Al Teatro Libero, una serrata riflessione sulla violenza negli stadi.


All’ingresso del teatro si nota il cartello che pubblicizza lo spettacolo e che recita: «Durata: 90 minuti (più recupero)». Giusto il tempo di una partita di calcio. Sì, perché proprio sullo sport più diffuso in Italia si incentra Calcio finché muoio, spettacolo che attraverso le vicende degli ultras esplora l’incredibile aumento di aggressività e violenza della società di oggi.
Quando si abbassano le luci vengono proiettati sulla scena due rettangoli bianchi, ovviamente un’allusione alle due porte calcistiche. Al loro interno alcune parole che inquadrano la vicenda in una normale domenica di campionato. Il tempo è scandito da un orologio digitale che, a partire dalle 13.00, segue le vicende dei sei personaggi – tutti interpretati in maniera ottima dall’attore e regista Alessandro Castellucci – passando dall’attesa per la partita all’avvicinamento allo stadio, dalla frenesia del primo tempo alle fatidiche 16.22, orario in cui esplodono gli scontri tra tifosi.
Le vicende dei sei personaggi procedono in parallelo, con numerosi cambi d’abito – a vista, peraltro – dell’attore, capace di mantenere un ritmo serrato e mai monotono. Nelle parole dei protagonisti emergono quelle che sono le loro vite, imprigionate in errori adolescenziali, segnate da delusioni e morti o intaccate da una posizione lavorativa precaria: così ci troviamo di fronte a una ragazza incinta lasciata dal ragazzo tifoso, a un agente immobiliare che perde il lavoro, a un gelataio scosso dalla morte del fratello in un incidente in moto, un ragazzotto travolto dalla banalità di una vita senza ideali. Tutto ciò per dimostrare, senza mai, comunque, offrirne delle scuse e/o giustificazioni, come dietro la violenza degli ultras si nascondano vite di
sagiate, persone disadattate, disordini sociali e familiari. Tutto ciò esplode la domenica, e la partita di calcio è solo un pretesto per liberarsi di queste pulsioni mantenute nascoste nella vita di tutti i giorni. Tanto è vero che un personaggio rivela: «Sono schiavo tutti i giorni. La domenica posso liberarmi». Gli scontri si rivelano nella loro ferocia, con luci rosse a simboleggiare le fiamme, luci intermittenti ‘da discoteca’, catene, passamontagna e musica ad alto volume. Dopo le risate dei primi racconti dei personaggi, si passa alla completa drammaticità della violenza negli stadi.
Lo spettacolo si chiude con l’attore che interpreta un bambino che, tra i vestiti degli altri personaggi sparsi a terra quasi fosse un campo di battaglia, esclama sconsolato e disilluso: «Goal!». Poi sulla scena si legge: «Si nasce soli. Si muore soli. In mezzo c’è una curva». È proprio così: quella che dovrebbe essere una ‘retta via’, diventa un’iperbole negativa. Un’iperbole di violenza.

Lo spettacolo continua:
fino a giovedì 10 giugno
Teatro Libero
Via Savona 10 – Milano
Orario degli spettacoli: ore 21.00

Calcio finché muoio
Stadi di violenza ultras
di Patricia Conti
liberamente ispirato a L’undicesimo dito di Maurizio Zottarelli
diretto e interpretato da Alessandro Castellucci
suoni e fonica Massimo Farinella
disegno luci Alessandro Tinelli