Esserci, condividere

Secondo giorno a Lari per Collinarea Festival, con proposte che si muovono fra tradizione, ricerca, sperimentazione, indagine e impegno.

Si inizia alle 20.00 (con una modifica rispetto al programma: lo spettacolo delle 19.00 slitta alle 23.00) con Cabra, performance di danza e teatro fisico di Marina Abib, che da anni fa la spola fra Brasile, Italia e resto d’Europa, e che ha presentato un lavoro nato dalla ricerca di un senso per le sue esperienze di danzatrice.
Assistendo a Cabra immaginiamo una sorta di battaglia (tutta femminile – nel senso più nobile del termine), una lotta guidata da un’esigenza interiore che preme contro un bozzolo ostile, fatto di abiti, idee, voci, ammonimenti che affliggono l’esistenza. La danzatrice è affossata in un mucchio di vestiti, ne emerge lentamente, prende energia ed evolve. La sua mano è inizialmente mano che scrive, che annota; lei è anziana, curva, poi donna in ufficio, donna sola in strade trafficate da gente indifferente. Lentamente emerge un direttore d’orchestra: è quasi libera. Poi arriva il richiamo, l’ammonimento, e con esso il rischio di restare affossati di nuovo. Questa volta, però, il pericolo è di soffocare e morire. Lo sforzo allora si fa lancinante ma, alla fine, ripaga: dagli abiti emerge una donna diversa che cerca di imparare a camminare e, infine, danza. Si susseguono immagini di nascita, ribellione e morte, sacrificio di sé.
I gesti e i movimenti dell’interprete mutano ed evolvono anch’essi: prima informi, soffocati dalle stoffe dei vestiti, poi disarticolati e simili a quelli di omini di plastilina. Passano alla quasi libertà del direttore. Dopo la quasi libertà, una nuova sconnessione. La caduta, un verme vincolato a terra, messo in moto da un centro propulsivo nel ventre.
Le musiche hanno, nella performance, una parte importante: come fasi di vita, fonti di ispirazione, momenti di un’evoluzione, marcano il cambiamento per ritorni ciclici a spirale: uscita, evoluzione, combattimento, ricaduta.

Di seguito assistiamo a Gul. Uno sparo nel buio di Cantieri Teatrali Koreja. L’angolo scelto per lo spettacolo è molto intimo, straniante rispetto al tema trattato. Al calore del Castello di Lari si contrappone il freddo di un giallo ambientato in Svezia. Gul è a tutti gli effetti un thriller della storia svedese degli anni 80: l’assassinio, nel 1986, del Primo Ministro, Olof Palme. Un omicidio irrisolto, ancora senza colpevoli, un misterioso cold case della recente storia mondiale.
Quello presentato a Collinarea è il secondo di tre studi, prima del debutto che si terrà a settembre. Vi vediamo tratteggiati due ritratti di altrettanti personaggi coinvolti nella storia: una zelante e onesta agente di polizia e il presunto assassino neonazista (prima riconosciuto dall’unica testimone, la moglie di Palme, e condannato in primo grado, e poi assolto in secondo grado per mancanza di prove). Due ritratti, equilibrati e con rimandi sotterranei fra loro.
Oltre a riportare all’attenzione pubblica il grave fatto di sangue (un mistero irrisolto che, fra i vari possibili colpevoli, vedrebbe i servizi segreti di vari Stati), Gul risveglia la coscienza e il sospetto nei confronti delle possibili forze oscure che governano l’ordine mondiale.
Tuttavia, aldilà del problema del giallo politico, anche altre questioni importanti sono sollevate: il disagio della democrazia (come non essere d’accordo con l’assassino neonazista che contesta all’ideologia democratica il rischio di un’uguaglianza massificante e disumanizzante?), l’ipocrisia politicamente corretta che avvelena il principio dell’uguaglianza fra i generi (paradossalmente, insinua l’assassino, la sua dichiarazione di colpevolezza non è accolta perché corroborata dalla testimonianza di una donna, considerata di pochissimo valore). Due critiche, fra l’altro, che sono avanzate dopo che abbiamo visto, nella prima parte, il ritratto di una agente desiderosa di giustizia che si sente investita di una missione, che lotta contro la sua scarsa memoria, per cui nutre pochissima fiducia. Una agente che è schiacciata da un pesante senso di fallimento personale, nel momento in cui si scontra con forze insormontabili, più grandi di lei, perché legate a sistemi di potere superiore. È forse questo il significato di soggiacere alla grande Storia?

