pubblico della Sala Shakespeare dell’Elfo Puccini che – vuoi per l’arditezza della proposta, vuoi per la rarità del programma – dopo un silenzio di alcuni secondi, tra lo stordito e il trasognato (quasi 80 minuti di musica contro i già abbondanti 65 stimati sul programma), si scioglie in uno scroscio di applausi davvero liberatorio.
Eppure si lascia la sala con l’impressione un po’ amarognola che, anziché provare a capire ciò che si ascolta – al di là dei gusti personali, opinabilissimi – oggi applaudire Angela Hewitt faccia soprattutto “molto fine”.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Elfo Puccini – Sala Shakespeare
C.so Buenos Aires, 33 – Milano
venerdì 7 settembre – ore 17

MiTo – Settembre musica
Bach
Bach: Variazioni Goldberg
pianoforte Angela Hewitt