Sentieri spezzati tra Austria e Italia

All’interno del parco di Capodimonte, è andato in scena in prima nazionale l’ultimo progetto firmato dal duo Amadio/Fornasari del Teatro Filodrammatici di Milano per il Napoli Teatro Festival Italia, Bed Boy Jack.

Siamo in Austria. La scena è quella del crimine, come ci avvisa il tipico nastro giallo Do Not Cross all’interno del quale vengono ambientati tutti i luoghi di questo spettacolo, il bosco in cui vengono uccise le prostitute, gli appartamenti di Günter Grass, Elfriede Jelinek e quello che Jack Unterweger divide con la giovane compagna, lo studio tv che apre e chiude il sipario.

In questo perimetro, una paradossale sensazione di corresponsabilità accomuna tutti i personaggi che vi si troveranno a gravitare: i due Nobel che Fornasari immagina divisi tra una sorta di cosmopolita filantropia intellettuale e un sottile cinico arrivismo; una conduttrice televisiva che nel corso delle interviste a Jack e Elfriede sembra più interessata al gusto della polemica che al riscontro dei fatti; la teenager innamorata del serial killer, la cui ingenua fiducia tende purtroppo a una sorta di colpevole cecità.

Complici la penombra disegnata dalle luci di Fabrizio Visconti e le dinamiche coreografiche di Marta Belloni, l’atmosfera è claustrofobica e surreale, la solitudine individuale palpabile, la ricerca da parte del protagonista di qualcuno che possa comprenderlo diviene via via disperata, ma l’impossibilità di spezzare l’apparenza esteriore fagocita ogni cosa fino al tragico epilogo.

L’allestimento recupera la storia di Jack Unterweger, lo scrittore «sempre vestito di bianco, con aria eccentrica e l’inconfondibile sciarpa rossa» che negli anni 90 divenne «un vero e proprio idolo tra gli intellettuali austriaci» dopo esser stato condannato per l’omicidio della diciottenne Margaret Schaefer nel 1974 a Salisburgo.

In prigione Jack impara a leggere e a scrivere, la sua autobiografia dal carcere, Fegefeuer oder die Reise ins Zuchthaus, diviene nel 1984 un cult e, pochi anni dopo, un lungometraggio diretto da Wilhelm Hengstler.

La sua storia appassiona l’intellighenzia letteraria, «tra cui i futuri premi Nobel, Gunter Grass ed Elfriede Jelinek», la quale con la propria influenza riesce a ottenerne la scarcerazione in regime libertà vigilata. Da questo punto, fomentato dall’insperato successo culturale, la personalità narcisistica di Unterweger esplode. Presenzia compulsivamente ai talk show, incontra personalità influenti, addirittura ricerca indizi per un servizio giornalistico commissionato dal suo editore su alcuni misteriosi omicidi di prostitute che stavano interessando l’Austria. La svolta avviene quando viene inviato in California per un reportage sulla prostituzione negli Stati Uniti. Qui, in coincidenza con la sua permanenza in terra americana, tre prostitute vengono uccise con lo stesso identico modus operandi di quelle europee, ossia strangolate con un reggiseno e il corpo coperto di foglie. Allarmata dall’accaduto, ma sospettosa da sempre, la polizia austriaca lo estrada e lo incarcera, ma Jack – prima di essere condannato, dunque tecnicamente da innocente – si suicida utilizzando le stringhe dell’uniforme per strangolarsi analogamente alle vittime.

Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Sara Bertelà e Chiara Serangeli, solidi al netto di qualche passaggio a vuoto, sono efficaci nell’alternare gli umori instabili del protagonista (il primo) e nel cambiare ruolo (Arrigazzi è Grass, marito, ispettore, avvocato; Bertelà è Jelinek, prostituta, ispettrice, moglie di Grass; Serangeli è la giovane compagna di Jack, cane, conduttrice televisiva) e danno la giusta dose di enfasi ed energia all’effimera solidarietà artistica e umana nei confronti del «primo serial killer nella storia del paese».

Il potere della parola di costruire storie si dimena nel corpo a corpo verbale che Jack consuma continuamente con i propri interlocutori, perché è evidente come i rispettivi racconti assolutizzino la propria verità dando forma a una incomunicabilità che strozza in gola e a una tragedia che, fatte le debite proporzioni, accompagna quella delle vite spezzate per sempre.

Vista l’ispirazione di partenza, si sente la mancanza di un radicamento dello spettacolo in condizioni sociali prossime al pubblico che ha di fronte. Tuttavia, nonostante si faccia fatica a sentirsi coinvolti in un caso di tale disumanità e di profonda riflessione su «una storia che ha per tema il dubbio che l’arte sia davvero capace di sublimare la violenza» e la collocazione geografica e temporale risulti poco significativa, l’intera opera pone e sostiene con grande evidenza le proprie coordinate culturali, ossia la restituzione di un clima postmoderno dove è la narrazione che si fa degli esseri umani a dare senso e valore alle loro stesse esistenze.

Un risultato che testimonia il mestiere di chi ha ideato un progetto già godibilissimo ma che, con le adeguate e opportune limature al contesto ambientale, potrebbe giungere a far esperire con maggiore efficacia quella «resa dei conti» tra «etica ed estetica» da cui pure prende significativamente le mosse.

Capodimonte – Fagianeria
3 luglio, ore 21.00
durata 90’
Prima Assoluta

Bed Boy Jack
progetto di Amadio/Fornasari
testo e regia Bruno Fornasari
con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Sara Bertelà, Chiara Serangeli
movimenti Marta Belloni
scene e costumi Erika Carretta
disegno luci Fabrizio Visconti
suono Silvia Laureti
assistenti alla regia Marta Belloni, Lapo Sintoni, Giulia Lanzilotto
coproduzione Teatro Filodrammatici Di Milano, Teatro Stabile Del Veneto