Al Teatro Verga va in scena il buffonesco fallimento del crimine: l’esperienza di Carlotta Iossetti, Andrea Beltramo e Stefano Brusa al servizio del pubblico, per risate leggere, originali, riposanti e – perché no? – con un pizzico di autoironia.

«Siamo troppo piccolo-borghesi per uccidere».

Sul palco ancora si sta srotolando la primissima parte della commedia quando Paul, in abito grigio e giarretiere, fredda il pubblico con uno dei due principi su cui si basa la trama dello spettacolo, e la sua ottima riuscita: i piccolo-borghesi non sanno commettere omicidi.

Sì, perchè ammazzare non è così semplice, e la volubilità – questo il secondo principio – dell’uomo è infinita.
Il testo è brillante, e la traduzione, una volta tanto, non tradisce. Lo schema è semplice, è il solito: lui, lei, l’altro. Tra di loro, l’amore, la vendetta, l’orgoglio, il fallimento e una camera d’albergo, tutto nel tempo che scorre, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese: un anno. Il motore è sempre lo stesso: il bisogno di uccidere, che più volte ritorna, come in un girotondo o in una giostra impazzita, in un personaggio, nell’altro, nel suo complice, nel suo nemico, esplorando tutte le possibili combinazioni in un crescendo di comicità che sfiora l’assurdo.

Questa la trama, che già da sola funziona alla perfezione.

Se poi a darle vita sono tre attori esperti, capaci di una recitazione leggera e disinvolta (ma curatissima e precisa, pulita, vivida) ottima per questo testo, la risata è assicurata. I tre interpreti, così diversi tra loro per fisicità e voce ma allo stesso tempo incredibilmente in armonia l’uno con l’altro, tengono perfettamente la parte, senza intoppi, senza cali, senza annoiare, dando ai loro personaggi una credibilità altrimenti impensabile in questo inverosimile perchè esagerato contesto.

La sapiente regia garantisce un bel ritmo allo spettacolo, che scena dopo scena, tentato omicidio dopo tentato omicidio, riesce a tenere alta l’aspettativa e la curiosità, fino alla fine, con il valido aiuto di costumi e scenografia. I personaggi, infatti, si muovono e agiscono sempre nello stesso luogo, ma i loro abiti cambiano di continuo, a seconda della stagione, dell’umore, dello stato d’animo e del bersaglio a cui il loro amore e il loro odio sono indirizzati. Simpatiche le tinte pastello di Mitchell, ricercati gli abiti da sera, interessante soprattutto l’evoluzione dell’abbigliamento di Arlene, che partendo dai banali accessori di seduzione iniziali (scarpe rosse e scollatura eccessiva), riesce poi ad ottenere una più completa consapevolezza del proprio fascino, per arrivare nel finale ad un decisamente originale vestito new age.

A fare da sfondo, la camera dell’hotel Bermude secondo lo scenografo Lucio Surati, una variopinta scena in legno che ricorda l’estetica della versione cinematografica di Dick Tracy; tutto l’essenziale in un’inclinata e falsatissima prospettiva, il cui comico effetto si somma all’esilarante cura dei dettagli, e alle luci, semplici e perfette, completamente a tema con lo spirito generale.

Ultima chicca, la musica originale di Enrico Messina, alla quale, nei lunghi momenti di buio che precedono ogni frammento, è affidato il compito di trasportare il pubblico all’interno della situazione, di fare da sigla per ogni puntata di questa particolare sit-com teatrale.

Gradevolissimo, ben costruito, preciso, Camere con Crimini arriva agli applausi con un unico neo: la quantità del pubblico, che purtroppo come sempre nei teatri meno famosi, scarseggia.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Verga
via verga, 5 – Milano

Camere con crimini
di Sam Bobrick e Ron Clark
regia di Roberto Piana
con Carlotta Iossetti, Andrea Beltramo e Stefano Brusa
scene di Lucio Surati
costumi di Agostino Porchetto
musiche originali di Enrico Messina
produzione E20inscena