Al Teatro i, Alessandro Quattro interpreta un Bruto in giacca e cravatta.


«Siamo nati liberi, vogliamo morire schiavi?»: è una delle frasi di maggiore impatto espresse da Bruto, che rivive il tormento della magnificenza e dell’esaltazione di Cesare, l’omicidio ai danni dell’imperatore e il proprio accennato suicidio. È però un Bruto moderno quello che mette in scena Alessandro Quattro che, dopo le prime parole espresse sotto un lenzuolo, si mostra vestito in giacca e cravatta mentre il ricordo dell’antica Roma è affidato solo a un momento in cui lo stesso lenzuolo, che prima lo copriva, gli ricade sulla spalla ricordando una tunica, tipica del vestiario romano. Chiaro il significato di questa scelta: creare una forte connessione tra la sfera politica di duemila anni fa e quella di oggi. Bruto è l’unico personaggio presente fisicamente in scena, mentre Giulio Cesare e Antonio sono evocati attraverso ombre che arrivano a dimensioni gigantesche, tanto da risultare opprimenti, anche perché spesso le loro sagome sono accompagnate dall’assordante rumore della folla esultante.

Quanto non evoca la povera scenografia – solo un tavolo – lo fanno i rumori, i suoni, le luci, i bagliori, i colori, che ricoprono un ruolo decisivo: ad esempio, l’ombra di Antonio si staglia su un rosso sanguigno, mentre Bruto spiega direttamente al pubblico in sala le sue ragioni rivolgendosi ad «amici, romani, italiani» su uno sfondo azzurro, chiara allusione all’Italia di oggi. Ed ecco che, nelle sue argomentazioni, il regicida tratta il tema della libertà di espressione, della democrazia, della contrapposizione tra il proprio bene e quello della comunità, dell’ambizione, con numerosi e voluti riferimenti alla situazione politica di oggi, che sicuramente negherebbe alla pièce una proiezione televisiva in tempo di elezioni. Il tema è forte e le parole sono crude, unendo realismo a idealismo.

«Non ho ucciso Cesare perché gli volevo meno bene, ma perché volevo più bene a Roma», afferma Bruto con coraggio. La sua sicurezza, però, a un certo punto vacilla e il fulcro dello spettacolo si sposta sul suo dramma interiore e quella confusione mentale sottolineata dai rumori che ne sopraffanno la voce, divenuta flebile. Da bravo democratico Bruto dà spazio anche ad Antonio, il quale gli fa da alter ego difendendo Giulio Cesare.

Si lascia il teatro chiedendosi cosa sia giusto e chi detenga la verità, senza riuscire ad approdare a risposte univoche. Forse la giustizia è qualcosa di troppo virtuoso per essere afferrata da uomini mortali e fallibili.

Lo spettacolo continua
Teatro i

Via Gaudenzio Ferrari 11 – Milano
fino a giovedì 15 aprile
orario degli spettacoli: ore 21

Bruto
di e con Alessandro Mor e Alessandro Quattro
luci Stefano Mazzanti
suoni Carlo Dall’Asta
in coproduzione con Residenza Idra – Teatro Inverso
in collaborazione con Teatro i