Passiamo, quindi, a Chanson (Indi)Geste, di Collinarea Festival, Scenica Frammenti, Todomodo, Achab Teatro, in scena presso il tendone alle 22.00.
Richiamandosi alla tradizione del ciclo carolingio e di quello bretone, oltre che all’Orlando Furioso, il testo è interamente scritto in una prosa poetica che sfrutta versi e rime, con un recupero della tradizione letteraria (volendo anche teatrale) gustoso e stimolante. La Chanson è indigeste perché, all’ideologia che animava gli antichi canti (ma non l’Ariosto), si oppone una lettura disincantata e critica di ciò che realmente si nasconde dietro certe grandi imprese di conquista (e liberazione, aggiungeremmo): mistificazione, invenzione di una ideologia ad hoc. L’eroe si rivela ottuso e prevaricatore. La bella Angelica, agognato oggetto del desiderio, non solo rifiuta i cavalieri ma si ribella all’idiozia disastrosa delle loro convinzioni: stanca di essere preda di istinto e violenza – che i cavalieri definiscono al contrario amore – la fanciulla si fa – finalmente! – impietosa e determinata vendicatrice.
In scena i due cavalieri Ferraù e Rinaldo, la bella Angelica, e due musicisti che, lateralmente e sul fondo, suonano dal vivo contrabbasso, cajon e chitarra.
Nell’interazione fra i due antagonisti maschili, le trovate sono divertenti ed esaltano un testo interessante, con schermaglie che si fanno quasi danza.
Unica perplessità riguarda la forma della messinscena: al nucleo solido rappresentato da testo e regia-prossemica, si aggiungono molti elementi piuttosto eterogenei dal punto di vista stilistico: il tulle che fa da foresta (con alberi stilizzati proiettati), i costumi degli attori in uno stile ispirato al Medioevo che si contrappongono ai musicisti vestiti in modo contemporaneo e che suonano musica contemporanea, l’uso occasionale del dialetto napoletano, la presenza di un paio di canzoni. Troppi elementi discordanti che rendono il risultato meno efficace di quel che potrebbe essere.

A fine serata è la volta di Guascone Teatro con Balla! drammatizzazione di una novella giovanile di Anton Čechov, Il violino di Rotschild.
Anche in questo caso, è unicamente la musica del violino a fare da complemento sonoro. In scena il protagonista, Jakob, detto Bronzo, fabbricante di bare; Mafra, moglie/manichino di Bronzo; e un violinista che accompagna la vicenda e che, all’occasione, si trasforma in personaggio del racconto.
Occorre riconoscere che, dallo spettacolo, traspira e si diffonde un’atmosfera così peculiarmente russa – cruda, triste e sottilmente malinconica, che caratterizzava anche Čechov. Peccato che lo spettacolo si sia concluso in fretta, quasi di corsa, come se l’interprete avesse rinunciato alla replica e non vedesse l’ora di chiudere il sipario, buttando via tutto il finale, ovvero la lettura delle ultime frasi della novella. Veramente un peccato.

Gli spettacoli sono andati in scena nell’ambito di Collinarea Festival 2017:
Lari, varie location

mercoledì 12 luglio, ore 20.00
Castello
Teatro C’Art presenta:
Cabra
con Marina Adib

ore 21.00
Castello
Cantieri Teatrali Koreja presentano:
Gul, uno sparo nel buio
da un’idea di Gemma Carbone
con Gemma Carbone
scritto da Giancarlo De Cataldo assistenti alla regia Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa
musiche Harriett Ohlsson
costumi Marika Hansson
con la consulenza artistica di Salvatore Tramacere
ricerca attoriale in collaborazione con Marco Sgrosso
con il supporto di Konstnärsnämnden, ABF, Teatro Dimora Arboreto, Armunia – Centro di residenza artistica Castiglioncello – Festival Inequilibrio e Residenza IDRA
coproduzione NAPRAWSKI (SVE)

ore 22.00
Tendone, piazza Santini
Collinarea Festival / Scenica Frammenti / Todomodo Srl / Achab Teatro presentano:
Chanson (Indi)Geste
drammaturgia Gabriele Benucci
con Carolina Cavallo (Angelica), Eros Carpita (Ferraù), Daniele Milano (Rinaldo), Carlo De Toni (chitarra e cajon), Alessandro Buonamini (contrabbasso)
regia Loris Seghizzi
proiezioni video Michele Fiaschi
costumi Todomodo Srl / Si ringrazia Blender per la collaborazione

ore 23.00
piazza Vittorio Emanuele
Guascone Teatro presenta:
Balla!
con Andrea Kaemmerle
Roberto Cecchetti (violino)