Elena Bucci, la divina, in Bimba’22. Ricompare Laura Betti

Un’ora e mezza di assolo sulla vita e l’arte scenica di Laura Betti. Il legame con Pasolini, le reminiscenze sovrapposte all’attuale.

L’attesa non è stata delle solite, in antisala, in platea a luci accese, anche in città per vicoli e piazze. L’attesa del piacere. Del piacere della scena quando a calcarla, e dominarla con maestosa sinuosità, è una delle attrici più interessanti e premiate del panorama. Elena Bucci. E questo è oggettivo. Unanime.
Meno (oggettivo) è ciò che ognuno degli astanti porta con sé durante e dopo lo spettacolo. Stabilendo un patto tacito, effimero, irripetibile, nel buio e nel silenzio dell’ascolto, a seconda della propria comprensione e percezione del proposto. La meraviglia: trovarsi attorno in comune recettività e condividere un senso di comprensione collettivo. Accade solo a teatro.

Buio. Qualche taglio bagna il palco. S’intravede un fondale al centro dello spazio, ridotto, a diminuire distanze e significare per futuri e prossimi contatti. In proscenio una sedia vuota – lo schienale rivolto al pubblico -, un microfono, una finta quinta – un sipario sotto al sipario, rigorosamente aperto.
Alta, slanciata, perfettamente a suo agio, padrona – di scene e di anime – quando Elena Bucci compare ai suoi spettatori, il contatto creato potrebbe materializzarsi, diventare un elemento ulteriore, autonomo, drammaturgico. Del resto, non è possibile l’atto teatrale, artistico, senza interazione, e interazione materica, sonora, emotiva, tra attore e pubblico. E quando l’unione, perché di unione si tratta, sparge tracce consistenti benché invisibili, si potrebbe non andare oltre, nel descrivere, criticare, osservare e trasmettere. Sono pochi gli spettacoli a ricreare entusiasmo, al di là dei contenuti affrontati e comunicati, dello spessore politico, umano, societario, al di là del detto e fatto insomma. L’entusiasmo è l’apicale effetto dell’unione tacita tra pubblico e scena. Unirsi insieme, ebbri.

In terza persona, in seconda (un tu impersonale e usato con tatto, senza paternalismo), e in soggettiva, la persona/ il personaggio Laura Betti sotto la luce dei riflettori che rendono nudi, specchiano la natura. Umana, in questo caso. Pretesto per schizzare un bozzetto sul carnet dell’ambiente dello spettacolo, i cliché, i vizi, la disperata umanità, le diversità, i tentativi goffi di somigliare al potere, rifiutandolo. E il sangue nelle vene (la capacità delle scene di far riaffiorare il nascosto, l’intimo), la mentalità frutto di dettami originari, familiari, l’infanzia, i satelliti ruotanti attorno l’orbita, dell’attrice, cantante, donna, Laura Betti, musa di Pasolini, testimone del suo crudele lascito.
E da sola, in scena, divina, la Bucci interrompe la staticità con innesti di teatro di figura, a ricreare il fantasma, l’ombra, la voce postuma che mai muore, oltre il corpo. A riprodurre brechtianamente il “comportamento”, dettato non esclusivamente da motivi psicologici, seppure pregnanti, ma da una dimensione concreta ed esterna, e a ricrearsi nel cerimoniale che trasforma il palcoscenico in un gioco di specchi, un rituale (l’immagine dell’immagine – cit. Genet).
La parola azione, la mimica essenziale, il gesto autonomo, l’impasto di linguaggi scelti e creati dalla Bucci a tessere uno spettacolo di mestiere e di libertà, la libertà di eludere sé stessi a favore del personaggio, la libertà di indugiare e rischiare la stanchezza, libertà di condurre e lasciarsi condurre, di farsi guardare senza eterodirigere. A strutturare l’impianto scenico di subitanea efficacia, una parure di luci a suggerire ambienti e ispirare tinteggio interiore, l’elemento musicale a sedare languori, la netta e asciutta impronta registica a sistemare il palco come luogo evocativo, discriminare i piani di accesso della fruizione, altalenare la comprensione guidata all’evasione per effetto di astrazione, di interiorizzazione.

Compaiono, i personaggi della Bucci. Compare Laura Betti, compare Pasolini. Forse, mai scomparsi.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Galleria Toledo

Vico II, Vicolo I Porta Piccola a Montecalvario 34, Napoli
Quartieri Spagnoli – Napoli

Bimba ‘22
Inseguendo Betti e Pasolini

drammaturgia, regia e interpretazione Elena Bucci
luci Loredana Oddone
con il contributo di Max Mugnai e Daria Grispino
drammaturgia del suono, interventi elettronici e registrazioni Raffaele Bassetti
macchinismo Giovanni Macis
costumi Nomadea
assistenti all’allestimento Nicoletta Fabbri, con l’aiuto di Federico Paino
produzione ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Le belle bandiere
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, ATER Fondazione, Comune di Russi