Atto mancato

Al Teatro Argentina, uno degli ultimi grandi Maestri del contemporaneo si interroga sulla responsabilità e i doveri dei potenti della Terra: Peter Brook torna a Roma con Battlefield, tratto dal Mahabharata.

È uno spazio scenico scarnificato e bidimensionale, quello in cui Peter Brook isola accoglie gli esiti di un conflitto antico quanto il Mondo e, con esso, l’essenza più oscura della vita umana (la sua innaturale volontà di morte).

Individuando l’archetipo di una primordiale ansia di (auto)annientamento e la propedeutica della moralità politica, rispettivamente, nel contrasto tra consanguinei e nella necessità di una critica responsabilità individuale, Battlefield inscena la guerra intestina alla famiglia dei Bharat, epocale al pari delle più recenti guerre mondiali perché capace di mietere «milioni di morti», attraverso uno spettacolare esempio di teatro in sottrazione in grado di vestire la propria poesia drammaturgica della più pesante e opaca concretezza.

Nessuna sovrastruttura complica la povertà della messa in scena e la sua anima tanto politica quanto antropologica, con canne di bambù che, trasfigurando armi impalate al cuore della terra, lasciano intuire la morte attraverso l’assenza dei corpi caduti, mentre semplici drappi diversamente colorati identificano vari personaggi che, sui resti del campo di battaglia, vedremo ingaggiare una dilaniante riflessione sulla scorta di un senso di colpa che ammanta tanto i rimpianti di chi pure avrebbe raggiunto il proprio scopo (Yudishtira, «la vittoria è una sconfitta»), quanto i rimorsi di chi, invece, ha fallito (il re, suo zio Dhritarashtra, «avremmo potuto evitare questa guerra»).

La ricerca dell’essenze, la tensione all’estrema semplificazione della scenografia, dei costumi e della recitazione (ridotta quasi a contrappunto ritmico del toccante bongo di Toshi Tsuchitori) trovano in Carole Karemera, Jared McNeill, Ery Nzaramba e Sean O’Callaghan attori straordinari nel non patire l’eccesso di naturalismo dell’interpretazione vocale e gestuale e così dare consistenza e credibilità a personaggi accomunati dalla nausea dell’esistenza, nonostante il discutibile inserto – ai limiti del cabarettistico – della ricerca di dove fossero i poveri in sala.

Recuperando e potenziando in un unico atto l’essenzialità della monumentale opera originaria, quel Mahabharata di quasi nove ore messo in scena al Festival di Avignone nel 1985, in un periodo storico in cui i fantasmi del passato sembrano essere più reali che mai (dal disastro ecologico alle migrazioni umanitarie e il sorgere di nuovi fascismi), la comprensione e la compassione della narrazione invocano dunque un altissimo grado di concettualizzazione di intenzioni culturali particolarmente urgenti e ambiziose («la reale platea a cui ci rivolgiamo è composta da Obama, Hollande, Putin e da tutti i presidenti») ed è, probabilmente, proprio questo livello accademico della regia a inficiare il raggiungimento del suo duplice obiettivo, ovvero l’edificazione di un’esperienza di mistica compartecipazione e l’assunzione della portata filosofica del mito originario. Così donando a Battlefield la semplice e arida connotazione di un’operazione stilistica di pregio, purtroppo, priva dell’adeguato e auspicato potere empatico, di conseguenza incapace di provocare il ricercato impatto nelle coscienze degli astanti.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Argentina
Largo di Torre Argentina, 52 – Roma
dal 11 al 15 maggio 2016
ore 21, domenica ore 17

Battlefield
tratto dal Mahabharata e dal testo teatrale di Jean-Claude Carrière
adattamento e regia Peter Brook e Marie-Hélène Estienne
con Carole Karemera, Jared McNeill, Ery Nzaramba, Sean O’Callaghan
musiche Toshi Tsuchitori
costumi Oria Puppo
luci Philippe Vialatte
adattamento e traduzione a cura di Luca Delgado
produzione C.I.C.T. – Théâtre des Bouffes du Nord
co-produzione The Grotowski Institute, PARCO Co. Ltd / Tokyo, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Young Vic Theatre, Singapore Repertory Theatre, Le Théâtre de Liège, C.I.R.T., Attiki cultural Society, Cercle des Partenaires des Bouffes du Nord
durata 70′
in lingua inglese con sopratitoli in italiano