Dalla sacralità di Haydn, al vigore di Brahms e oltre

All’Auditorium Parco della Musica di Roma, l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Olari Elts ci fa attraversare due secoli musica.

Nella storia della musica classica, Johannes Brahms, ovvero la “terza B della musica tedesca” (dopo Beethoven e Bach) ricopre un ruolo essenziale, come ponte fra la tradizione romantica e l’avvento del nuovo secolo. Noto e stimato in tutto il mondo, nel 1876 Brahms aveva già prodotto un’opera di assoluto rilievo, ma a 40 anni ancora non aveva composto una Sinfonia. Forse il fantasma di Beethoven e la possibilità che potesse essere fatto un qualche paragone evidentemente intimoriva il grande compositore; ma Brahms decise di sfidare se stesso, e compose la prima di quattro sinfonie, eseguita per la prima volta il 4 novembre del 1876. Per molto tempo, la tradizione critica ha sempre parlato della prima sinfonia brahmsiana come della “decima sinfonia di Beethoven”, per sottolineare la continuità col grande maestro. Tra i nomi che apprezzarono in maniera entusiasta la prima sinfonia, c’è quello di Hanslick, celebre musicologo dell’800 che riconobbe la ripresa del tardo stile beethoviano nella sinfonia di Brahms. Basti pensare all’ultimo movimento, dove l’Inno alla gioia diviene forse qualcosa di più di una mera ispirazione in alcuni tratti. A distanza di molti anni, però, oggi la tendenza della critica ha rivista la sua posizione, riconoscendo la netta distanza che separa la produzione di Beethoven da quella di Brahms, e nel particolare a proposito della prima sinfonia. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha proposto al pubblico romano dell’auditorium Parco della Musica, presso la Sala Santa Cecilia, proprio la Sinfonia n.1 di Brahms, diretta da Olari Elts, giovane direttore d’orchestra estone di fama internazionale. In realtà si tratta di un cambiamento di programma, perché a ben vedere era prevista l’esecuzione della Quarta Sinfonia di Brahms da parte del Maestro Yuri Temirkanov, che ha dovuto annullare l’impegno per ragioni di salute. Elts non ha fatto di certo rimpiangere l’assenza di Temirkanov: l’esecuzione è stata dinamica e avvolgente, esaltando gli accenti post-romantici che hanno trascinato l’orchestra in maniera impetuosa. Lo splendido concerto si è svolto in due parti, la seconda composta dalla sinfonia di Brahms, mentre nella prima si è assistito a due opere di musica sacra. La prima, il Te Deum in do maggiore per l’Imperatrice Maria Teresa, di Franz Joseph Haydn, capolavoro allo stesso momento liturgico e illuminista, per come la costruzione geometrica e matematica è dedicata al culto divino. Il coro, diretto da Ciro Visco, è protagonista anche nella seconda opera eseguita, che compie un salto di due secoli per arrivare nella contemporaneità. Si tratta di una composizione del 2009, eseguita per la prima volta in Italia, del compositore georgiano Giya Kancheli, artista del 1935 e tutt’ora in attività soprattutto nell’ambito della musica sacra; infatti, l’opera eseguita in questa occasione è un Dixi, dove si alternano fragorosi tuoni di suono a lentissimi silenzi e pause che distendono l’opera in maniera mistica.

Lo spettacolo è andato in scena:
Auditorium Parco della Musica
viale Pietro De Coubertin – Roma
fino a martedì 5 marzo, ore 19.30

Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta
Te Deum in do maggiore per l’Imperatrice Maria Teresa di Franz Joseph Haydn
Dixi di Giya Kancheli
Sinfonia n.1 in do minore op. 68 di Johannes Brahms
direttore Olari Elts