L’eterno ritorno della processione del cuore nero

Assistere ad un concerto dei Black Heart Procession è un’esperienza di immersione in una melanconia totale, bagno catartico che trascende il semplice “umore nero” e che si dimostra come un dono che non può essere rifiutato. E questo nuovo (inaspettato, insperato) tour del leggendario progetto di Pall Jenkins e Tobias Nathaniel si dimostra essere un’offerta di un’oscura bellezza, in pieno spirito BHP.

La serata allo sPAZIO 211 di Torino si inaugura piuttosto tardi, quando la notte è già calata e le ombre del passato possono esprimersi e circolare liberamente. Sono quasi le 22 quando una presenza mezza uomo mezza coniglio appare sulla piccola scena predisposta di fronte al palco principale. Questo essere ibrido si fa chiamare Worlds Dirtiest Sport, ma sappiamo che dietro quella maschera si cela, in realtà, Kevin Branstetter, membro fondatore dei Trumans Water di San Diego. Il suo nuovo progetto mantiene senza dubbio la follia del vecchio gruppo, ma questa sua nuova proposta lisergica, pur acquistando in libertà di espressione, sembra però mancare di incisività.

Giunge quindi il tempo del secondo atto della serata, con i sorprendenti italo-francesi (più precisamente, veneziano-bretoni) di Grimoon. Un set di poco più di mezz’ora che stupisce per il mix di sonorità cosmiche, elettriche, folkloriche e rock, mentre sullo sfondo scorrono le immagini dei cortometraggi realizzati dalla stessa band. Linee melodiche sognanti in grado di far danzare il pubblico: qui pensiamo, in particolar modo, alla splendida e recente The moon, che si pone in prosecuzione con lo spirito e con le tematiche del loro ultimo album Vers la Lune (Vaggimal, 2015). La musica e le immagini si compenetrano in maniera estremamente efficace e solida, per una esperienza che osa un interessante dialogo attivo tra i due linguaggi.

Il concerto dei Grimoon termina ed il pubblico si addensa sempre di più contro l’intima scena dello sPAZIO 211. L’attesa non si rivela lunga ed ecco apparire Pall e Tobias, accompagnati dalle due nuove reclute (il serbo Vladimir alla batteria e violino e il bosniaco Boris alle tastiere). Sì, i Black Heart Procession sono lì, quasi non ce lo aspettavamo dopo tutti questi anni. Trascorsi diciannove anni dalla pubblicazione di 1 (Headhunter, 1998) e venti dalla registrazione dell’album, questa nuova tournée di 27 date attraverso l’Europa vuole essere una celebrazione di quel lavoro germinale e, allo stesso tempo, un nuovo inizio. E quando si ricomincia una storia, la si ricomincia sempre da capo. E con i fantasmi del passato.

E i fantasmi del passato dei BHP sono estremamente densi e non sembrano essersi affievoliti con il tempo. Jenkins et Nathaniel hanno ora ripreso in mano uno dei progetti più interessanti del rock melanconico americano degli ultimi decenni e riproporre il loro 1 è un atto d’amore e una chiara dichiarazione della volontà di tornare al lavoro. Non semplice nostalgia, ma grido esistenziale, insopprimibile. Jenkins prende posto sul lato sinistro del palco ed inizia immediatamente a far vibrare la sua sega elettrificata mentre il fido Nathaniel disegna traiettorie a noi così care e riconoscibili. Note accarezzate che contengono umori scuri di amori e di fatalismi, di intense dichiarazione e di piccole storie della provincia americana. La tracklist originale dell’album è rispettata in maniera rigorosa, come a significare che non è necessario un rimescolamento delle carte. Quell’album era perfetto così come è stato pubblicato e i Black Heart Procession di oggi non propongono alcuna decostruzione o rivisitazione del loro passato. Dichiarazione di onestà e di trasparenza: noi eravamo questi, e lo siamo ancora. Se volete una nostra pubblicazione, sarà solo questione di tempo. Nell’attesa, godetevi queste storie che conoscete così bene.
The Waiter e The Old Kind of Summer aprono il concerto e le lacrime scorrono secche, troppo intime per mostrarsi apertamente. Il battito costante di Release My Heart e di Blue Water-Black Heart segnano profondamente il set proprio come la loro presenza su disco rappresentava un’incisione sanguinante ed affascinante. Even Thieves Couldn’t Lie e Heart Without a Home sono delle dolci carezze che rallentano il battito cardiaco e che potrebbero essere delle perfette ninnenanne (ma accuratamente da evitare se si desidera che i nostri figli raggiungano l’età adulta). Il lato B di questo 1 in versione live si apre sulle asperità ghiacciate di The Winter My Heart Froze, proseguendo sulle ruvide aperture blues di Stitched to My Heart, prima di depositarsi sulle avvolgenti e fatali liriche di Square Heart. In guisa di chiusura In a Tin Flask e, soprattutto, la lunga A Heart the Size of a Horse disegnano un’ultima rumorosa (ben più che su disco) parabola che si getta nel mare nero di un cuore sofferente. L’album è finito, il braccio di lettura ritorna al suo posto e il piatto si arresta. Il sogno si interrompe per necessità intrinseche, ma c’è tempo per altri tre pezzi, piccole gemme che il quartetto offre al pubblico prima di congedarsi e che includono una nuova canzone che narra di rifugiati e di immigrati, scritta da chi è cresciuto “a due minuti da Messico”.

Ce ne andiamo con un’immensa melanconia ma che volge al sorriso, ben sapendo che questa volta non si tratta di un addio.

Il concerto ha avuto luogo:
sPAZIO 211

Via Francesco Cigna, 211 – Torino

sPAZIO 211 e TOdays Festival hanno presentato:
Black Heart Procession + Grimoon + Worlds Dirtiest Sport

Set
The Waiter
The Old Kind of Summer
Release My Heart
Even Thieves Couldn’t Lie
Blue Water-Black Heart
Heart Without a Home
The Winter My Heart Froze
Stitched to My Heart
Square Heart
In a Tin Flask
A Heart the Size of a Horse

Encore
A Cry for Love
The War Is Over
(New Song)

www.spazio211.com
www.todaysfestival.com