Afferrando l’infinito

Prima nazionale, al Funaro di Pistoia, di Blake EternalLife Show, firmato da Pappacena/Vezzani.

Comprendere il regno dell’arte è quasi impossibile. Alle volte impenetrabile, altre scarno. C’è uno spettacolo per ogni cuore e un cuore differente per ogni spettacolo. C’è l’opera che aggredisce, quella che compiace, l’opera che confonde e quella che rieduca. E in tutto ciò, quel senso continuo di affermazione dell’io, che difficilmente viene a mancare. Perché l’arte, si sa, è sempre un po’ diva.
E poi ci sono creazioni come Blake EternalLife Show.
Fosse possibile scrutare in esso come si fa con l’acqua, si vedrebbe forse Fabio Pappacena quando, lo sguardo levato al soffitto, dichiara il suo essere strumento, e nulla più, imprestato a Blake come medium temporale.
Prodotta dal Teatro del Carretto, la nuova versione di un esperimento che già abbiamo veduto in itinere quasi due anni fa, ha debuttato al Funaro di Pistoia il 21 aprile, in prima nazionale. Giacomo Vezzani alla tastiera, Fabio Pappacena alla chitarra, oltre alle voci vibranti e carnali di Elsa Bossi ed Elena Nenè Barini.
Intervistato il gruppo: «Quattro come gli Zoa», scherza Vezzani, si ripercorre la strada di un’opera umile e al contempo ambiziosa, a partire da ciò che l’ha preceduta: «Prima c’è stato un radiodramma», racconta Vezzani, che aggiunge: «Mi hanno chiesto su RadioRai3 qualcosa su Giovanni Pascoli, poeta del suono. Poesie musicate e poi la sua storia raccontata dalla sorella. È piaciuto così tanto che hanno chiesto qualcosa che ripetesse la stessa formula. Io, però, non ero interessato a rifare la stessa cosa. Volevo concentrarmi su un poeta delle visioni. Chi meglio di William Blake?»
Da qui l’aggiunta di un compendio visivo, che rappresenta forse la novità più incisiva: al volto biforme dell’Agnello/Tigre, archetipi della doppia natura umana sostenuta dal poeta, che troneggia come immagine iconica già nella versione precedente, nonché sul compact disc, si accompagnano le sue incisioni più allucinate, sfilate come un flash psichedelico sulle note di The Sick Rose; brevi sequenze video s’innestano sulle ultime battute di altri brani, dal melanconico gioco delle mani a esemplificare le schermaglie di Never Seek to Tell Thy Love, allo sciogliersi sconsolato della bambola di cera. Preludio, questo, di uno stato di grazia impermanente, accentuato dal contrasto morboso con lo spettro musicale delle Songs of Innocence, inneggianti a una vita agreste, dolce come il paradiso che si è soliti narrare ai bambini, scandite da un reparto sonoro caldo, armonioso, che sospinge sapientemente quel lessico volutamente ingenuo che Blake usa per tinteggiare un cielo ancora limpido, ma in procinto di oscurarsi. E difatti si oscura, scorrendo lo spettacolo verso toni più disillusi. È la nascita della Tigre, dell’uomo razionale, è l’esperienza del dolore che prevale sull’innocenza ignara. E come la sintassi del poeta vira a incrociarsi e la scelta semantica a crescere in complessità, così il comparto sonoro si corrompe di tracce elettroniche via via più invadenti, delle quali è intrisa la tastiera di Vezzani, mitigata dall’ascendente rock di Pappacena.
Blake EternalLife Show, opera proteiforme, e non soltanto nell’indagine umana, è l’incontro di diverse espressioni artistiche – musica, grafica, poesia, teatro. Un po’ di caos nella sincronia tra testo cantato e traduzione video. Spiegheranno gli autori, nel dopo spettacolo, che per narrare l’universo mentale di un artista dalla portata tanto vasta – e quando si ascende al simbolo non è possibile contenersi – il primo impulso è sempre quello di spaziare nello spettro comunicativo, offrendo un mondo multidisciplinare, simile a quello di Blake – poeta, incisore, visionario.
«Non potevamo raccontare la storia di William Blake», aggiunge il gruppo: «ossia, la storia di un uomo che non esce da casa sua. C’è chi ha ipotizzato addirittura la sua schizofrenia. Non vi erano fatti da narrare. Quello che è successo, è successo nella sua testa. Sensazioni, tracce».
A conclusione di un percorso che è quasi un cacciare farfalle con una rete, il gruppo afferma di cercare la quiete, per il momento, lasciando che l’esito del lavoro maturi e si consumi un poco.
Rimane così una gamma musicale che si accavalla, che incede improvvisa, come una visione. Rimane un ambiente intimo, favorito dallo spazio raccolto del Funaro, dove i corpi si accalcano, lambiti dal tocco delle luci sceniche. Rimane la dichiarazione d’intento, pienamente raggiunto e dichiarato indirettamente da Elena Nenè Barini a fine intervista: la ricerca di una purezza artistica così limpida, così lampante da risultare immensa.
Rimane che non sempre l’arte ha da farsi diva. Talvolta la sua poesia è come la Pietà: effonde dal basso, come condensa dall’erba rorida.

Lo spettacolo è andato in scena:
Centro culturale Il Funaro

Pistoia
venerdì 21 aprile, ore 21.00

Blake EternalLife Show

di Giacomo Vezzani e Fabio Pappacena
con Giacomo Vezzani (tastiera), Fabio Pappacena (chitarra), Elsa Bossi ed Elena Nenè Barini (voci)
produzione Teatro del Carretto